Seguire una band come i Queens Of The Stone Age nel 2017 non è proprio il miglior modo per apparire cool e al passo coi tempi, soprattutto qui in Italia dove faresti molto meglio ad andare a vedere i live di Ghali o della Dark Polo Gang. Esiste però anche qualche caso umano che ha atteso questo Villains per quasi cinque mesi, a partire da quel fatidico 6 aprile in cui la band cominciò a darci qualche segnale su Facebook e Twitter.
A distanza di oltre quattro anni dal rilascio di …Like Clockwork, il settimo album dei Queens Of The Stone Age è finalmente out. Questa volta Josh Homme e compagni si presentano in una veste molto più semplice rispetto al lavoro precedente: non ci sono più le tante collaborazioni di quattro anni fa, nessun Dave Grohl alla batteria, nessun Mark Lanegan ai cori o ancora nessun Elton John al piano; in aggiunta alla formazione standard c’è solo il fantastico lavoro di produzione di Mark Ronson che può decisamente bastare.
Villains parte in quinta con l’energica Feet Don’t Fail Me, un brano pieno di chitarre distorte che a più di qualcuno tra i commenti su Youtube sembra una canzone scritta dai Franz Ferdinand, e in effetti il ritornello ricorda molto quello di No You Girls della band scozzese. Altri brani in cui la chitarra fa da protagonista sono sicuramente The Way Used To Do, che abbiamo già potuto apprezzare come primo singolo lo scorso 15 giugno, e Head Like A Haunted House, probabilmente il pezzo più “stoner” del disco che a tratti ci riporta indietro negli anni non proprio fino ai tempi dei Kyuss ma perlomeno a quelli di Songs For The Deaf.
Se la prima metà del disco è quella più spinta e quindi più fedele al sound originale della band (fatta eccezione per la pop song Fortress), nella seconda è evidente lo zampino sperimentale di Mark Ronson: in tracce come Un-Reborn Again e Hideaway c’è molta più elettronica e meno chitarre di Homme e Van Leeuwen, soprattutto nella prima delle due in cui troviamo un forte uso di tastiere, synth e addirittura sax per la prima volta in assoluto nella storia dei QOTSA.
Le chitarre tornano tuttavia a dominare nei due brani finali The Evil Has Landed eVillains Of Circumstances, una che alterna il falsetto di Homme a riff violenti in pieno stile Eagles Of Death Metal, l’altra che invece parte piano nei primi minuti per poi esplodere in un bridge rumoroso e casinista messo lì quasi come lo sparo di fuochi d’artificio alla fine di una bellissima festa.
Nella sua semplicità,Villains riesce a risultare un album molto più efficace e diretto rispetto al precedente …Like A Clockwork, che pur contenendo degli ottimi pezzi hard rock come Smooth Sailing o My God Is The Sun a mio parere si perde in alcune fasi un po’ noiose e poco convincenti. Questa volta ci troviamo di fronte ad un disco omogeneo e contenente brani che seguono tutti una determinata corrente, quella di un rock più moderato rispetto ai loro standard che a dirla tutta non dispiace affatto.