Sette ragazze imperdonabili | Intervista a Maria Antonietta

Lo scorso 18 marzo è uscito per Rizzoli Sette ragazze imperdonabili, libro d’esordio di Maria Antonietta, all’anagrafe Letizia Cesarini, che conosciamo dal 2012 in veste di cantautrice. Il libro nasce come un omaggio alle sue sorelle maggiori (Emily Dickinson, Giovanna D’Arco, Antonia Pozzi, Cristina Campo, Etty Hillesum, Sylvia Plath e Marina Cvetaeva) che le hanno insegnato ad accettare i suoi spigoli, le sue complessità ma anche i suoi desideri, per quanto assurdi le potessero sembrare. Da sempre affezionata a un ideale bucolico-medievale che riesce a trovare il giusto equilibro tra sacro e profano, Maria Antonietta sceglie una struttura che ricalca lo schema del libro d’ore, all’interno del quale trovano ampio spazio la simbologia e la sua voce, filtrata attraverso quella delle sue sorelle che alla fine saranno un po’ anche le nostre.

Nonostante il cambio di medium, chi segue Letizia da più tempo troverà in questo nuovo lavoro tutti gli elementi che da sempre caratterizzano la sua produzione, dai riferimenti all’arte e alla letteratura a quell’attitudine punk che l’ha sempre tenuta lontana dalle omologazioni. Sette ragazze imperdonabili è un libro agile, che non si dilunga quando non è necessario e può essere letto tutto d’un fiato o a piccole dosi. È un’opera che sottolinea l’importanza di avere fiducia in sé stessi, nelle proprie azioni e convinzioni, e che lo fa senza intenti moraleggianti ma, per rimanere in ambito medievale, attraverso degli autorevolissimi exempla.

In occasione di Cantautori su Marte, incontri sulla canzone d’autore che si svolgono da qualche anno a Modena, abbiamo incontrato Maria Antonietta e le abbiamo fatto qualche domanda (sette!) sulla genesi del libro e su che cosa significhi portare avanti una ricerca così personale nel mondo di oggi.

 

 

Maria Antonietta, Hiroshima Mon Amour – Foto di Alessia Naccarato

Sette ragazze imperdonabili è un libro che ruota intorno a tematiche importanti: quella della ribellione, del seguire i propri ideali, dell’accettarsi. Tematiche che erano già presenti anche nei tuoi dischi, in modo particolare nell’ultimo, Deluderti, uscito l’anno scorso. Proprio questo ultimo disco sembra staccarsi molto dai precedenti, soprattutto per quanto riguarda i testi: ancora prima dell’uscita del libro, ascoltandolo, ho avuto l’impressione che fosse più sfrontato, più imperdonabile. Vuoi spiegarci come libro e disco sono connessi?

Sì, il disco e il libro ruotano entrambi intorno a questo macrotema della delusione e del suo contraltare che è l’aspettativa, e anche a quello del render giustizia a sé stessi che è un po’ una conseguenza dell’essersi prima accettati. Li ho scritti nello stesso periodo quindi la scrittura dell’uno scorreva parallelamente a quella dell’altro e sono complementari sotto un certo punto di vista. Sicuramente la fonte d’ispirazione per entrambi è stata la lettura di quelle autrici che poi sono diventate le protagoniste del libro e di molta poesia che devo confessare mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, cosa che era da un po’ che non facevo; mi ero presa un momento per fare altro, e non era scontato che avrei ricominciato a farlo. La lettura di quelle cose così alte, così belle mi ha fatto tornare la voglia di partecipare a una dimensione di bellezza, di creazione. Ovviamente queste autrici mi hanno fatto riflettere su tutta una serie di tematiche tra le quali alla fine è emersa in modo molto prepotente quella che poi ho scelto di trattare, anche perché obiettivamente è una cosa che ho sempre avuto molto a cuore. Anche questa attività è nata molti anni fa forse come un modo per riuscire a rendere giustizia a me stessa, soprattutto perché sono una persona in realtà molto timida. È sempre stato molto difficile per me trovare un modo, dentro alla realtà, di esprimermi realmente, di non fare sconti diciamo, quindi effettivamente è stato un tema che mi ha sempre accompagnata nel tempo e avendo scritto questo disco e questo libro mi sembra di essere riuscita ad avvicinarmi un po’ di più alla soluzione di quel problema lì, cioè di essere sufficientemente libera dal carico di aspettative degli altri e abbastanza tranquilla nello stimarmi.

Qualche anno fa avevi reso omaggio ad alcune di queste sette ragazze (più Fernanda Romagnoli ndr) portandole in giro in occasione di una serie di reading in alcune librerie. Perché a un certo punto hai sentito il bisogno di scrivere un libro e perché scegliere di farlo proprio in questo modo, parlando con la loro voce?

