Questioni di cuore | Minor Victories live al Santeria Social Club di Milano

Il primo disco di una band può avere l’effetto di un colpo di fulmine, e come si dovrebbero affrontare i colpi di fulmine in amore, allo stesso modo ci si dovrebbe preparare al primo live: con obiettività e senza crearsi troppe aspettative.

L’esordio dei Minor Victories (di cui vi ho parlato qui) è stato una delle migliori sorprese del 2016: potente, ma al contempo intimo e fragile. In pratica, nonostante il preambolo, come per tutti i colpi di fulmine, mi ero già fatta delle aspettative altissime nel momento stesso in cui mi sono imposta di non farmene. Ma come ignorare il fatto che si stava per avere Rachel Goswell, Stuart Braithwaite e Justin Lockey tutti sullo stesso palco?

Il locale -il Santeria Social Club, che ospita al suo interno anche un lounge bar di design ed un negozio di dischi – non si presenta pieno come mi sarei aspettata, nonostante l’hype abbastanza alto sulla band, a Milano il 24 Ottobre per l’unica data italiana autunnale e fresca dell’annuncio della pubblicazione di una versione orchestrale del loro album omonimo, dal titolo Orchestral Variations.

Foto di Loris Brunello

I tre salgono puntuali, accompagnati da due giovani musicisti alla batteria e ai synth, guadagnando il palco in modo piuttosto dimesso; unica eccezione “civettuola”, l’outfit scintillante di Rachel, in gonna lunga lunga di lurex verde e top di paillettes. Si comincia come da copione, con Give up the Ghost, prima traccia del disco, scelta azzeccata per quanto scontata. Si intende fin da subito che gran parte del lavoro sarà affidato ai synth, complici nel creare quel suono pieno che spadroneggia nell’album, ma che avrei preferito fosse messo parzialmente in secondo piano nell’esecuzione dal vivo, lasciando un po’ più di spazio al talento dei musicisti. Braithwaite conduce con l’unica chitarra (fatta eccezione per un paio di pezzi in cui anche la Goswell imbraccia lo strumento) lanciandosi, ma senza mai uscire troppo dal seminato, in qualche variazione che regala ai pezzi un piglio più post rock, riportando istintivamente il pensiero ai suoi Mogwai. Protagonista indiscussa della serata è però la voce di Rachel, eterea, aiutata (a volte eccessivamente, ad essere sinceri) dagli effetti del microfono e dai cori. Un cantato che non esce cristallino e pulito come su disco, ma che regala umanità al live, che seppur eseguito magistralmente, risulta un po’ freddo. Allo stesso modo la band tra una canzone e l’altra non interagisce troppo con il pubblico, giusto una battuta sul clima milanese che li fa sentire a casa. Inaspettatamente l’affetto per i fans arriva a concerto concluso, quando tutti si trattengono per firmare autografi e fare fotografie.

Foto di Loris Brunello

In barba ai sognatori, come la sottoscritta, che avrebbero gradito un paio di cover degli Slowdive, il live scorre via in un soffio; il poco materiale finora rilasciato dal gruppo è stato eseguito per intero, fatta eccezione per un solo pezzo: “we can’t play that one since we don’t have Mark” dice Rachel – riferendosi a For you Always, perché replicare il cantato di Kozelek sarebbe impossibile – prima di congedarsi con Out to Sea.

Foto di Loris Brunello

I colpi di fulmine, dicevamo. Gli amori che scoppiano in un attimo in tutta la loro devastante intensità possono rivelarsi un fuoco di paglia? Si, possono. In questi casi l’unica cosa da fare è continuare a crederci, perchè ne vale la pena. Il primo live dei Minor Victories mi lascia soddisfatta al 70 percento, ma guiderei di nuovo due ore per sentirli, e spero sempre che questo “supergruppo” non si fermi dopo il primo esperimento. Se funziona per i rapporti tra le persone, deve funzionare per forza con l’amore più grande, quello per la musica.

Tutte le foto sono di Loris Brunello

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