Premio Strega, beviamoci su

Solitamente questi sono i giorni in cui vengono svelati i primi dodici finalisti del premio letterario più autorevole – ahimè! – del nostro paese. Il prossimo 14 aprile, infatti, verranno resi pubblici gli autori che correranno per il prestigioso premio che ogni anno gli Amici della Domenica assegnano senza ritardi agli inizi del mese di luglio.

Quest’anno le sorti dell’ambito premio navigano in acque parecchio burrascose. Per chi non ama affatto quei contesti placidi dove il grigiume assume i tratti connotativi di tutta una schiera di componenti, sembrano non mancare i colpi di scena – e che colpi di scena. Nei giorni scorsi sono arrivate come un fulmine a ciel sereno – passatemi l’espressione, almeno per questa volta –, le rinunce alla candidatura di Feltrinelli e Einaudi. Qualcuno di voi potrebbe insinuare le solite ipotesi da strapazzo, magari non hanno semplicemente il nome giusto da proporre, ma la questione è davvero delicata. Stando alle affermazioni di Gianluca Foglia, direttore editoriale del gruppo milanese, il Premio Strega dovrebbe assolutamente trovare un modo per contrastare il monopolio che da anni è nelle mani di Mondadori e RCS. Le 14 vittorie nelle ultime 16 edizioni sono un po’ troppe per i loro gusti. Lo ammetterebbe anche un bambino che qualcosa non quadra, suvvia. Eppure Feltrinelli ha deciso di puntare i piedi nei suoi uffici e di non venirne fuori fin quando non verrà messo in discussione il regolamento del Premio. Quelle che si chiedono sono semplici modifiche – quali? – che, una volta apportate, restituiranno il giusto valore all’evento letterario italiano più famoso.

Dall’altro lato invece, la casa editrice torinese ha annunciato la sua rinuncia alla candidatura semplicemente per lasciare spazio ai concorrenti. Detentrice del titolo di vincitore da ben due edizioni – nel 2014 con Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo e nel 2015 con La ferocia di Nicola Lagioia – più che una rinuncia fatta per dedicarsi alla candidatura per il prossimo anno, quella di Einaudi sembra una mossa poco chiara – forse davvero a Einaudi non hanno il nome giusto. Con buona pace di Franco Cordelli, scrittore dato per certo fino al giorno prima della rinuncia da parte della casa editrice, con il suo Una sostanza sottile e Niccolò Ammaniti con Anna, la scelta della casa editrice diretta da Ernesto Franco alimenta senza ombra di dubbio i retroscena sull’affare Mondazzoli.

Quello che sembra profilarsi per il Premio Strega sarà un anno ricco di sorprese. Alla rinuncia di Feltrinelli e Einaudi si aggiunge anche l’addio al Ninfeo di Villa Giulia. Da questa edizione, la crème dell’intellighenzia italiana siederà sulle comode poltrone dell’Auditorium della Musica di Roma, a discapito di tutti quei burloni che pensavano esclusivamente al buffet mentre sul palco il giornalista Rai faceva di tutto pur di attirare l’attenzione sul nome del vincitore.

Ad essere sinceri, tornando lucidi per un momento, quello che serve a questo dannato premio non sono certo le ritirate di alcuni editori e il cambio di location. Non sono annunci del genere che modificano il carisma di una realtà che ormai è schiava degli arcinoti giochi di potere – e di mercato. Quello che andrebbe modificato è qualcosa che forse, noi comuni mortali/lettori, non siamo in grado ancora di decifrare per via dell’immensa coltre di nebbia che sovrasta l’intera organizzazione. Negli scorsi anni hanno provato a modificare varie volte il regolamento, ottenendo la famosa clausola che prevede l’obbligatorietà della presenza di massimo un editore indipendente nella cinquina finale – ma era l’anno di Elena Ferrante pubblicata da Edizioni E/O.

Oggi seguire il Premio Strega, prestare attenzione sia ai titoli in gara che a quelli esclusi, vuol dire attendere il momento migliore per sfoderare la miglior battuta studiata a tavolino da chissà quanto tempo. Un evento pari al peggiore processo farsa che si sia mai potuto mettere in piedi pur di fare felici i due capi incontrasti – che con la verifica dell’Antitrust ormai è diventato uno. Esprimere la propria opinione su una materia così banale potrebbe far correre il rischio di cadere nella trappola della retorica da due soldi di cui tutti si fanno difensori, ma quello che andrebbe sul serio modificato è lo stato attuale della cultura italiana. Chiedere un rinnovamento, lo stesso che domandano da anni i piccoli editori indipendenti, è la cosa migliore che possa mai accadere nello stato attuale della nostra cultura. Il Premio Strega è una di quelle manifestazioni in cui vengono celebrati i pochi che ne fanno parte. La gran parte degli Amici della Domenica sono gli stessi che nei grandi editori ci lavorano, facendo sì che l’amore per la tanto citata trasparenza venga raggirato da una banalissima presa per i fondelli. A Casa Bellonci – la fondazione che gestisce il Premio – non serve affatto mettere mano, per l’ennesima volta, al regolamento. Più che altro si dovrebbe mettere in subbuglio la lista degli oltre 400 aventi diritto di voto, modificarla, azzerarla una volta per tutte.

Nel frattempo, tra chi si lamenta per il buffet poco accessibile e chi per le poltrone numerate, il resto degli editori sta avanzando le proprie candidature, Mondadori e Gruppo Gems in testa. Il vociferare per i corridoi avanza con l’aumentare delle temperature, fattore che nutre smodatamente le critiche – che a loro volta catturano il lettore più dei libri candidati. Il nostro pensiero va al malcapitato o alla malcapitata che dovrà dare un sorso, seppur simbolico, a quella bottiglia di liquore giallastro. Almeno per questo, caro vincitore, hai tutta la nostra stima.

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