Al momento in cui scrivo questa recensione su Oh, oh, oh, oh, oh – I Righeira, la playa e l’estate 1983 di Fabio De Luca, edito da Nottetempo, c’è una squadra di calcio belga, il Royale Union Saint-Gilloise che di Vamos a la Playa ha fatto il suo inno, e ben due canzoni in cima alle classifiche di streaming che in qualche modo citano i Righeira. La prima è Italodisco dei Kolors che in un passaggio inserisce proprio “il basso dei Righeira”, e la seconda è Riviera di Max Gazzé che parla della “nostra estate nucleare”. Elementi in apparenza slegati tra loro, che a un occhio e a un orecchio distratto potrebbero non dire nulla. Se invece, come il sottoscritto, avete appena finito di leggere il libro di Fabio De Luca questi puntini non saranno altro che la logica prosecuzione di una linea che unisce da ben quarant’anni piccoli puntini disseminati in lungo e in largo nei vari generi musicali non solo italiani ma internazionali.
Poco tempo fa girava in rete un articolo che metteva insieme, proprio a partire da Vamos a la playa, una serie di tormentoni estivi di cui, diceva l’articolo, non abbiamo capito niente. E proprio in questa dissociazione cognitiva tra musica lussureggiante e testo in qualche maniera in controcanto che nasce il viaggio di De Luca alla (ri)scoperta non solo di una canzone ma anche di un’epoca, appunto l’estate del 1983.
Quella estate è anche il periodo in cui, per intenderci, Pier Vittorio Tondelli ambienta il romanzo estivo per antonomasia “Rimini”, proprio in quel romanzo a proposito delle mitologiche estati in riviera che sarebbero diventate un luogo comune dell’immaginario non solo italiano ma anche europeo. Tondelli fa dire ad uno dei suoi personaggi:
“il fatto curioso è che molti snobbano la nostra riviera. Ma più per sentito dire che per altro. Dici Rimini o Riccione e subito pensano alla pensioncina, alla piadina e alla mazurka. E dicono Rimini per carità, l’Adriatico, via! Poi li porti qui un weekend e non vorrebbero più andar via…”
In questo passaggio credo sia rintracciabile la teoria che sta alla base del libro di Fabio De Luca secondo la quale un decennio non si distingue dall’altro a partire dal primo gennaio del primo anno della decade, ma c’è sempre un qualche evento che segna uno spartiacque. La canzone Vamos a la playa, all’interno delle quasi 300 pagine del libro, rappresenta in qualche modo idealmente questo momento di svolta.
Il libro, infatti, è un percorso a ritroso dell’idea delle mitiche estati passate, in epoca di retromania un forziere carico d’oro che solo per chi non le ha vissute davvero rappresenta un passato ideale. Il testo di Jhonson Righeira ne è la dimostrazione plastica. Non molto tempo fa su twitter mi sono imbattuto in un post di un utente che proprio a questo proposito diceva, “ho letto il testo di Vamos a la playa, parla della bomba atomica, è incredibile”. Ciò dimostra come il primo dei tormentoni degni di questo nome abbia travalicato ogni recinzione divenendo un mantra ripetuto a memoria in modo quasi automatico da svariate generazioni e senza distinzione di classe sociale, lo stesso Jhonson nel libro racconta che capì di aver scritto una canzone immortale quando sulla saracinesca di un negozio chiuso per ferie trovò il cartello “CHIUSI PER FERIE, VAMOS A LA PLAYA”. In qualche modo si può azzardare a dire che il primo successo dei Righeira sia l’equivalente italiano di Panic degli Smiths in quanto a tematiche trattate.
Il presagio del possibile armageddon, se ritorniamo agli anni ’80, era un tema ben presente nell’agenda politica e sociale di quel periodo. Lo dimostra il fatto che un altro storico brano della stessa estate nucleare, ovvero Tropicana del gruppo italiano le cui due cantanti sono state intervistate nelle pagine del libro, abbia anch’esso come tema la fine del mondo.
Nel percorso che Fabio compie insieme a Jhonson Righeira (Michael ha declinato l’invito a partecipare alla stesura del libro) si torna nella Torino degli anni ’70, nei quartieri operai che hanno visto il giovane Jhonson muoversi prima negli ambienti del punk e poi vivere appieno il periodo del riflusso, passando per la new wave fino a sbancare il tavolo del pop. Non a caso, Vamos a la playa è riuscita ad unire il popolo distratto della musica commerciale con il sottobosco new wave che negli anni ’80 insieme ai primi strumenti rudimentali di musica elettronica stava dando vita a quel fenomeno musicale che avrebbe portato all’italodisco capace di riempire le classifiche in tutto il mondo.
Protagonisti cruciali di questo racconto sono i fratelli La Bionda, veri e propri fabbricatori di Hit capaci di prendere il demo di Vamos a la playa e portarlo alla perfezione sonora in grado di girare nelle radio di tutto il globo. Difficile oggigiorno mettere a segno, musicalmente parlando, colpi del genere dalle sponde del nostro paese. Ma non incontriamo solo i La Bionda in questo percorso, ci sono infatti anche Antonella Ruggiero e Roberto Colombo che ci raccontano del loro album Tango, sempre del 1983 in cui confluirono una serie di ascolti dai Tuxedomoon ai Bauhaus che non assoceremmo in prima battuta al disco reso famoso da Vacanze Romane. Ivan Cattaneo che conferma come l’eclettismo e anche la mancanza di rigide barriere nelle carriere di giovani artisti dell’epoca permetteva quella porosità grazie alla quale ci si buttava in esperimenti musicali alle volte improbabili ma che spesso davano anche grandi ritorni. Questa è anche l’impostazione di chi stava dall’altra parte della barricata, ovvero discografici auto inventatisi tali con più o meno fiuto per gli affari e gusto per la musica e grazie ai quali hanno visto la luce successi incredibili, pensiamo a I.C. Love Affair dei Gaznevada, ed anche moltissimi esperimenti venuti meno bene. Erano gli anni ’80, ci si barcamenava tra la paura di un inverno nucleare che poi nell’86 con Chernobyl (vedi alla voce Panic appunto) avrebbe fatto davvero tremare tutti, e la voglia di rischiare ed investire in un futuro che tutto sommato era ancora un terreno ospitale e promettente.
Alla fine del racconto, tirando le somme, ci si ritrova con uno zaino pieno di storie da raccontare a nostra volta, di aneddoti e di incroci casuali che vedono insieme personaggi improbabili che fanno un pezzo di strada insieme scrivendo la storia recente della nostra musica. Ma forse la parte migliore è quando, in un colpo di coda finale De Luca chiede a Jhonson un ricordo del tempo insieme a Michael prima che la vita, la crescita e mille altre cose li separassero
“C’è stato un periodo, molto prima di Vamos a la playa, in cui quando io e Michael non eravamo insieme, se uno dei due sentiva un pezzo bello alla radio, immediatamente chiamava l’altro per dirgli: accendi subito! E poi ballavamo, euforici, attaccati alla cornetta. Eravamo così, eravamo noi”