Rileggere Bianca Pitzorno a trent’anni 

Bisogna sempre tornare dove si è stati felici. A dieci anni buona parte dei miei luoghi del cuore era racchiusa nei libri di Bianca Pitzorno. Adesso, a (quasi) trent’anni, mi è capitato di pensare a quanto mi mancassero e alle cose ho capito e imparato grazie a quelle storie. Così ho deciso di rileggerle, ritrovando quel posto sicuro in cui ognuno può correre a rifugiarsi, soprattutto quando la permanenza nell’ingiusto mondo degli adulti diventa insopportabile.

In Storia delle mie storie, Bianca Pitzorno si definisce una «bambina molto arrabbiata». Negli anni, quella bambina, che oggi è tra le autrici di libri per bambine, bambini, ragazze e ragazzi (ma non solo) che non ha bisogno di presentazioni, ha deciso di mettere al centro del proprio fare letteratura proprio quelle bambine coraggiose, curiose, intelligenti e anche abbastanza arrabbiate. Proprio come era lei, appassionata di storia, cinema, disegno e tante altre cose, che da sempre sa raccontare così bene le loro storie proprio perché probabilmente non ha mai smesso di sentirsi bambina.

A partire dagli anni Settanta, le protagoniste delle storie di Bianca Pitzorno non hanno mai smesso di dar voce alle bambine e alle ragazze, fino a quel momento poco o per niente rappresentate e sempre relegate ad essere personaggi secondari. Così, con Ascolta il mio Cuore, ci ha fatto conoscere più da vicino Prisca Puntoni, le sue avventure in una scuola elementare negli anni Cinquanta e la passione che mette nello scrivere racconti di fantasia che prendono sempre spunto dalla sua quotidianità, accompagnata dal tum tum del suo cuore specie quando qualcuno subiva un’ingiustizia inflitta dai grandi. Polissena Gentileschi, meglio conosciuta come Polissena del Porcello, e la sua ostinazione nel voler trovare a tutti i costi il suo posto nel mondo per poi scoprire che lei un posto nel mondo ce l’aveva già. In Tornatrás niente è come sembra e lo sa bene Colomba Toscani che ad undici anni finiti si ritrova a cambiare vita, da Genova a Milano, con una mamma televisione-dipendente, un patrigno star della tv tanto belloccio quanto viscido, Quartieri Bianchissimi e un’Ostinata Dimora multietnica e piena di sorprese.

Questi sono solo tre dei romanzi più amati di Bianca Pitzorno e rileggerli da adulti è un invito puro e semplice per volersi un po’ di bene.

Ascolta il mio Cuore (1991) 

Prisca si agitava sul banco come un’anguilla.
– Ascolta il mio cuore! – bisbigliò afferrando la mano di Elisa e premendosela sul petto. – Sta per scoppiare.
BUM BUM BUM.
– Non farmi paura! – supplicò Elisa. Conosceva l’amica e sapeva che non era capace di resistere davanti alle ingiustizie.

Nel 2021 Ascolta il mio Cuore compie trent’anni. Come precisa Pitzorno stessa sia in apertura del libro che del suo sequel Diana, Cupido e il Commendatore, sebbene si possa credere il contrario, sia le vicende narrate che il personaggio di Prisca Puntoni non sono la sua rappresentazione da bambina. Vero che entrambe hanno in comune l’amore per le parole e la scrittura, ma questo racconto di un anno scolastico in una quarta elementare tutta femminile negli anni del dopoguerra e nell’esperienza delle tre amiche Prisca, Elisa e Rosalba riprende fatti ed esperienza da lei vissuti o conosciuti in anni diversi e qui rimodellati seguendo uno schema narrativo da settembre a giugno, di volta in volta chiuso da un racconto (spesso di fantasia, ma neanche troppo) scritto da Prisca.

