a cura di Giuseppe Mancino
Se avete un impianto stereo con un bel subwoofer, un broswer aperto su rapgenius.com e tanta voglia di spaccare il mondo, allora ci siamo: questo è Run The Jewels 3, il terzo progetto dell’omonimo gruppo formato da El-P (anche produttore) e Killer Mike.
Atteso da molti, RTJ3 raccoglie la pesante eredità del pioneristico Run The Jewels 2, uscito nel 2014 e pluri-premiato dalla critica con numerosi premi di album dell’anno, ma nonostante ciò non delude: come il duo aveva anticipato, infatti, questa sarebbe stata l’opera della consacrazione di un progetto iniziato nel 2013 da un’intesa quasi naturale, e di certo non si può dargli torto.
Beat ritmati, rime d’impatto e un affiatamento da brividi sono i tre punti di forza da cui Run The Jewels 3 parte, non rivoluzionando quindi l’asset che ha reso il duo celebre nel panorama hip-hop. La scelta può essere condivisibile o meno, ma di sicuro il disco suona benissimo, forte della produzione energica di El-P e i flow assurdi di Killer Mike. Il gruppo non si spreca neanche dal punto di vista lirico, sviluppando storytelling interessanti o rime taglienti dal punto di vista politico, creando senza dubbio il risultato personale più riuscito nell’ambito dei testi.
La produzione non è nulla di rivoluzionario, ma si piazza di sicuro una spanna sopra rispetto allo scorso disco, riuscendo a presentarsi in maniera più variegata e presentando più bangers rispetto a RTJ 2, che aveva un’impronta molto più dark. Come al solito, quindi, non c’è una traccia definibile brutta, ma in qualche traccia, come Stay Gold e Oh Mama, El-P mi è sembrato sicuramente meno ispirato del solito, chiuso in basi troppo ridondanti e claustrofobiche, sicuramente non per scelta. È da sottolineare invece la strumentale magistrale di pezzi come Thursday in the danger room, con la collaborazione di Kamasi Washington e il suo corno o Everybody Stay Calm, una perla di ariosità e delicatezza (sempre per gli standard del progetto, tutt’altro che fine).
In ultima sede, i Run The Jewels tornano più energici, più decisi e più arrabbiati che mai, ma tralasciano qualche dettaglio che magari avrebbe potuto rendere il risultato più efficace e concreto. Di certo RTJ 3 è il progetto più completo dei tre, ma non riesce a ricreare l’atmosfera e il fattore wow che RTJ2 annoverava tra i propri migliori pregi. Intanto ci godiamo la conferma di un gruppo sbalorditivo che sembra essere in una fase di progresso continuo e che si spera possa definitivamente esplodere… magari per un ipotetico RTJ4.