“Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”
Per rispondere a questa domanda (che vi verrà posta il 17 aprile), occorre che sappiate gli antefatti che hanno portato alla sua formulazione.
In principio ci fu il famoso decreto “Sblocca Italia”, il cui nome suggeriva chissà quali splendidi provvedimenti liberatori per il nostro Paese bloccato. Nel suddetto erano presenti numerose questioni che spaziavano dall’edilizia alle telecomunicazioni, fino al dissesto idrogeologico. A queste si aggiungevano alcune norme (presenti nell’art.38), relative alle attività petrolifere presenti sul nostro territorio, che hanno scatenato l’ira di centinaia di associazioni ambientaliste. A seguito di due appelli – uno da parte del Coordinamento Nazionale No Triv e dell’associazione A Sud, l’altro proveniente da più di 200 movimenti cittadini – dieci consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) hanno promosso sei quesiti referendari per chiedere la modifica del decreto in materia di idrocarburi. L’Abruzzo si è poi ritirato dalla lista dei promotori.
I temi di tre di questi quesiti sono stati recepiti e inseriti dal governo tramite la Legge di Stabilità in vigore dal 1 gennaio 2016. Quali sono le norme emendate?
- I principi di strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività petrolifere, ovvero i pilastri dello “Sblocca Italia”. Dichiarare le trivellazioni come attività strategiche avrebbe dimezzato i tempi per le procedure di autorizzazione e soprattutto allontanato qualsiasi tentativo di intervento degli enti territoriali di riferimento.
- Il vincolo preordinato all’esproprio già nella fase di ricerca di idrocarburi. Se non fosse stato abolito, il diritto di proprietà del privato ne sarebbe risultato violato.
- Le norme che consentivano al governo di sostituirsi alle Regioni in caso di mancato accordo sui progetti petroliferi e sulle infrastrutture per realizzarli. Non è dunque possibile decidere sui progetti senza il parere delle Regioni.
In sintesi: l’insieme di quelle facilitazioni che il governo avrebbe concesso alle compagnie petrolifere tramite lo “Sblocca Italia” sono state eliminate dallo stesso governo tramite la legge di stabilità dopo un’iniziativa popolare.
Ma c’è dell’altro: i No Triv propongono ulteriori modifiche per reintrodurre il Piano delle Aree (lo strumento di razionalizzazione delle attività estrattive che prevede il coinvolgimento delle Regioni – presente nello Sblocca Italia ed eliminato dall’esecutivo Renzi) e per rigettare i procedimenti in corso di ricerca di idrocarburi entro le 12 miglia dalle coste e aree naturali. Il 7 gennaio la Corte di Cassazione riesamina i quesiti e rende ammissibile solo quest’ultimo punto, in quanto considera gli altri cinque soddisfatti dalla legge di stabilità.
A questo punto, sei delle regioni pro referendum (Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania) accolgono l’iniziativa No Triv di sollevare il conflitto di attribuzione di poteri tra Stato e Regioni riguardo a due quesiti, rigettati dalla Cassazione. Se il 9 marzo la corte costituzionale valuterà ammissibile il conflitto di attribuzione, anche questi due referendum (sul Piano delle Aree e sulla durata dei titoli per la ricerca e sfruttamento di idrocarburi sulla terraferma) verranno sottoposti agli elettori il 17 aprile.
È chiaro che Renzi&Company non abbiano alcun interesse nel far raggiungere il quorum (26 milioni di voti) ed è per questo che la richiesta di un Election Day (ovvero far coincidere il referendum con le amministrative in modo da avere maggiore affluenza ai seggi e/o poter risparmiare fino a 350 milioni di euro) è stata caldamente ignorata. Inoltre, anticipare la data del voto al 17 aprile ha di fatto tagliato (anzi, stralciato) i tempi per una campagna referendaria efficace.
Perché votare sì?
Il dossier di Greenpeace, pubblicato ieri, fornirebbe da solo la risposta: nel 70 % dei casi, la concentrazione di sostanze chimiche pericolose, presenti nei sedimenti e nelle cozze che vivono vicino le piattaforme offshore dell’Adriatico, risulta oltre i limiti della legge.