Le ingiustizie compiute dalla nuova maestra Argia Sforza, soprannominata da subito Arpia Sferza, severissima e con spiccate preferenze nei confronti delle alunne provenienti da famiglie benestanti, rappresentano il tema dominante del romanzo, che vuole fare da antitesi ad un altro libro conosciutissimo a scuola: Cuore di Edmondo De Amicis (1886), in cui Enrico Bottini, alunno della terza elementare nella Torino dell’Unità d’Italia, tiene il suo diario nell’anno scolastico 1881-1882. Sebbene scritto in prima persona, il romanzo per ragazzi di Edmondo De Amicis è permeato dall’ombra degli adulti, i quali si inseriscono continuamente nelle sue pagine di diario e racconti con pensieri, istruzioni su cosa fare e giudizi. A proposito di questo, sempre in Storia delle mie storie, Pitzorno scrive:

Enrico Bottini, ch’era un bambino vero, aveva bisogno che gli dicesse tutto suo padre. Non era capace di commuoversi spontaneamente, di ammirare qualcosa, di fare un paragone, di vergognarsi, se non riceveva istruzioni dall’alto. Si era mai visto un bambino così amorfo? 

Un intero anno scolastico di un bambino di terza elementare raccontato, però, da parole che gli vengono messe in bocca dai grandi. Ascolta il mio Cuore è tutto quello che il libro Cuore non è. Pur raccontando storie e fatti lontani nel tempo, l’anno a scuola insieme a Prisca, Elisa, Rosalba e tutte le loro compagne di classe, aiuta le bambine e i bambini di oggi ad imparare come non chinare il capo davanti alle ingiustizie troppo frequenti nel mondo dei grandi e, soprattutto, li spinge a porsi sempre delle domande, ad intervenire per dire la propria… niente di più lontano dal tacito assenso dell’Enrico Bottini che ai rimproveri o ai consigli delle lettere che gli adulti gli inviavano non rispondeva mai. Quello di Bianca Pitzorno è un libro che, arrivato a quasi trent’anni raccontando storie che arrivano da ancora più in là nel passato, è ancora oggi fondamentale per la formazione di ognuno. Da leggere e rileggere e poi… chi di noi non ha mai desiderato di essere la migliore amica di Prisca?

Polissena del Porcello (1993) 

E da quel giorno, tra le sue suppliche, un posto speciale fu riservato a Santa Polissena del Porcello, che si era degnata di scendere dal cielo con uno stuolo di angeli per visitare personalmente la sua umile grotta.

Dopo il successo di Ascolta il mio Cuore, i lettori di Bianca Pitzorno si aspettavano un sequel che, effettivamente, negli anni arriverà tra  i titoli che vanno a comporre la saga di Lossai. Al primo romanzo seguono infatti Diana, Cupido e il Commendatore, Re Mida ha le orecchie d’asino e La voce segreta. In più ci sarà anche un prequel, Quando eravamo piccole, che racconta le piccole grandi storie di Prisca ed Elisa prima delle elementari. Eppure, in quel momento, tra il 1992 e il 1993, Piztorno si discosta dalla sua storia del cuore per raccontarne un’altra. Quella di Polissena del Porcello. 

Tanto le vicende di Ascolta il mio Cuore sono realistiche, quanto quelle di Polissena ci conducono nel regno del fantastico, in un tempo indefinito e per questo universale. Un romanzo di avventura? Sicuramente, ma non solo. Con Polissena si parte alla ricerca della propria identità. Polissena, infatti, si convince di essere stata adottata da infante. Nessuno glielo ha detto, ha origliato discorsi qua e là, se l’è sentito ripetere con disprezzo da un’altra ragazzina invidiosa, ed eccola partire alla ricerca dei propri veri genitori. Di sicuro ricchissimi e disperati di averla persa. Così parte Polissena, insieme all’amica Lucrezia e alla sua compagnia circense, alla scoperta della sua identità e del mondo… per poi scoprire che la realtà non era mai stata diversa da quella che aveva sempre avuto sotto gli occhi. Polissena del Porcello è un inno alla curiosità, alla caparbietà e al non arrendersi mai. Una ragazzina coraggiosa, con tutti i suoi pregi e difetti, da cui tante altre bambine hanno imparato e possono imparare tanto.

