Raymond Carver scriveva: “Le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste”. Leonardo Luccone ci fa fare un salto oltre, verso le meravigliose terre brade della punteggiatura: anche le virgole sarebbe meglio fossero quelle giuste. Nell’era di un’iper-comunicazione fiaccante, la scrittura è diventata parte sempre più integrante della quotidianità dell’esperienza umana: basti pensare al proliferare di chat, blog, riviste online (- ops). E allora Questione di virgole (sottotitolo: Punteggiare rapido e accorto), edito da Laterza, è proprio quello che ci serve per tornare a prenderci cura di quel che scriviamo. Più che un manuale, un faro che illumina le zone d’ombra del testo: il libro ci accompagna – noi lettori, curiosi – verso un elegante viaggio alla conquista di quell’esigenza di padroneggiare la punteggiatura. Scopriremo, ad esempio, una certa dose di complicità se l’innocente punto e virgola ha subito un dolce vilipendio; segno a cui Pasolini e Pavese non hanno mai rinunciato, e che oggi troppo spesso trascuriamo. Se c’è chi ha annunciato prematuramente la morte del punto e virgola (come fosse un dio nietzschiano), Leonardo Luccone – editor, traduttore – ci invita a resuscitarne un uso saggio e consapevole. “La virgola ha fagocitato il punto e virgola”, ci avvisa nell’introduzione.
Sempre più spesso, nel mondo iper-connesso e accelerato in cui viviamo, cediamo al vezzo tutto contemporaneo di rinunciare alla punteggiatura per affidarci ad emoticon; questa neo-scrittura da instant messaging potrebbe rischiare di fagocitare punti, e virgole – rendendo l’operazione di retromarcia più faticosa del previsto. Ma niente panico: la strada da fare in compagnia dei segni di interpunzione è ancora lunga – probabilmente, infinita. Se è vero che gli antichi Romani non usavano la punteggiatura, sembra impensabile che riusciremmo a farne a meno oggi. Luccone la definisce così: “è il quadro dove sta il testo”. Privati della punteggiatura, perderemmo il nostro punto di orientamento.
Leggendo Questione di virgole, ripercorriamo la storia di come sia nata quest’esigenza all’interno dei testi: perché punteggiamo. Scenderemo fino all’Inferno dantesco, dove ci soffermeremo sulle virgole dei canti della Divina Commedia. Leggeremo versioni diverse della Commedia, ognuno potrà farsi un’idea di qual è la più divina – perché come Dante avesse usato di preciso la punteggiatura non è dato saperlo. Eppure un’avvertenza ci accompagna per l’intero corso del libro, e ci fa tremare: la punteggiatura non è un vezzo relativista, esiste una punteggiatura corretta in un insieme di varianti sbagliate. Anche l’anarchia creativa ha – dunque – delle sue regole.
Un altro equivoco che Luccone vuole sfatare è il mito della punteggiatura come pausa, ovvero come movimento del respiro che accompagna il nostro fiato quando leggiamo. Pausa lunga: punto; pausa breve: virgola. Per farci comprendere bene a cosa servono questi segni sparsi nei testi che leggiamo, ci troveremo di fronte a magnifici esempi: da Manzoni ad Ammaniti; ancora ci perderemo nella scrittura “a singhiozzo”, nell’abuso del punto che separa il testo, nei periodi brevissimi. Alla fine del libro ci sembrerà di essere “rinati” a una nuova esperienza di lettura. Se la punteggiatura perfetta è quella che il lettore non avverte, ora ci torneranno alla memoria tutti quei libri dove dei segni di interpunzione non ci siamo nemmeno accorti. Libri che abbiamo letto in un solo sorso secco, le più belle esperienze di lettura che siamo capaci di ricordare. E fa niente se ogni casa editrice dipinge la punteggiatura secondo un proprio manuale: quel che conta sono le parole che sono rimaste vive dentro di noi, e quei segni dimenticati che hanno agito nascosti per ricondurle a noi.
Dopo aver letto Questione di virgole, saremo più attenti: comprenderemo il potere di un’ottima punteggiatura. Padroneggiarla perfettamente forse sarà più complesso – e del resto chissà se ho messo tutte le virgole al posto giusto, avrò sicuramente dimenticato un punto e virgola da qualche parte. Ma proprio per questo – per renderci sempre più consapevoli, dunque liberi – si tratta di un libro da leggere, e rileggere.