Cos’hanno in comune le vicende e le parole di Arthur Rimbaud, poeta francese che ha rivoluzionato lingua e versi, e Serge Gainsbourg, uno dei provocatori della musica più geniali del Novecento? Anzitutto il loro marchio è distintivo. Rimbaud è apparso nella seconda metà dell’Ottocento europeo come una vera e propria illuminazione, un’ispirazione e una contestazione incarnata nel giovane poeta francese – che improvvisamente decide di chiudersi in un doveroso silenzio poetico e abbandonarsi alla carta bianca. Uno dei più talentuosi poeti dell’Ottocento che si ritira dalla poesia. Serge Gainsbourg invece continuerà a provocare, parlare e produrre musica fino alla sua scomparsa, sovvertendo i classici valori di una società francese devota a celebrare se stessa. In questo primo semestre del 2018 due biografie uscite in libreria hanno raccontato – in maniera diversa – queste due vite e personaggi.
Cominciamo dal Rimbaud maudit che visita Milano. Il libro è edito da Skira e si chiama Rimbaud e la vedova. L’autore è Edgardo Franzosini, il Carrère dei diseredati, che negli anni ha passato in rassegna vite “di seconda mano” (cit. autore), come Giuseppe Ripamonti e Raymond Isidore. In effetti l’approccio con cui Franzosini ci racconta Arthur Rimbaud è innovativo rispetto alla biografia classica del poeta, che geograficamente si concentra a narrare la storia del poeta a Parigi. Franzosini ci accompagna ad esplorare le tappe del viaggio che portò Rimbaud a Milano, precisamente nel 1875, setacciando piccole impronte, biglietti da visita, indizi, lasciandoci affondare dentro un affascinante scorcio di una Milano ormai antica, eppure moderna, con un poeta curioso – sempre, inevitabilmente, curioso – che ama l’Europa come sua propria casa. Incontentabile nel fuggire da Parigi, ma nel restarvi sempre legato a doppio filo, come un fantasma che non può andare fisicamente via.
“Così come si ignora la durata esatta della permanenza di Rimbaud a Milano – tre, forse quattro settimane, tra la fine di aprile e la fine di maggio – non si conoscono nemmeno le ragioni esatte che lo spinsero a fare sosta in città, né quelle che lo convinsero a rimanerci per tutto quel periodo”
Chissà dove voleva andare Rimbaud, nel perdersi a Milano, chissà se era una destinazione scelta e fatale, o solo un passaggio verso nuove direzioni, nuove scoperte che lo spingeranno fino in Africa, dove imballare caffè era più dolce delle stagioni all’inferno e dei litigi con Verlaine. È proprio Verlaine l’autore dell’indizio a riguardo della vedova inglese con cui il poeta veggente s’intrattiene a Milano, ma non si hanno notizie – solo appunti e sussurri, tanto che pare di assistere a un inseguimento alla faticosa scoperta del mito rimbaudiano. Quel che si sa di Rimbaud è che fu uno dei più grandi rivoluzionari nella storia della poesia, eroe letterario, che avvalora il testo e la pagina bianca allo stesso modo: epocale antesignano della morte dell’arte.
Per le stesse strade di Parigi, ma in tempi più recenti, camminò Serge Gainsbourg, accompagnato da sigarette e donne. Quella sbruffoneria ce la racconta invece Boris Battaglia in Gainsbourg – Niente è già tanto, uscito per Armillaria editrice. Nell’anno del novantesimo compleanno di Serge, ci perdiamo stavolta invece in una storia di scorribande, dove lo stile di Battaglia è ricco di spunti satirici sugli anni in cui Gainsbourg era all’apice del successo. Tra citazioni di Kant e Adorno le pagine vanno avanti senza tentennamenti, alla ricerca di una definizione per la canzone autoriale e di una filosofia dell’arte che rifaccia propria la musica come sua diramazione.
Gli aneddoti si rincorrono, dalle donne che accompagnano Serge, a brevi accenni come quello in cui scopriamo che nell’estate del ’43 Juliette Gréco fu arrestata dalla Gestapo in qualità di partigiana francese. C’è anche il tempo di incontrare Gainsbourg insieme all’autore – negli anni della giovinezza – come episodio flashback in un hotel francese.
“Guarda questa sigaretta. Certo, mi sta mangiando i polmoni. Morso a morso. Ma cosa riuscirebbe a darmi lo stesso crescente piacere che si rinnova ogni cinque secondi e poi ogni cinque minuti?”
Sempre sedotto, sempre abbandonato. La storia di Gainsbourg è una storia che si ripete a colpi di fatale attrazione e violento rinnegamento. Il successo è un logorio, la provocazione uno stile di vita: Serge Gainsbourg era un artista, e Battaglia riesce a onorare una biografia senza cadere nell’equivoco di mortificazioni e santificazioni. E per concludere ricordiamo che Rimbaud veniva evocato anche dal nostro Gainsbourg spesso e volentieri: J’suis pas non plus Arthur Rimbaud – cantava in Hmm Hmm Hmm. Canzonetta pop o nuova stagione all’inferno?