Si sono conosciuti come musicisti legati da una stima reciproca, solo dopo sono diventati anche amici. Una garanzia per gli Atlante che consente loro di tenere bene in mente l’obiettivo: la musica. E così evitarsi quegli scazzi simili a rapporti di coppia consumati che attanagliano gruppi creati nel segno del “per sempre”. Sul palco un power trio anni 90 e in cuffia una giovane band alt-rock, i tre giovani ventenni della cintura torinese hanno dato vita a Un’entropia di immagini e pensieri, una sorta di diario di emozioni nate di getto in due anni e senza filo logico, divenute un disco. Lo hanno registrato al Pan Music Production Studio, suonato sui palchi dei festival, nei localetti con cugini rock come i Balto, i Cara Calma, i Cieli di Turner o I Botanici. E non è bastato: oggi quello che ne rappresenta il momento più emotivo, il brano Venere, impreziosito dalla voce e chitarra di Daniele Celona, diventa anche un video che racconteranno la sera del 29 maggio in un’improvvisata serata nella stazione di Porta Nuova.
Video by Maki Agency. Diretto da Edoardo Giuliani. Operatori: Davide Merlo e Matteo Teti
Perché se il percorso, paragonandolo alle decennali gavette degli storici dell’underground italiano, è breve, la band vanta una determinazione da veterani a confronto delle tante meteore web. Claudio Lo Russo alla chitarra e voce, Andrea Abbrancati al basso e Stefano Prezzi alla batteria, incontratisi solo per il caso di dover costruire un futuro musicale, hanno alle spalle decenni di tentativi, gruppi e progetti, in solo e no. Che sono diventati gli Atlante dalla necessità di Claudio di «dovermi esprimere melodicamente. Suonavo la batteria ma sentivo di dover cambiare, di creare qualcosa che mischiasse la sonorità anglosassone con testi in italiano. Faceva un po’ paura ma mi serviva per avere una spinta in più, e poi mi serviva con chi renderlo concreto. E ho chiesto in giro».
Detto fatto, perché il giro torinese, si sa, è grande per gli stimoli ma piccolo per le conoscenze. E quei pezzi che Claudio ha visto scivolargli dalle dita nei suoi tre mesi in Inghilterra, ora avevano trovato anche una melodia e una missione. Il tutto con la fiducia di musicisti che hanno scelto, magari anche non condividendone ogni sguardo, di farlo proprio. «Ci siamo gasati da subito, abbiamo registrato il primo ep e un video nel modo più economico possibile: una telecamera fissa in sala prove e via. E tutto questo per quanto semplice ha iniziato a destare attenzione, dopo le prime volte in cui scorgevamo facce amiche, abbiamo iniziato a vedere volti nuovi. Quindi, figo, perché non continuare».
E così è stato, tanto da coinvolgere i tre diversi mondi nel progetto, fino alla partecipazione di Daniele Celona, che a Torino – e non solo – è un’istituzione del rock melodico italiano. Con lui è nato quel «viaggio onirico che ha origine dal pendolarismo ferroviario tra due città del nord Italia. Quando il treno entra in galleria guardando il vetro ci si può facilmente specchiare e guardare dritto negli occhi. Un secondo dopo invece si emerge da sotto terra, il paesaggio prende forma e si estende per chilometri e chilometri, talmente ampio da raggiungere anche altri pianeti». Che hanno preso vita nelle mani di Celona da un brano finito ma non del tutto soddisfacente, tra interventi strumentali e parole. «Era un brano molto valido ma con diverse lacune. Dani lo ha sviscerato e gli ha dato un senso».
Ma è solo un altro tassello nel percorso che da oggi mira a virare, a mediare la visceralità delle canzoni con la costruzione di un progetto «iniziando a regolare l’aspetto produttivo, e perché no pensare a un concept. Perché se gli Atlante «per ora non sono ancora lavoro», lo è solo sulla carta: la loro vita è già la musica. Claudio e Stefano sono al conservatorio e insegnano musica e Andrea lavora per un’agenzia di management musicale torinese. «Facciamo dei sacrifici, dedichiamo i pochi momenti liberi a questo progetto e stiamo iniziando a dargli un senso organizzativo». Con la cornice torinese, che «riesce a darti tanto rispetto ad altre città. A partire da una fan base che ti sostiene» ma convinti di restare in quell’angolo rock, quello del “non compromesso”, quello che non smania per entrare nelle playlist perchè «vogliamo creare un prodotto che sia bello, con le nostre dinamiche e tempistiche. Una musica libera. E diversa in un momento in cui il panorama musicale è piatto. Per il futuro? Per chi scrive è una questione di istinto perciò non so, ma sto riscoprendo molto i Verdena, Bon Iver o del british rock ingentilito. Sto e stiamo sperimentando, sarà tutto diverso ma se ci sarà da spaccare lo faremo. Cercheremo di arrivare dritti in faccia a chi ci ascolta. È questo ci fa sentire vivi».