Eccoci catalputati nell’era delle preoccupazioni e delle ansie. Avevamo lasciato i Preoccupations con un altro nome, Viet Cong: l’esordio della band canadese ci aveva colpito come un graffito a colpi di post-punk. Era William Shakespeare a scrivere che una rosa anche cambiando nome mantiene lo stesso profumo, e tuttavia – in questo caso – non possiamo sottoscrivere le sue parole: nella transizione da Preoccupations a Viet Cong qualcosa nel sound è cambiato. Le atmosfere si fanno più oscure in questo nuovo lavoro, con echi e tracce di Interpol in pezzi come Monotony.
E così la superba ansia di Anxiety è quasi claustrofobica, e stavolta c’è posto per suoni più sintetici: i Preoccupations sembrano celebrare una collezione labirintica degli anni ’80. Che ne è della scossa originale dell’esordio?
La nuova identità dei canadesi viene ovviamente fuori da una polemica, il tutto nasce da un contenzioso con una comunità vietnamita dell’Ohio che aveva trovato il nome della band offensivo. Il concerto previsto era stato annullato dallo stesso promoter: la sua casella email era intasata di proteste. Da quel momento i Viet Cong hanno seriamente riflettuto alle conseguenze politiche di portare un nome del genere, in poco tempo erano stati costretti a rilasciare una nota: “Sentiamo che è importante che voi sappiate che non abbiamo mai avuto intenzione di banalizzare le atrocità o la violenza che ci sono state da entrambe le parti nella guerra del Vietnam. Non abbiamo mai voluto essere provocatori o offensivi con il nostro nome“.
Non avrebbero avuto problemi a cambiare nome: non c’era nessuna scelta politica in quel Viet Cong, nessuna pretesa punk, nessuna contestazione. In un’intervista a Pitchfork Matt Flegel ha raccontato di aver esclamato “We have to change this fucking name“, e così nel giro di qualche mese l’amico e cantautore Chad VanGaalen aveva inviato alla band una lista di nomi. Così sono nati i Preoccupations.
Il nuovo album è un concentrato di 9 tracce: Memory brilla come una piccola perla, alla violenza si aggiunge il synth, ma le scariche di rumore sono un vecchio vezzo che si mantiene vivo. Ne è prova magnetica Stimulation, contorsione sonora per orecchie affamate. È come se i Preoccupations provassero a creare una sintesi tra gli Interpol e gli Horrors in questo nuovo disco, decisamente più maturo, ma probabilmente meno divertente, con momenti di ispirazione come Sense.
Se riuscite a trovarvi ancora in sintonia con il loro sound non avrete perduto un’ottima occasione. Resta una delle band più interessanti del panorama di questi anni Dieci. Ma ora aspettiamo il loro gran disco.