Questa sera prende il via la fase cruciale dell’ottava edizione del Premio Buscaglione, uno degli eventi più attesi e significativi per la musica emergente italiana. Le semifinali e la finale, condotte da Claudia Losini e Sebastiano Pucciarelli, si terranno in due dei locali più iconici di Torino, Off Topic e Supermarket e vedranno esibirsi i dieci semifinalisti insieme a tre headliner: Folcast (26 marzo – Off Topic), Cmqmartina (27 marzo – Off Topic) e Voina (28 marzo – Supermarket). Per farvi entrare nel mondo di questi talenti, li abbiamo intervistati, approfondendo il loro percorso artistico e le influenze che li hanno plasmati. Un’occasione per scoprire e apprezzare la musica emergente, entrando nelle storie e nelle emozioni che si nascondono dietro ogni canzone.
Intervista a Folcast
Ciao Daniele, sarai l’headliner di mercoledì 26 marzo, la prima serata del Premio Buscaglione, un evento che ha l’obiettivo di dare visibilità ai talenti emergenti della musica. Come descriveresti la scena musicale in cui sei cresciuto? Ci sono artisti o movimenti che ti hanno ispirato nel tuo percorso?
Sono cresciuto in giro per Roma, suonando in un sacco di posti più o meno conosciuti. Ho partecipato a eventi musicali in cui c’era un palco ben fatto, con tecnici preparati e luci studiate, e ad altri in cui invece c’era davvero poco di progettato per garantire una buona resa musicale. Durante questi eventi ho incontrato tantissimi musicisti con cui sono cresciuto. Alcuni, con il tempo, sono diventati veri e propri amici. Molti di loro sono fonte di ispirazione e confronto costante.
Più che a degli artisti, ora mi viene da pensare a due dischi italiani che mi hanno forgiato in un periodo preciso della mia vita: il primo è Orchidee di Ghemon, il secondo Acrobati di Silvestri. Questi due album, nel momento in cui li ho scoperti, hanno fatto scattare qualcosa in me. Mi hanno dato modo di capire come avrei voluto fare musica nella mia lingua madre.
Il tuo ultimo EP, Tutti i miei piani, esplora temi come la crescita, le relazioni e le esperienze che ci trasformano. I tuoi brani sembrano riflettere questo viaggio interiore. Secondo te la musica è uno strumento di introspezione e cambiamento sia per chi la crea sia per chi la ascolta? Hai sempre considerato il tuo progetto come una sorta di diario che racconta la tua evoluzione personale?
Assolutamente sì, la musica è uno strumento di introspezione e cambiamento. E sì, le mie canzoni sono una sorta di diario emotivo personale. Quando scrivo, cerco di fotografare un momento, e a volte quella fotografia mi serve per ricordare a me stesso che, nel caso dovessi rivivere quella situazione non così semplice, posso affrontarla meglio: “Tranquillo Danie, ci sei già passato. Ora che sai cosa stai vivendo, puoi provare ad affrontarlo in un modo diverso?”.
Sicuramente, quando ascolto brani di altri che mi piacciono davvero e che sento profondamente, questi brani mi spingono a riflettere e a crescere.
Oggi ci sono molti giovani artisti che cercano di farsi strada, ma non è sempre facile trovare il proprio spazio. Guardando al tuo viaggio fino a qui, che consigli daresti a chi sogna di intraprendere una carriera musicale?
Non do consigli. Penso che la strada sia davvero tosta. La precarietà della scena musicale in Italia a volte può essere stimolante, altre volte può proprio buttarti giù. Credo che finché si ha piacere nel farlo, bisogna continuare. Ci fanno credere che l’unica strada sia quella del successo e dei soldi, quando invece il percorso è già quello che stiamo vivendo. In fondo, il successo non esiste davvero, perché la direzione è la stessa per tutti.
Intervista a Cmqmartina
Ciao Martina, il 21 marzo è uscito il tuo nuovo album Brianzola Issues. Rispetto ai tuoi precedenti lavori, Disco, Disco 2 e Vergogna, quali novità possiamo aspettarci da questo disco? Cosa hai voluto esplorare in modo diverso, sia nei temi che nelle sonorità, e quale ruolo hanno avuto i produttori come Ceri, okgiorgio, Simone Bertolotti, Estremo e SPX nel definire il sound?
Brianzola Issues è una sorta di evoluzione naturale e un po’ più audace del mio percorso artistico. Ho cercato di esplorare sonorità diverse, un mix di sperimentazione e introspezione. Quest’album una sorta di rielaborazione del mio passato – ci sono ricordi di infanzia e di adolescenza, la mia città – e racconto di questa relazione tra l’aspetto ambientale della mia provincia, fatto di nebbia e di desolazione, e la mia interiorità.