Se il motivo dell’inquinamento non vi convince, qui Nicola Armaroli (dirigente di ricerca del Cnr di Bologna) e Vincenzo Balzani (professore emerito dell’Università di Bologna) spiegano perché “anche se tirassimo fuori tutto il petrolio che c’è nel sottosuolo italiano non basterebbe neanche per tre anni”. È davvero utile questa rincorsa obbligata all’oro nero? Cui prodest? Di certo ci guadagnano i petrolieri, che per trivellare i mari italiani pagano le royalties più basse del mondo (solo il 7 % del valore di quanto si estrae).
Se vincerà il sì, tutte le concessioni in scadenza per estrarre il petrolio entro le 12 miglia verranno bloccate. In particolare, verrà abrogato l’art.6 comma 7 del codice dell’ambiente, che consente alle compagnie petrolifere di continuare a trivellare fino ad esaurimento scorte. Se vincerà il sì, Eni e compagnia bella dovranno chiudere i battenti (intanto Shell ha già rinunciato al Golfo di Taranto e Petroceltic ha abbandonato l’idea di esplorare le Isole Tremiti).
Questo referendum è importante perché è il frutto di un’iniziativa partita totalmente dal basso, che restituisce agli italiani il potere di decidere della propria terra e del proprio mare; questa può finalmente essere l’occasione per chiedere una politica energetica fatta non più di petrolio e diossina ma di risorse rinnovabili. Siamo il Paese del Sole, del Mare e del Vento, quei doni che gli dei ci hanno graziato di avere in enormi quantità da poterci rendere totalmente indipendenti dal punto di vista energetico.
Ora ascoltate questa canzone e leggetene accuratamente tutto il testo (soprattutto le ultime due strofe); Lucio Dalla, il cui compleanno ricorre oggi, aveva già capito tutto nel 1977.
Siamo noi, siamo in tanti
Ci nascondiamo di notte
Per paura degli automobilisti
Dei linotipisti
Siamo i gatti neri
Siamo i pessimisti
Siamo i cattivi pensieri
E non abbiamo da mangiare
Com’è profondo il mare
Com’è profondo il mare
Babbo, che eri un gran cacciatore
Di quaglie e di fagiani
Caccia via queste mosche
Che non mi fanno dormire
Che mi fanno arrabbiare
Com’è profondo il mare
Com’è profondo il mare
E’ inutile
Non c’è più lavoro
Non c’è più decoro
Dio o chi per lui
Sta cercando di dividerci
Di farci del male
Di farci annegare
Com’è profondo il mare
Com’è profondo il mare
Con la forza di un ricatto
L’uomo diventò qualcuno
Resuscitò anche i morti
Spalancò prigioni
Bloccò sei treni
Con relativi vagoni
Innalzò per un attimo il povero
Ad un ruolo difficile da mantenere
Poi lo lasciò cadere
A piangere e a urlare
Solo in mezzo al mare
Com’è profondo il mare
Poi da solo l’urlo
Diventò un tamburo
E il povero come un lampo
Nel cielo sicuro
Cominciò una guerra
Per conquistare
Quello scherzo di terra
Che il suo grande cuore
Doveva coltivare
Com’è profondo il mare
Com’è profondo il mare
Ma la terra
Gli fu portata via
Compresa quella rimasta addosso
Fu scaraventato
In un palazzo,
in un fosso
Non ricordo bene
Poi una storia di catene, bastonate
E chirurgia sperimentale
Com’è profondo il mare
Com’è profondo il mare
Intanto un mistico
Forse un aviatore
Inventò la commozione
Che rimise d’accordo tutti
I belli con i brutti
Con qualche danno per i brutti
Che si videro consegnare
Un pezzo di specchio
Così da potersi guardare
Com’è profondo il mare
Com’è profondo il mare
Frattanto i pesci
Dai quali discendiamo tutti
Assistettero curiosi
Al dramma collettivo
Di questo mondo
Che a loro indubbiamente
Doveva sembrar cattivo
E cominciarono a pensare
Nel loro grande mare
Com’è profondo il mare
Nel loro grande mare
Com’è profondo il mare
E’ chiaro
Che il pensiero dà fastidio
Anche se chi pensa
E’ muto come un pesce
Anzi è un pesce
E come pesce è difficile da bloccare
Perchè lo protegge il mare
Com’è profondo il mare
Certo
Chi comanda
Non è disposto a fare distinzioni poetiche
Il pensiero come l’oceano
Non lo puoi bloccare
Non lo puoi recintare
Così stanno bruciando il mare
Così stanno uccidendo il mare
Così stanno umiliando il mare
Così stanno piegando il mare