Diciamo che sono autrici che mi accompagnano da molti anni quindi a un certo punto mi sembrava giusto rendergli omaggio perché tantissime volte avevo attinto a quello che avevano detto e scritto e in generale a quello che sono state. Anche l’esperienza del reading era nata su questo slancio poi mi sono accorta che effettivamente non tutte queste figure erano conosciute: alcune come Emily Dickinson e Sylvia Plath sono molto pop da un certo punto di vista, però mi sono resa conto che altre, come Cristina Campo, erano invece abbastanza sconosciute e questo mi dispiaceva moltissimo perché in realtà sono delle autrici incredibili che hanno raggiunto dei risultati e delle vette notevoli. Volevo trovare il modo di condividerlo con gli altri e ho deciso di scrivere il libro. Proprio perché nasceva come un atto di devozione mi sono riferita alla forma del libro d’ore, che è un po’ lo schema che ho seguito nella sua redazione, e che alterna poesia, prosa e collage esattamente come nel libro d’ore c’erano i salmi, le letture e le miniature. Ovviamente è una versione laica e stramba però questo senso di libro di devozione mi ha ispirata nella costruzione del meccanismo narrativo. I racconti sono narrati in prima persona perché effettivamente mi sono resa conto che, essendo una frequentazione di molti anni, è stato come quando frequenti tantissimo una persona e alla fine arrivi ad assomigliargli un po’. Trovandomi a leggere dei diari mi sono imbattuta in situazioni, in pensieri, in fatti che poi sono finiti all’interno del libro; diciamo che nei racconti non c’è molta fiction perché tutto quello che accade è accaduto realmente, quindi mi sono detta che forse narrarli in prima persona fosse il modo più giusto perché alla fine quando anche io leggo le loro cose le leggo sempre attraverso i miei occhi e nel corso degli anni il confine è diventato sempre meno chiaro. A volte mi chiedo se certe cose che mi vengono in mente me le ricordo da un diario o se le ho pensate io. È stato un esperimento anche psicologico di calarmi all’interno di quell’entità ed è stato molto divertente.

Nel libro come anche nei tuoi testi ci sono sempre molti riferimenti alla religione e alla natura, due presenze molto importanti che sono un po’ il trait d’union tra te e le protagoniste del libro. Sono temi che sembrano essere in controtendenza rispetto al momento storico in cui viviamo. Che cosa ti affascina di questi due mondi e cosa possono insegnarci ancora oggi?

Sicuramente Dio e la natura, come due poli e due direttrici di ricerca, sono sempre stati molto presenti sia nei dischi che in questo libro perché sono effettivamente due riferimenti fondamentali per la mia vita. Da credente ovviamente Dio è molto presente in quello che faccio e nella mia vita in generale, quindi diciamo che non può non finire anche dentro alle canzoni; la natura allo stesso modo. Ho fatto una scelta di vita abbastanza radicale perché sono rimasta a vivere in campagna, dentro un bosco e sia il disco che il libro sono nati lì, per questo ne risentono così tanto. Quando mi svegliavo alla mattina ero a tutti gli effetti dentro a un bosco e quindi non vedevo nient’altro che le piante. Fisicamente entrambi erano e sono dentro alla mia vita. Dio soprattutto nel libro è ben presente, ad esempio l’ho voluto inserire anche attraverso la simbologia del numero sette: sono sette le ragazze, sette le poesie. Torna sempre questo numero che è il numero della compiutezza che sta appunto per Dio. Diciamo che, come per le ragazze, per me Dio è sempre stato ed è un interlocutore molto presente perché è il modello della libertà e ovviamente confrontarti con uno veramente libero, molto più libero di quanto tu potrai mai essere nella tua vita è molto interessante; anche per questo è molto presente. Per la natura invece ho un amore smisurato da sempre ed è effettivamente anche l’unica realtà che riesce ogni volta a ridimensionarmi e a farmi stare meglio con me stessa. Credo sia una questione di eternità ecco; alla fine la natura parla di eternità, per lei il tempo non esiste e infatti a me piace molto stare fuori dal tempo, sarebbe quello il mio sogno, però in questa vita purtroppo non mi è dato.

 

Maria Antonietta, TOdays Festival – Foto di Alise Blandini

Leggendo, ho trovato che molti degli insegnamenti contenuti nel libro fossero universali e penso che nonostante provengano da sette ragazze (in realtà otto, come si scoprirà) sia riduttivo parlarne solo in relazione a un approccio femminista. Non perché non sia importante ribadire anche questo aspetto oggi più che mai, ma perché molto spesso questi personaggi parlano a una parte di noi che non ha genere o nazionalità e ci sentiamo connessi su un piano più spirituale. Perché hai sentito questa connessione proprio con loro? E per caso Maria Antonietta ha anche qualche fratello?

