Quando una band che calca le scene da trent’anni ha paura di invecchiare il risultato è Chaosmosis, un disco sintetico che perde solidità ascolto dopo ascolto. L’undicesimo album dei Primal Scream ha infatti lasciato critici e pubblico talmente spiazzati che in pochi hanno osato smentire le recensioni più o meno negative che sono comparse sul web e sulle riviste di settore fin dai primi giorni dalla sua uscita.
Anche se le dieci tracce scivolano calde nelle orecchie, il beat è martellante e i ritornelli rimangono impressi, ciò che manca è un’impalcatura che possa far urlare a squarciagola questo ritorno. Vi strappereste i capelli dalla felicità sulle note di Where The Light Gets In, magari sorseggiando un mojito in riva al mare in una notte d’estate? Quanto entusiasmo rimane dopo aver ancheggiato i fianchi una manciata di secondi?
Probabilmente non saranno Sky Ferreira o le Haim a risollevare le sorti di Chaosmosis, ma l’abilità di Bobby Gillespie che è quella di sapersi reinventare aggrappandosi al presente, come nel caso di Trippin On Your Love, traccia apripista della raccolta che più rimane attaccata alla suola delle scarpe. Sulla base di una canzone che potrebbe essere stata plausibilmente registrata dagli Stone Roses si innescano miagolii e vagiti provenienti da una chitarra e cori femminili che ricordano il canto delle sirene. Cominciamo l’ascolto gasandoci, non possiamo negarlo.
Il trasformismo dei Primal Scream viaggia, però, su diverse stazioni radio non sempre convincenti, passando dalla cupa e galleggiante (Feeling Like A) Demon Again alla spiaggia caraibica di I Can Change che diventa un miraggio sempre più sfuocato fino a eclissarsi in 100% Or Nothing che pare volerci intrappolare nel suo ritmo ossessivo ed estraniante. Nulla di nuovo sul fronte dell’innovazione. Anche una ballata struggente come Private Wars scritta insieme alla brava cantante e compositrice canadese Rachel Zeffira perde di fascino perché il suo sapore non si discosta da tanti assaggi gratuiti già digeriti. E lo stesso si può dichiarare dopo aver messo in cuffia la galoppante Golden Rope o la delicata Autumn In Paradise che ci porta di fronte al ricordo sbiadito di un concerto dei New Order.
Quale sia lo scopo di When The Blackout Meets The Fallout, che potrebbe essere un esperimento psichedelico, ma che è soltanto caos allo stato brado forse non ci è davvero dato saperlo, così come per Carnival Of Fools che schiaccia sulle corde emotive di chi ha giocato per anni a Packman scappando dalla minaccia dei fantasmini, con la piccola differenza di saper innervosire dopo un unico ascolto.
In questo grande calderone di suoni non c’è una direzione, ma solo influenze che possono farci sperare di cinguettare per qualche giorno qualcosa che dimenticheremo presto. Senza tornare alle intramontabili canzoni di Screamadelica, ai tamburelli di Movin’ On Up o alle bolle di sapone di Come Together, un album come More Light uscito soltanto tre anni fa ci sembrava più personale e incisivo, sicuramente meno synth-pop, ma più rockettaro e psichedelico. Eppure se qualche ingranaggio si è rotto lo potremmo dire soltanto alla prova del nove del live, quindi non ci rimane che aspettare luglio con il bene che ti voglio e scegliere una delle loro tre date italiane tra Roma, Cesena e Sestri Levante.