“Baciami,
Mordimi,
Incendiami.”
da “Canzone del maschio e della femmina” di Pablo Neruda
Le ultime parole del cortometraggio, pronunciate con leggerezza dalla protagonista, scandiscono una riflessione sull’amore che è uno dei fili che lega la narrazione di “P. Neruda”. Una citazione che offre la principale chiave di lettura agli otto minuti di cortometraggio. Un esordio convincente, travolgente, quello del giovane regista Giuseppe Burrafato. Siciliano, classe 2000, Burrafato studia lettere moderne all’università Sapienza di Roma. “P. Neruda” è il suo primo cortometraggio, di cui ha curato regia e sceneggiatura, seguito recentemente da un altro lavoro, “Un videometraggio fuorviante”. Dietro la mano dell’esordiente, si celano progetti e soluzioni da regista con una precisa idea di cinema e tanti modelli di riferimento. Prodotto da Knight Production, con la brillante interpretazione dei giovani Francesco Zaccone e Veronica Varani, “P. Neruda” è già stato selezionato ai “Best Global Shorts” e “First-time filmmaker sessions” del 2020, riconoscimenti a livello internazionale che premiano il carattere audace e dissacrante della creazione di Burrafato.
Un ragazzo e una casa, tutto nasce all’insegna dell’unità. Un microcosmo che il protagonista, studente universitario, interpretato da Francesco Zaccone, conosce e tutela. Una situazione di intimità e solitudine, in cui il ragazzo si ritaglia il tempo necessario da dedicare alla visione di un video porno. La musica scandisce i movimenti frenetici del protagonista dettati dal piacere e dall’euforia. Al momento dell’eiaculazione, il campanello suona improvvisamente, spezzando il carattere sacro del gesto. Un’interruzione che suona come una nota stonata nell’esibizione da solista. Una sua collega è venuta a portargli degli appunti dell’università, senza avvisarlo. Da questa situazione casuale e imbarazzante, i due protagonisti sapranno ricavare il meglio.
La fatalità delle circostanze e lo schematismo dei gesti rientra nella precisa volontà di generare realismo fino all’eccesso, dove subentra un tono più leggero e ironico. Emerge anche la volontà di un confronto e poi di un superamento delle dinamiche stereotipate del genere porno, recuperato e infine schernito. È un cortometraggio che sfugge alle catalogazioni, perennemente sospeso tra drammatico e comico, tra visioni contrastanti che infine trovano un punto di contatto nel tema del corpo. È il corpo, con la sua potenza ancestrale, a scandire il rapporto tra i due ragazzi e poi, passando dal particolare all’universale, a decifrare ulteriori rapporti sociali. Il cortometraggio nasce in un anno in cui siamo stati costretti a rivedere il rapporto con il proprio corpo e con quello degli altri.
Il gioco di luci e ombre è un elemento dominante nel mutismo imbarazzante e compiaciuto dei due ragazzi, poiché definisce la divisione tra gli universi di genere dei due amanti, i cui volti si trovano rischiarati rispettivamente dal blu e dal rosso, colori che inondano di luce le pareti bianche della stanza dove si consuma l’amplesso. Altri parallelismi e simmetrie sono suggeriti dagli oggetti. Il preservativo e il pacco di sigarette rimandano al campo semantico del sesso, la borraccia e il libro definiscono lo status di studenti universitari.
È possibile leggere questo cortometraggio alla luce delle nuove coordinate dettate dal cinema d’autore italiano, che ha visto, in quest’anno così tormentato per la chiusura delle sale dei cinema, la proposta di voci emergenti, che stanno portando una corrente d’aria fresca in un panorama ingiallito. Amore, sesso, corpo sono tutte tematiche affrontate in “P. Neruda” in modo originale e sorprendente, modellate dalla mano sapiente di un giovane regista che ha davanti a sé grandi prospettive per il futuro.