Tornatrás (2000) 

Quando sarò grande, scriverò un romanzo sulla mia vita.

La prima parte racconterà dei miei primi undici anni, e so già come va a finire, cioè che all’improvviso divento ricca e vado a vivere in un’altra città.

La seconda parte non so di cosa parlerà, perché non è ancora cominciata. Estarémo a vedere, come dice Aracelio, il fidanzato di zia Mitì.

Ricordo quest’incipit come se fosse ieri, invece sono già passati vent’anni: sono entrata nel nuovo millennio con Tornatrás. L’ho riletto non so quante volte e sono affezionatissima alla mia copia. Qualcuno mi ha detto che, nel leggere questo romanzo di Bianca Pitzorno, ha sentito emergere per la prima volta dentro di sé una consapevolezza politica, ha capito da che parte stare e anch’io posso dire di rivedermici tanto in questa affermazione.

Colomba Toscani è stata per lungo tempo una mia amica, dico davvero. Leggevo e rileggevo la sua storia perché, proprio come quelle di Prisca e Polissena, mi infondeva un coraggio che non avevo mai trovato in nessun altro libro letto fino a quel momento. Colomba frequenta le medie, a Genova. Vive con sua mamma Evelina e suo fratello Leo. Suo padre era un musicista, ma ora riposa in fondo al mare. Sua madre, depressa, cerca conforto nei programmi televisivi, che diventano l’unica costante delle sue giornate. Sulle spalle di Colomba, una ragazzina, gravitano tutte le incombenze familiari e casalinghe. Un po’ troppo per la sua età. Una serie di eventi, tra cui un’eredità, portano la famiglia Toscani a trasferirsi a Milano, città in cui la signora Evelina conoscerà il suo beniamino della tv Riccardo Riccardi, poi suo patrigno. Tutto corre e niente è come prima per Colomba, che si ritrova nella nuova città e in un’Ostinata Dimora con tanti amici tutti di origini diverse, a cui gli adulti della PREDIM (Prestigiose Dimore) sono avversi perché vorrebbero trasformare il condominio di via Ginevra nell’ennesimo comparto dei Quartieri Bianchissimi. Niente è come sembra per Colomba e la storia in Tornatrás travolge il lettore e lo appassiona, in modo che più attuale non si può. Andando avanti nella lettura, infatti, è impossibile non riconoscere alcune analogie con lo scenario politico dei primi del Duemila. Milano, i Quartieri Bianchissimi, le tv private che hanno letteralmente scavalcato quella pubblica e monopolizzato tutto, un certo tipo di politica e di pensiero, il razzismo che fa capolino nei comportamenti delle persone. Esatto, se state pensando a certi politici, c’avete preso in pieno. Tornatrás è una parola di origine spagnola che indica un salto all’indietro di generazioni. Chi ha letto il romanzo sa. A chi ha la fortuna di leggerlo per la prima volta lasciamo l’effetto sorpresa.

Una chicca: è bellissimo che, nel punto in cui Colomba, appena arrivata a Milano, si conosce meglio con quella che diventerà la sua nuova amica Pulce, galeotte furono proprio Prisca e Polissena, qui nominate insieme ai rispettivi libri.

Bianca Pitzorno è una maestra della narrazione. Non scrive solo libri per bambini, ha dato vita a storie importanti per la formazione di ognuno che ci sia cresciuto insieme. Storie mai banali o scontate. Al contrario, dense e ricche per particolarità di trama e personaggi. Da bambina degli anni Novanta e primi Duemila ripercorrere insieme questi tre tasselli amatissimi della sua produzione letteraria vuole essere un modo per ringraziarla.

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