Se la primavera è finalmente arrivata, possiamo ormai dire che l’estate è alle porte. E a ricordarcelo ci sono i ragazzi del Mish Mash Festival che, per questa terza edizione, hanno scelto il palco del Centro Sociale TPO di Bologna per farci solo assaporare il mood che ci accompagnerà nei tre giorni del festival, il 2-3-4 agosto, che si terrà nella suggestiva location del Castello di Milazzo di Messina.
Lo stesso Mish Mash di cui avevamo parlato esattamente un anno fa, che soltanto l’ultima edizione ha contato più di 2000 partecipanti e che ha fatto esibire all’interno del meraviglioso castello di Milazzo: Giorgio Poi, Clap! Clap, Calcutta, Carl Brave X e Franco 126, Canova, Gazzelle, Camillas, Colombre, Jolly Mare e Veivecura; tutti nomi che, lo scorso anno, hanno girato l’Italia facendo cantare e ballare orde di giovani.
E anche per quest’anno la formula sembra essere la stessa: puntare su nuove facce o facce già viste che hanno qualcosa di nuovo da raccontare. Una generazione in preda al risentimento e al costante senso di insoddisfazione che si disarticola in un linguaggio volutamente colloquiale, piegato da un ritmo musicale orecchiabile e divertente, ma che al di là di questo diffuso senso di rilassatezza, addobbata da aperitivi e dj set, si riversa in una tensione riflessiva che spinge a non modificare il linguaggio autentico delle varie città italiane. Musica, Arte, Design e Installazioni s’incontrano nella programmazione del Mish Mash e diventano il motore dell’intero Festival. Saliranno sul palco del TPO: Dargen D’amico, accompagnato dalla pianista Isabella Turso, Belize, Bruno Belissimo, MÈSA, Be a Bear, Gastone e Viito. In occasione della terza edizione abbiamo fatto qualche domanda a Dario Fugazzotto, uno dei membri dell’Associazione Mosaico, che è parte attiva nella realizzazione del Festival.
C’è un motivo per cui avete deciso di presentare il festival a Bologna? È casuale la scelta del TPO?
Il Mish Mash festival ha la sua casa a Milazzo, ma le nostre intenzioni e speranze sono che, almeno d’estate, la Sicilia torni ad essere importante. Già nelle due scorse edizioni abbiamo avuto una partecipazione altissima di non siciliani (quasi la metà dei paganti). Vogliamo stare dentro il circuito italiano, non rimanere isolati, convincere le persone a venire in Sicilia, e perchè no, al Mish Mash festival. Per quello che facciamo, sicuramente Bologna è una delle città più importanti, per la produzione musicale, per il pubblico, per quello che è successo in questa città negli ultimi sessant’anni almeno. Presentare un festival a Bologna è un po’ come presentare un film a Cannes, in questo senso.
Lo scorso anno il festival ha riscosso molto successo, sembra che la collaborazione tra le varie associazione stia andando alla grande. È stato difficile per voi trovare una linea comune per il Festival o siete tutti sulla stessa lunghezza d’onda?
Al nostro interno ci sono anime molto diverse fra di loro, spesso non è facile coniugare sensibilità ed intenzioni diverse, ma cerchiamo di farne ovviamente un punto di forza, nel senso che il concetto del Mish Mash è proprio quello di mescolanza culturale, il Castello che ci ospita è esattamente frutto di questa mescolanza, sviluppatosi e cresciuto con i greci, i romani, gli arabi, i normanni, gli angioini, gli aragonesi. Tutta la Sicilia, fondamentalmente, è meticcia. Ed è così che adesso noi cerchiamo di proseguire questa tradizione, che poi nel festival si esprime attraverso la coesistenza di diversissimi generi, stili e tendenze musicali, ad esempio.
Il Mish Mash (contaminazione, miscuglio) concentra la propria attenzione non soltanto sulla musica, che comunque resta l’elemento principale, ma anche sulla cura e la bellezza dei luoghi. Quanto è importante la condivisione per far sì che una realtà del genere riesca a realizzarsi e ad affermarsi sul territorio, soprattutto al Sud?
È consustanziale a che il festival possa esistere. Senza l’aiuto delle attività locali, delle associazioni, degli studenti, delle amministrazioni, degli amici, di tutti, non faremmo niente. Non avremmo né i fondi né gli strumenti necessari per fare una cosa del genere, di queste dimensioni, in un castello.
Cosa accomuna gli ospiti della prossima edizione del Mish Mash. Dobbiamo aspettarci sorprese particolari?
Tendenzialmente siamo rimasti nelle nostre intenzioni, che sono quelle di incrociare stili e tendenze differenti, proponendo le cose più nuove della scena. Bèlize, Bruno Belissimo, Mèsa, Gastone, sono tutti artisti che hanno degli album freschissimi, alcuni devono ancora uscire. Solo Dargen ha un album più vecchio -relativamente, visto che è dell’anno scorso-, ma è un album veramente particolare, e l’ha portato pochissimo in tour. Ad ogni modo, per quanto riguarda il Festival a Milazzo, sì di novità ce ne saranno molte ma ancora non possiamo dir nulla.
Il festival è una formula che mantiene la sua autenticità se si affida a determinati criteri, tra i quali il più importante è sicuramente quello che comporta la condivisione di luoghi naturali e di spazi urbani che diventano un tutt’uno con l’esperienza sensoriale di chi frequenta i Festival. Ci sono Festival da cui traete spunto?
In generale ovviamente guardiamo, e ci parliamo e ascoltiamo, con l’Ypsigrock, e non potrebbe essere altrimenti, visto che è un po’ il nonno o il padre o non saprei come dire, dei festival in Sicilia. Per il resto ci confrontiamo con tutti, cerchiamo di mantenere la nostra cifra stilistica, che è originale in quanto vera e sentita.
Quindi come l’etimologia stessa della parola Mish Mash rimanda ad una mescolanza, a un miscuglio, così il festival si propone di abbattere i confini tra le arti e quelli che separano le città italiane realizzando un evento collettivo e pienamente aderente al territorio e alla storia che lo caratterizza.
Perciò il consiglio che ci sentiamo di dare è di partecipare, insieme alla vostra ciurma di amici, e di lasciarci andare sotto le note di Bruno Belissimo e darci appuntamento a Milazzo il 2-3-4 agosto con tanti nuovi nomi della scenda indie italiana.
a cura di Rossella Giordano