È nelle librerie ormai da qualche giorno Scirocco, il nuovo fumetto di Giulio Macaione per Bao Publishing. Autore siciliano ormai a Bologna, di cui avevo già scritto su queste pagine grazie a uno dei precedenti lavori, Stella di mare.
Se guardiamo all’esperienza dell’autore all’interno della casa editrice milanese, vediamo – escludendo Alice di sogno in sogno con Giulia Adragna, nata per il pubblico statunitense – una costante: la presenza della Sicilia, che in qualche modo c’è sempre o ritorna.
Questo è il caso di Scirocco, la cui ambientazione principale e di partenza è Venezia – magnificamente rappresentata fin dalla copertina. È qui infatti che vive Mia, giovane adolescente con un’inesauribile passione per il balletto classico e un talento che la sua insegnante crede valga la pena di allenare e perseguire. Così tanto da suggerirle di provare le audizioni per le selezioni dell’Accademia del Teatro La Scala. Mia però è contenta quanto titubante: a Venezia vive con Gianni, il padre gay e single, che quindi resterebbe da solo, e la nonna Elsa, una scultrice uscita da un tumore le cui conseguenze le impediscono purtroppo di riprendere nel suo lavoro. Questa fase di transizione e scelte cruciali, come può essere già di per sé l’adolescenza, viene travolta da una tragica notizia che porterà tutta la famiglia “giù in Sicilia”, a San Mauro Castelverde, paesino delle Madonie dove Elsa è cresciuta.
In Scirocco, come già Basilicò e Stella di mare, Macaione gioca su più piani. Il primo è sicuramente quello temporale, tra passato e presente. Quest’ultimo che torna non tanto come flashback, ma come luogo del non-detto, del negato; in questo caso del ricordo e della nostalgia, non nella sua accezione negativa ma come possibilità del ritrovarsi. Elsa ritorna dopo tanti anni di assenza in Sicilia per dare forma concreta a un rapporto che restava legato a foto della sua infanzia e a delle lettere. Per Mia, che parte di fretta col padre, invece la Sicilia è proprio la radice recisa delle generazioni che l’hanno preceduta, da guardare con uno sguardo nuovo e vergine.
A questo si intreccia fisiologicamente il piano delle relazioni generazionali. Se è vero che all’interno del racconto si inseriscono altri personaggi – un amico di Mia, anche lui in quel periodo di transizione tra scuole superiori e futuro; Lorenzo, con cui Gianni inizia a uscire – il fulcro del racconto resta questo nucleo familiare verticale. Nonna-padre-figlia. Così tanto che è difficile individuare un’unica figura protagonista. Tutta la narrazione si gioca in uno scambio di voci tra Mia, Elsa e Gianni. Ancor di più tra la nipote e la nonna: entrambe hanno a loro modo una parabola e sono fondamentali l’una all’altra. Mia nutre un forte senso di responsabilità nei confronti della nonna, legato alle aspettative di realizzazione personale, ma soprattutto un forte spirito di cura rispetto a lei e alla sua malattia. La stessa cura che Elsa riserva alla passione di Mia, in cui rivede un po’ di sé nel trascorso da artista che la portò a trasferirsi. La sua non è una spinta cieca verso il successo della nipote, ma uno stimolo a essere fedeli a sé stessi, a ciò che in qualche strana forma ci rende vivi, restando attaccati a esso con le unghie e con i denti.
Questo scambio di voci è visibile anche graficamente. Macaione divide infatti Scirocco in tre momenti distinguibili da tonalità diverse, come il giallo acido della parentesi siciliana. Una scelta utile non soltanto a sottolineare dei momenti di svolta, ma anche, come ha affermato Macaione stesso, ha dare luce diversa alle diverse ambientazioni. Il tratto dell’autore risulta anche in questa opera inconfondibile, maturato, con delle influenze da manga e un’attenzione ai dettagli ammirevole sia nelle scene di danza che in quelle su sfondo cittadino. Come già era successo con Stella di mare, dove le spiagge della Cefalù disegnata erano praticamente sovrapponibili a quelle reali, allo stesso modo Scirocco regala degli splendidi scorci su Venezia e San Mauro. Quest’ultimo è anche il paese d’origine dei nonni di Macaione.
Scirocco è infatti un’opera fortemente e dichiaratamente autobiografica. L’autore ha rivelato di identificarsi in Mia e il fumetto è dedicato a una persona che per lui ha avuto la stessa influenza che Elsa ha nei confronti della nipote, nei termini di affetto e spinta verso le proprie passioni. Trasferire il proprio dolore, ma anche la propria gratitudine, in un lavoro di finzione può essere da una parte facile perché i sentimenti da maneggiare, nel bene e nel male, sono già noti; dall’altra insidioso perché quegli stessi sentimenti potrebbero strabordare, elidere troppo il confine tra finzione e realtà. Ostacoli invece perfettamente aggirati da Macaione che realizza qui un’opera densa, dolorosa, inevitabilmente commovente, ma anche rinfrancante senza mai risultare stucchevole o poco autentica.
Riflettere sulle “cose della vita” può inoltre voler dire ripetere sentieri già tracciati. L’adolescenza e la malattia, la passione e i rischi da prendere per perseguirla possono essere temi già abusati, eppure Macaione dimostra di essere sempre bravo nel dare uno sguardo originale, che non stanca mai, e nel raccontare storie. Accompagnate anche qui dalla presenza di canzoni che si fanno vera e propria colonna sonora che accompagna i personaggi e la lettura.