Mentre mi accingo a scrivere queste parole, Torino ha da poco dato l’ultimo saluto a Sergio in una giornata cupa e grigia, sotto una pioggia di quelle tipicamente torinesi, fitta e pungente, che ti entra nelle ossa.
La notizia gira sulla bocca di tutti ormai da giorni: Sergio Ricciardone, direttore creativo di C2C, ci ha lasciati improvvisamente. Quando penso alla morte e all’espressione “ci ha lasciati”, quella che tra tutte preferisco usare, penso ad una persona che a un certo punto decide, nel bel mezzo di una festa, che è stanca, che vuole tornare a casa e lasciarci lì a continuare ballare da soli. E questa volta questa immagine è calzante quanto mai prima.
Il C2C, quel festival che è nato Club To Club, era itinerante, si poteva ballare nei club della città, uniti per un weekend sotto la stessa sigla. Anche i torinesi di nuova generazione, persino i torinesi acquisti come la sottoscritta, hanno sempre sentito che quell’evento rappresentava l’anima della città, che da sempre si sente più vicina a Berlino che alle città del sud dell’Europa.
E l’anima di quell’anima era appunto, Sergio. Ora, immaginiamo di fare un salto indietro di 25 anni. Nei primi anni 2000, quando il festival è nato, credere che una sottocultura relegata al mondo della notte – quello fumoso e sporco, quello che gli adulti per bene guardavano di traverso – potesse negli anni diventare quello che conosciamo oggi, era una scommessa da giocatori d’azzardo piuttosto incalliti. Negli anni a Torino abbiamo visto crescere questa creatura, una piccola lucertola che nel giro di vent’anni è diventata un t-rex, che ha ormai valicato anche i confini europei per arrivare fino a New York, con la prima edizione che si è tenuta nel 2024.

Ogni articolo che avete letto in questi giorni racconta l’emozione e l’adrenalina di quando si varcano le vetrate del Lingotto, emozione e adrenalina che ogni anno provo anche io. L’edizione che ricordo come il punto di svolta è quella del 2015. In lineup ci sono Four Tet, Jamie XX, Oneohtrix Point Never, Nicolas Jaar,… Sono 10 anni fa, ma i nomi potrebbero essere quelli di un qualsiasi festival di quest’anno. Su tutti però campeggia Thom Yorke che presenta il disco solista Tomorrow’s Modern Boxes, e – nonostante il live (in tutta sincerità) non fosse stato esaltante – ricordo vividamente di aver pensato quanto fosse incredibile che quella cosa stesse succedendo proprio nella mia città. Col passare delle edizioni gli annunci delle lineup continuano a sorprendere (nel 2018 è arrivato Aphex Twin), mentre il festival si arricchisce di sfumature, si fa spazio l’indie, il pop, il jazz, il post punk. Prende un respiro sempre più ampio e arriva la definizione che da qualche anno a questa parte lo caratterizza: avant-pop.
Ripercorro con la mente questi ultimi incredibili anni, i ricordi dei live a cui ho assistito e delle band che ho scoperto (sarò sempre grata di aver visto i The Comet is Coming). I ricordi degli amici che ho incontrato, ma soprattutto, di come la città in quel weekend si trasformi in un “place to be”, con persone che arrivano da tutta Europa per prendere parte a quello che, ormai lo sappiamo e – lo dico con una punta di dispiacere – non ci stupiamo nemmeno più, è diventato un evento di punta e di riferimento.
Ecco, quello di cui sarò sempre intimamente grata a Sergio Ricciardone è di aver fatto diventare la grigia, buia e chiusa Torino una città dove ogni anno le persone vogliono tornare. Un avamposto per un genere che da nicchia è diventato cultura, sicuramente anche grazie a questa ormai enorme realtà. Un’amica qualche giorno fa nel ricordare Sergio ha scritto che Torino è la città in cui lei ha scelto di vivere perché è a Torino che esiste C2C.
Quindi grazie ancora Sergio, per aver portato Torino in Europa e il mondo a Torino. Grazie per aver acceso i riflettori su una città che cerca sempre, stupidamente, di nascondersi. Ora che hai lasciato la festa noi continueremo a ballare da soli, sperando di non sbagliare troppi passi di danza.