Dal punto di vista musicale è stato importante per me lavorare con produttori che stimo artisticamente e umanamente, con cui possiedo un legame. Il loro ruolo è stato quello di portare le loro idee e la loro identità musicale nel mio mondo, per unirli con le mie parole e creare qualcosa che ci riempisse davvero.
Essere donna nel mondo musicale, e in particolare nella musica dance, può rappresentare una sfida. Come vivi la tua identità nel plasmare il tuo stile e la tua arte?
La musica è un linguaggio universale e, in quanto donna, cerco di dare la mia versione e la mia visione del mondo senza paura di esprimere chi sono veramente. Essere femmina e cercare il proprio posto all’interno della scena non è facile, i posti sembrano essere limitati. Ma credo che la chiave sia restare fedele a se stesse, cercando di non farsi definire da stereotipi o aspettative esterne.
Nel 2020 hai partecipato a X Factor, dove hai impressionato con la tua scrittura e con il singolo Lasciami andare, dedicato al tuo rapporto con tua madre. Che tipo di esperienza è stata per te quella del talent? C’è qualche consiglio che avresti voluto ricevere all’epoca e che daresti alle ragazze e ai ragazzi in gara per il Premio Buscaglione?
X Factor è stata un’esperienza impegnativa emotivamente ma che mi ha restituito molto dal punto di vista artistico. Ho avuto la possibilità di lavorare con artisti, discografici e produttori talentuosi ed è stato interessante imparare a performare su un palco così grande ed esposto al pubblico.
L’unico consiglio che sento di poter dare ai ragazz* è quello di fidarsi del proprio istinto, di creare la propria visione e di seguirla con coraggio, scrivendo e componendo in modo sincero.
Intervista ai Voina
Ciao ragazzi, il vostro singolo Senza Paura è uscito a dicembre e rappresenta un passo in avanti nel vostro percorso musicale. Cosa significa per voi questa canzone e quale messaggio volete trasmettere al vostro pubblico, soprattutto in un periodo in cui la paura sembra essere una costante nella vita quotidiana?
Ciao! Senza Paura è un brano molto personale ma crediamo che in qualche modo sia riuscito a parlare a molti. Nei live di quest’inverno è stata una delle canzoni che il pubblico ha urlato e ballato con più violenza. La canzone descrive una crisi e il momento successivo della consapevolezza, di quando ti rendi conto che devi disfarti di una paura che sta intralciando la tua vita. È un po’ come quando ti sfoghi con il tuo miglior amico/a e invece di trovare compassione e affetto ti prendi un bel pugno in faccia. “Basta scuse, basta cazzate, affrontala e vai avanti.” Questo sì che è catartico.
Cosa è cambiato nei vostri primi dieci anni di attività, da Noi non siamo infinito a Kintsugi? Come riuscite a mantenere la coerenza con la vostra visione artistica pur esplorando nuovi orizzonti musicali?
Nelle nostre vite sono cambiate un’enormità di cose. Siamo, contro ogni aspettativa, diventati adulti. Questo cambiamento si è riversato naturalmente anche sul progetto Voina che ha avuto un percorso accidentato e pieno di buche proprio come quello del passaggio dall’adolescenza alla maturità. La coerenza spesso la trovo una parola ambigua. Se mi dicono di essere un tipo coerente inizio a farmi delle domande. Il nostro percorso musicale è stato contraddistinto da continui cambiamenti e sterzate improvvise. Abbiamo fatto infinite discussioni per decidere cosa in un determinato momento avremmo dovuto rappresentare. L’unico aspetto su cui ritengo che siamo stati coerenti è che abbiamo sempre considerato la musica una cosa troppo seria per farne un lavoro. Non abbiamo mai timbrato il cartellino e credo che questa cosa alle persone che ci seguono sia arrivata.
Oggi molte giovani band affrontano grandi sfide per emergere. Che cosa vorreste dire a chi sta iniziando, con l’ambizione di avere successo, ma senza rinunciare alla propria autenticità e restando lontano dalle dinamiche imposte dal mercato musicale?
Credo che sia un’utopia pensare di riuscire a mettere insieme successo, autenticità e autonomia dal mercato. I ragazzi che adesso si affacciano in questo mondo fatto di playlist editoriali, intelligenza artificiale e liveclub morenti hanno davvero una strada in salita e credo che noi come Voina siamo i meno adatti a dare consigli. L’unica cosa che mi sento di dire è che in un contesto così caotico e poco meritorio bisogna mettere davanti a tutto il piacere di fare quello che si fa. Se scrivi una canzone pensando di entrare in una playlist è molto probabile che vivrai molto male la tua esperienza. Devi divertirti mentre fai quello che ti piace. Meglio dieci persone che si tatuano una tua frase sulla loro pelle che avere milioni di streaming su una stupidissima piattaforma. E per avere questo devi essere sincero, senza sovrastrutture. Per noi ha funzionato.