A chi è giovane e non ha un minimo di conoscenza storica della musica alternativa di casa nostra, Umberto Palazzo sembrerà uno dei tanti tizi che si interessano di musica e che passa intere giornate su Facebook a straparlare delle nuove uscite internazionali e di quanto la musica indipendente italiana sia mediocre, poco innovativa e autoreferenziale. Solo chi ha in qualche modo vissuto i ruggenti anni 90 del rock italico, sarà in grado di identificare Umberto con la sua creatura musicale: il Santo Niente. Dopo aver arricchito il bacino del mai abbastanza lodato Consorzio Produttori Indipendenti e aver registrato alcuni degli album più interessanti del rock alternativo italiano (da La vita è facile a Il fiore dell’agave), la band si prende ben otto anni di pausa, esclusi progetti solisti e collaborazioni. E poi, come sempre più spesso ormai accade, per necessità o vizio, realizza il ritorno sulle scene.
Mare Tranquillitatis si compone di soli sei brani, per 40 minuti intensi di musica e ha l’intento di spiazzare completamente il fan tipo della band, che prima abituerà l’orecchio a due brani in pieno stile vecchia scuola Santo Niente, per poi trovarsi catapultato in quattro reading malati e carichi di ossessioni.
Non si grida certo al miracolo sui primi due pezzi: Cristo nel cemento è un blues roccioso e solenne, nel cui cantato (non me ne voglia Palazzo), si strizza un po’ troppo al vocione di Capovilla e probabilmente anche a causa di un testo non di grande effetto, non brilla certo di originalità. Stesso discorso vale per Le ragazze italiane, un garage facile facile di stampo Stooges, che sfoggia liriche insipide e banali, reso interessante solo dalla presenza del sassofono impazzito di Sergio Pomante, che da questo pezzo in poi, nutrirà copiosamente alcuni dei passaggi dei brani successivi. Dalla terza traccia in poi, per fortuna, il registro cambia e l’atmosfera si fa fumosa e riflessiva, il cantato viene abbandonato a favore di un reading, più freddo e distaccato. Storie di vita violenta e di gioventù malata prenderanno il sopravvento e con esse l’elettronica, il piglio rock’n’roll viene un po’ nascosto, ma forse proprio per questo gli arrangiamenti diventano più ricchi e interessanti.
Se Un certo tipo di problema apre il varco verso l’altro faccia del Santo Niente, rimandando un po’ ai Massimo Volume, Maria Callas regala un’emozione forte e intensa, raccontando la commovente storia di un travestito, tra chitarre acustiche, beat sintetici e lampi chitarristici: un film noir, oscuro e romantico. Ma è Primo Sangue la traccia che fa salire le quotazioni dell’album, undici minuti di musica ad alti livelli: un climax electro-acustico che si infrange in un’esplosione psichedelica che non ti aspetti, in cui le chitarre elettriche graffiano su beat house e tengono la tensione sempre costante, fino a lasciarsi alle spalle il testo, per poi riprenderlo sul finale.
La conclusione dell’album, affidata a Sabato Simon Rodia, è di nuovo cupa e teatrale e racconta la storia del creatore delle Watts Towers di Los Angeles su affondate di piano e ornamenti rumoristi.
Mare Tranquillitatis è un disco oggettivamente suonato in maniera ineccepibile, con una presa diretta che rende giustizia al suono e agli arrangiamenti, mai banali e ben concepiti. L’album ha il pregio, esclusa la declamazione monotona e asettica delle liriche, di non far mai capire all’ascoltatore che direzione prenderanno i brani, stupendolo così (dal punto di vista musicale) ad ogni passaggio. Peccato che lo stesso discorso non valga per i testi, poco poetici e con una prosa decisamente troppo asciutta.
Twelve Records, 2013
Tracklist:
- Cristo nel cemento
- Le ragazze italiane
- Un certo tipo di problema
- Maria Callas
- Primo Sangue
- Sabato Simon Rodia