Torino, Venerdì 17 aprile @ MEF: il Quartetto Maurice e il piacere della morte

Ascoltando il Quartetto Maurice verrebbe da chiedersi se davvero siamo ancora lì, alla frammentazione,  alle schegge impazzite, alla disgregazione dell’io tanto cari al Novecento. E poi, ascoltandoli ancora, verrebbe anche da rispondersi: sì, e non c’è nulla di male.

Attraverso una selezione accurata dei brani insoliti e più “atipici” di vari compositori moderni e contemporanei, affatto immuni da contaminazioni elettroniche e rumoristiche, il Quartetto Maurice arriva a cogliere il frutto musicale più maturo del Novecento sfinito e alla fine, sintetizzandone gli elementi più complessi e acidi. Metallico è infatti il suono arcigno dei loro archi che graffiano, possibilmente, e, spesso, feriscono. Di sicuro lasciano solchi.

Attraverso una cifra stilistica incisiva che segue la logica frammentata e pulsante del ricordo, ci si trova spesso d’improvviso in luoghi indesiderati della propria anima : deserti pietrosi, crepacci e poi cime aguzze, polveri sollevate insieme a vergogne antiche, vuoti di coscienza e futuri bagliori di morte. La morte prematura dei compositori  o di persone a loro vicine è infatti il fil rouge tra i brani che questa sera il Quartetto Maurice , reduce da due viaggi agli estremi opposti della civiltà moderna, in Iran prima, dove hanno suonato all’International Music Festival Fajr di Teheran, e negli Stati Uniti poi, ospiti all’ Italian Academy della Columbia University di New York, eseguirà nella Torino da cui proviene e in cui i giovani musicisti si sono formati sia personalmente che artisticamente, al nuovo spazio museale MEF – Museo Ettore Fico – in zona Barriera di Milano.

La ex fabbrica di cavi elettrici inaugurata solo lo scorso Settembre li ospita quest’oggi tra le sue alte e bianche stanze dove l’ensemble, formato nel 2002 da Georgia Privitera (violino),  Laura Bertolino (violino), Francesco Vernero (viola) e Aline Privitera (violoncello), apre il concerto, come sempre all’insegna della sperimentazione, con l’Arte della Fuga n. 1, 3, 5, 9 di Bach, opera incompiuta e postuma pubblicata nel 1751, che include una raccolta di sperimentazioni puramente virtuali sul contrappunto.
A seguire, con un notevole balzo temporale in avanti, il Quartetto n. 1 dalle Métamorphoses nocturnes di Ligeti, scritto tra il 1953 e il 1954 , l’aggettivo “notturno” si riferisce al colore del brano, volutamente sporco, in cui l’autore ungherese ha mischiato la suggestione rumorosa delle notti passate a cercare di sintonizzarsi su una qualche radio occidentale e l’ispirazione data dal Terzo e il Quarto dei Quartetti di Mezzo di Bartók: venti vertiginosi minuti di variazioni ritmiche e timbriche.
Avanzando ancora di un poco sulla linea del tempo, ma di anni luce dal punto di vista formale, il Quartetto n. 7 di Shostakovich composto nel 1960, si presenta come un racconto diviso in capitoli che narrano la storia dolorosa della malattia e poi della morte della moglie. Come un intimo spaccato di vita di coppia, il Quartetto lo interpreta in modo da scandire il progressivo degenerare delle emozioni: dalla spensieratezza, al dolore, all’ineluttabilità del distacco. A chiudere l’omaggio di Scodanibbio al Messico con Sandunga e Besame Mucho, riletti in chiave malinconica ma non lugubre.

Se per tutto il concerto l’ascoltatore è braccato nel profondo dai loro archetti come artigli, la distorsione si impadronisce del suono che sta lì sulla soglia del rumore, mentre la contorsione si impadronisce dei loro corpi attraverso la tensione che passa direttamente dalle corde dei loro strumenti. Duttilità, estrema versatilità, la particolarità del loro repertorio, la scelta di spazi legati alle arti visive e di partecipare a manifestazioni atipiche in un percorso artistico cominciato nel 2002 all’interno dell’Istituto Civico Corelli di Pinerolo e diplomandosi poi nel 2009 al Corso Speciale di Quartetto della Scuola di Musica di Fiesole, passando da tappe importanti e diverse come la Biennale di Venezia del 2013 o il “festival di indagini sulle musiche d’arte contemporanee” All Frontiers nel 2014 insieme a mostri sacri dell’ambient e dell’industrial come Mika Vainio dei Pan Sonic, per citarne solo alcune, sono tutti fattori  che hanno permesso al Quartetto di guadagnarsi l’attenzione di un pubblico eterogeneo e porsi al centro di un crocevia espressivo che comprende musica classica, noise, elettronica e generi collaterali. La giovane età dei musicisti, e la loro abilità di muoversi agilmente dall’underground all’istituzionale, dall’avanguardia al tradizionale, è ciò che li legittima a spaziare e osare nella sperimentazione, ottenendo così critiche e consensi in ambienti disparati e apparentemente lontani tra loro, come ad esempio la rinomata rivista d’arte Artribune , e magazine di musica “alternativa, sotterranea e non convenzionale”, come si autodefinisce The New Noise , oltre che collaborazioni con vari giovani compositori come quelli del collettivo  /nu/thing , o come quella con il bolognese Andrea Agostini con cui portano avanti il progetto 4+1 – Quartetto d’archi più elettronica.

Alla fine di questa serata, ce ne torniamo a casa con una precisa frase che riecheggia nella mente e che descrive perfettamente le sensazioni provate ascoltando il Quartetto:

Bisognerà morire gli dico ancora io, più lussuosamente di un cane e ci metteremo mille minuti a crepare e ogni minuto sarà comunque nuovo e abbastanza carico d’angoscia da farci dimenticare mille volte tutto il piacere che avevamo potuto avere a far l’amore nei millenni precedenti… La felicità sarebbe morire con piacere, nel piacere…il resto è niente di niente, è la paura che non osi confessare, è arte. – Cèline



Photo Credits: Ufficio Stampa Museo Ettore Fico

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