Credo che tu abbia centrato un punto molto importante e che a me sta molto a cuore perché effettivamente le protagoniste del libro sono tutte ragazze; diciamo che è stato naturale che la scelta ricadesse su di loro perché io mi sono sempre fatta molte domande su cosa significasse essere una donna, su cosa vedesse una donna che magari non vedesse un uomo e viceversa, cioè capire se c’era una peculiarità, una differenza e se effettivamente una tradizione millenaria avesse lasciato qualcosa che resta. Diciamo che la mia è sempre stata una ricerca di curiosità proprio per questa esigenza di comprendermi, quindi, per fare questo, mi sono ovviamente rivolta agli appartenenti al mio genere. Però sia il libro che in generale quello che faccio non vogliono innanzitutto essere giudicati come il lavoro di una donna ma come un lavoro, come una ricerca e soprattutto lungi da me escludere gli uomini dalla verità. Secondo me questo è un gravissimo rischio che si sta correndo, perchè credo che il femminismo sia è uno slancio per la comprensione, non una battaglia di giudizi e di denunce vicendevoli rispetto a manchevolezze o a sindromi di superiorità o inferiorità; se oggi il femminismo è quello onestamente è basso e non mi interessa. Sicuramente ho anche tantissimi eroi uomini: sono entrata nel mondo dei libri e della letteratura, e di conseguenza anche della musica, grazie a Rimbaud, quindi è stato un maschio il primo. Sicuramente amo tantissimo anche Rilke, Pasternak e tanti altri; sono veramente infiniti. Quindi direi estrema par condicio da questo punto di vista e anzi ci tengo proprio a dire che alla fine il genere diventa interessante solo quando viene esplorato come un punto di vista non come un recinto dento il quale io sto e tu non stai. Questo è importantissimo e molto spesso quando fai una ricerca di genere vieni fraintesa proprio perché purtroppo, a volte, il femminismo cade in questa trappola; anche molte donne ci cadono e trovo che sia un po’ limitante alla fine.

In alcuni casi il tempo ha scagionato questi personaggi e ha dimostrato che alla fine la società perdona o almeno prova a comprendere chi ha avuto il coraggio di battersi per i propri ideali. Verrebbe da pensare che a volte i primi a non essersi perdonati siano stati proprio loro stessi. Penso ad alcune delle tue ragazze come Sylvia Plath, Marina Cvetaeva, Antonia Pozzi, ma anche ad altri come Ian Curtis, Elliott Smith, David Foster Wallace, Francesca Woodman solo per citarne alcuni. È una domanda a cui credo sia molto difficile rispondere ma cosa pensi resti delle loro lotte? Di che cosa vale davvero la pena?

Sicuramente quello che dici è verissimo, nel senso che molti di questi non si sono perdonati. Come dice Sylvia Plath in uno dei miei racconti “è un bel guaio avere troppe risorse interiori”; effettivamente quando cominci a capire che la tua missione è una e comprendi per cosa la tua fedeltà debba essere votata, quello ovviamente non significa che da quel momento è tutto risolto, anzi, lì comincia la fatica del portare il peso della fedeltà, perché la fedeltà è faticosa. Però secondo me alla fine quello che non passa è appunto quella ricerca di fedeltà, quel cercare di essere fedeli che alla fine per un essere umano è sempre una tensione, non può essere mai risolta completamente. Anche nelle vite dei santi quel tipo di fedeltà non viene mai risolta se non con la morte, però alla fine è proprio quello che resta ed è anche il motivo per cui tu dopo secoli ti ricordi di alcune vite, di alcune ricerche e di alcuni esempi perché rimani colpito dal prezzo che sono stati disposti a pagare per restare fedeli a un punto. Quindi forse bisognerebbe in generale essere meno egoisti e ragionare più in un’ottica di futuro, in fondo per che cosa vale la pena fare quello che faccio? Magari per qualcun altro, non necessariamente per me. Però ovviamente questo spostamento di ottica è uno spostamento per niente umano e molto divino, quindi per tornare al discorso di prima per quanto tu voglia assomigliare a Dio, in questa vita non ci riuscirai mai completamente; ci puoi parlare al massimo, ma non puoi scambiarti di ruolo.

Tornando a te, ti è piaciuta questa esperienza con il libro? Come hai in programma di continuare questa ricerca in futuro?

Devo dire che questa esperienza mi è piaciuta moltissimo, anche perché ti permette di partecipare a degli spazi di discussione che non sono prettamente musicali e per una persona curiosa sono sempre divertenti questi cambi di scenario. Per il futuro mi piacerebbe scrivere qualcos’altro; ovviamente dopo un anno di disco e libro mi sento un po’ svuotata al momento ma diciamo che mi sento molto propositiva e di non avere troppi dubbi questa volta se smettere o continuare. Mi piacerebbe continuare, in che modo o in che forma non saprei al momento però sì, mi piacerebbe scrivere qualcos’altro.

Ultima domanda che non possiamo non farti: che cosa sta ascoltando Maria Antonietta in questi giorni?

Questa settimana ho ascoltato tantissimo il disco di Billie Eilish che mi sta piacendo veramente tanto. Anche i testi trovo che siano veramente belli. Ovviamente la produzione è super contemporanea, magari lontana da altre cose che ascolto, però mi è piaciuto molto.

Tra le lenzuola
del corredo
sto sdraiata
come una sposa.

In questa casa crema
non mangio –
come le divinità,
ma nella pineta
sono sangue per gli insetti
e pasto per te.

Exit mobile version