a cura di Manilla Telesca
Di che cosa parliamo quando parliamo di porno? E cosa si accende nella nostra mente quando sentiamo parlare di sesso? Barbara Costa svela ogni mistero e chiarisce ogni nostro dubbio in Pornage. Viaggio nei segreti e nelle ossessioni del sesso contemporaneo edito da Il Saggiatore.
Quando si parla di porno, e Barbara lo sa bene, è quasi impossibile non pensare a Larry Flynt che, nel giugno del 1974 diede vita alla rivista Hustler, diventata famosa nel giro di poco più di un anno. «Nel bene o nel male, purché se ne parli» direbbe Oscar Wilde. E infatti di questa rivista si è parlato subito male, tant’è che Flynt due anni dopo venne incriminato per pubblicazione di materiale osceno — anche ingiustamente, direi. Ingiustamente perché quest’uomo si è battuto per la libertà, e il sesso è solo una delle sue tante espressioni. Il sesso accomuna ogni uomo, fa parte di noi, mostra ciò che siamo veramente, le nostre pulsioni, i nostri desideri e Flynt, oltre ad aver subito svariati processi che gli sono costati milioni di dollari di multe, si è anche dovuto beccare una pallottola da un fanatico razzista per aver pubblicato foto di una coppia interrazziale.
Mi sento di citare Barbara Costa che nel saggio scrive «Il porno non conosce nazionalità, non ha amor di bandiera e non si può rinchiudere dentro il baule di nessuna ideologia.»
Non va dimenticato neanche Hugh Hefner, diventato celebre per aver fondato la rivista Playboy, nata nel 1953, e per aver sostenuto a gran voce che una donna rimane sexy anche se non ha più vent’anni. In Finlandia deve essere arrivato il suo messaggio perché, secondo alcune statistiche, i porno con attrici over sessantenni sono molto apprezzati.
Dopo aver fatto una doverosa introduzione al mondo del porno citando i personaggi più influenti, la Costa ci accompagna in una carrellata di tipologie di porno. Sembra quasi di ritrovarsi di fronte ad uno scaffale pieno di dvd che spaziano dal drunk porn (scene di sesso tra ubriachi violenti), all’hijab porn (porno girato da ragazze con il velo islamico) fino ad arrivare ai coregasm (donne che raggiungono l’orgasmo facendo yoga). Non è una casualità se ho citato porno con protagoniste donne. Nell’industria pornografica, infatti, la figura femminile è considerata di maggiore importanza rispetto a quella maschile ed è anche quella che guadagna di più. Per l’uomo è molto più difficile girare sul set, tanto che se un tempo c’erano le fluffers, ragazze che avevano il compito di mantenere l’erezione dell’attore tra un ciak e l’altro, ora devono fare tutto da soli e l’uso delle pillole è severamente vietato.
L’industria del porno genera anche delle aspettative che si riflettono su noi stessi o sugli altri. L’estetica vaginale e la grandezza del pene rientrano tra queste, alimentando le nostre ossessioni. Ci si chiede se la nostra vagina sia nella norma, se sia gradevole all’aspetto e tante donne ricorrono alla chirurgia estetica (un po’ come lo sbiancamento anale). Anche gli uomini sono vittime di questa pressione e si chiedono se le loro dimensioni siano giuste, e molti sbagliando, ricorrono a pratiche, come il jelquing (una tecnica che promette l’allungamento del pene attraverso una migliore circolazione dei vasi sanguigni) o l’hanging (si agganciano dei pesi al pene per eseguire esercizi di trazione) che spesso fanno solo del male.
Ma sono due i temi trattati dalla giornalista che mi hanno particolarmente colpito. Il primo, e il più divertente, è stato quello di scoprire che anche alcuni tra i miei artisti preferiti, scrittori o cantanti, hanno avuto i loro feticismi. Salinger, per esempio, adorava bere la propria urina, Joyce era un flatofilo, lo documentano le lettere d’amore che scriveva alla moglie Nora nella quali ricordava con piacere l’odore dei suoi peti. Cobain era ossessionato dai feti morti, come si può notare nel videoclip di Heart-Shaped Box mentre, il batterista degli Who, Keith Moon, era un menofilo (feticista delle mestruazioni).
Il secondo aspetto, meno divertente ma più importante, è stato il capitolo dedicato al genere sessuale. Perché sì, al mondo non esistono solo etero, gay, lesbiche o trans. In sociologia ci sono più di settanta identità sessuali riconosciute. Ci sono i cisgender, dove rientrano la maggior parte delle persone che si riconosco nel sesso nel quale sono nati. Ci sono i trans non-binary, che non si considerano né uomo né donna, i fluid che sono entrambi e i queer che tendono ad andare contro tutto ciò che sia definito. Personalmente preferisco considerarle convenzioni che spesso hanno solo l’effetto di rinchiudere le persone all’interno di un’etichetta prestabilita (quelle che trovate nel reparto frutta e verdura del supermercato), ma penso sia anche giusto conoscere e rispettare ogni minima sfumatura. Del resto i colori dovrebbero piacere a tutti, perché tutti prima di ogni colore, di ogni sfumatura, siamo esseri umani — anche se qualcuno tende a dimenticarlo purtroppo. Basti pensare alle app d’incontri come Wasp Love e Stormfront che nascono con l’obiettivo di ricercare l’anima gemella purché sia omofoba, razzista e suprematista. Quando poi ci si dovesse scoprire incompatibili basta utilizzare Binder, applicazione che lascia il partner per chi non ha il coraggio di farlo di persona.
Da relazioni vere a relazioni che lo sono un po’ meno, il passo è più breve di quanto ci si possa aspettare. Matt McMullen, ingegnere e CEO di una società di robotica californiana, ha creato Harmony, l’ultimo modello di sex realdoll dotata di intelligenza artificiale e anche di punto G, tanto che la vagina si contrae come se fosse reale. Per chi non avesse ottomila dollari da spendere, esiste sempre la sua versione meno costosa: Samantha. Quest’ultima è riuscita ad aiutare coppie ormai in crisi perché utilizzata all’interno di un ménage à trois.
E per chi volesse un uomo, invece? Ci sono Gabriel o Henry, sempre ideati da McMullen e programmati per raggiungere una perfetta erezione. Sarà questo il futuro del sesso? Che non me ne vogliano Harmony o Gabriel o tutti i loro fratelli e sorelle, preferisco la complessa umanità alla facilità (neanche troppo, considerando i costi) di una relazione robotica.
Indubbio è l’interesse che ho riscontrato nella lettura di questo libro molto schietto, senza censure e giri di parole. Gli spunti interessanti sul porno sono diversi, e il tema centrale è il sesso. Ed è proprio di sesso che si dovrebbe parlare maggiormente, soprattutto nelle scuole, dove troppo spesso si affronta l’argomento in modo superficiale. Un saggio decisamente da leggere.