Se l’ha fatto J-Ax

C’è chi è stato ammaestrato e subisce col capo chinato, che poi lo alza e finisce in tv, perchè poi nel piccolo schermo ci finiscono tutti quando sono arrivati alla canna del gas. Dal ghetto milanese agli studi di un talent, non è vero che ci passa poco, ma è un trasformismo che conosciamo bene e che ci perseguita costantemente. La verità è che forse ci si scandalizza più per una discesa in un salotto televisivo di un rapper come J-Ax che, per dire, dell’addio di un Rutelli versione flower power radicale per una versione paterna della Margherita, o di un Capezzone qualunque che finisce a lustrare le scarpe a Berlusconi. Certo è che se ritrovi dentro un talent quello che ti diceva che essere sfigati alle scuole medie non era così male e che fare i reietti era una questione di stile, un po’ ci rimani male. In un certo modo è come se avessero strappato un braccio al piccolo orsetto di quando eri bambino o, peggio, vedere Sterzo dei Biker Mice tronista da Uomini e Donne circondato da topine non di razza animale. Se ci finisce anche Piero Pelù, poi, è meno interessante degli Afterhours a Sanremo.

Alessandro Aleotti dalla Milano violenta agli studi di Mecenate, come attraversare le Forche Caudine di un successo in declino per ritrovarsi nuovi filosofi della cultura commerciale. Già dopo la prima puntata Wikiquote è piena di nuove frasi da tatuarsi su un braccio perchè: “Non basta avere il giubbotto di pelle, per essere rock devi avere i segni sulla tua di pelle”. Certo, per chi cantava La nuova stella del pop, solo dieci anni fa, è un bel passo indietro, non solo per l’artista ma, in un certo modo, per chi pensava che la tv, e i soldi, non potessero comprare tutto:

È vero, J-Ax non è Guccini e tantomeno De André. E se Mtv non facesse solo programmi sulle adolescenti incinte magari questo fenomeno si sarebbe ristretto. Ma la realtà è che più odi qualcosa, più ci finisci dentro. Un po’ come Renzi che a forza di dire di essere di centro sembra iniziare a fare cose di sinistra, e se odi la televisione e i suoi format alla fine finisci per essere anche tu un ingranaggio della macchina. Quella tesi artistica di sfondare il muro del silenzio, utilizzando un programma popolare, per inserirci contenuti di qualità ha sempre dimostrato la sua poca efficacia. “Siamo un gruppo che ha sempre cercato di non precludersi la possibilità di sperimentare nuovi approcci, assecondando la curiosità piuttosto che il calcolo” avevano detto i Marlene Kuntz nel 2013, spinti da un desiderio (?) di giustificare la scelta che pochi fan avevano compreso. Da una parte, però, c’è lo sperimentare, dall’altra il finirci per risorgere. E, per questo, la storia Marlene/Afterhours è ben diversa da quella di J-Ax e degli altri, molti altri, prima di lui.

I voltafaccia, e non quella pretesa di “seguire l’evoluzione artistica” piuttosto inesistente, ci sono sempre stati. Quello che ci ha scandalizzato, però, è chi faceva questo passo e non tanto la semplicità che ci metteva per compierlo, tale da poter diventare una normalità quasi necessaria. Così se J-Ax arriva a The Voice fa inorridire quelli de La riconquista del forum, ma solo perché è The Voice e non il salotto di Buona Domenica, mentre a spaventare dovrebbe essere il fatto che sempre di più gente di qualità, non tanto il rapper milanese, finisca in programmi pessimi per poter sopravvivere. Un po’ come quei parlamentari che cambiano casacca ogni mezza legislatura. Non è più il tempo degli artisti duri e puri, che se a Sid Vicious gli avessi chiesto di aprire Che Tempo Che Fa avrebbe vomitato addosso a Fazio solo per prendersi il cachet. Perché i tempi sono cambiati e la coerenza è sempre meno importante e, allora, è normale che un esordiente di qualunque tipo preferisca mostrarsi su YouTube che spaccandosi le ossa in giro per l’Italia in attesa di essere scoperto. Percorsi più facili ma quanto mai senza futuro, così rapidi da bruciarsi troppo in fretta e dover ricorrere ai talent show, dal successo assicurato ma che poi finiscono sempre nello stesso modo:

La vecchia stella quella dell’anno scorso, non mi ricordo chi è

Il discorso prende anche un’altra strada, che è quella della difficoltà di emergere con i canali quelli classici, la cui inesistenza in Italia porta tutti a credere che solo con la tv si possa uscire e a dirsi, senza vergogna, “Se l’ha fatto J-Ax, fare la fine delle Lollipop non è poi così male..”

 

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