Agosto in Svizzera? C’è il Polyfon Basel

tutte le foto sono di Samuel Bramley

La fine di agosto lascia un sapore di malinconia come gli ultimi tramonti estivi, davanti ai quali si ripensa ai momenti passati, ai nuovi amori piazzati sotto il sole, ai posti scoperti e a tutta la musica che ha accompagnato la stagione.

Tra le tante avventure estive de L’Indiependente c’è anche una tappa in Svizzera: un paese così vicino, eppure così diverso da tutto quello che lo circonda nel nostro continente. Montagne mozzafiato, mucche, orologi, banche: le prime immagini a cui pensiamo di solito non descrivono davvero chi sono gli svizzeri. Un popolo molto misurato, quasi timido, ma che nasconde una grande voglia di aprirsi agli altri e alle diverse identità che si porta dentro grazie alle influenze di tutti i forestieri che vi hanno trovato rifugio. Non è raro incontrare svizzeri bi- o tri-nazionali, specialmente a Basilea, epicentro multiculturale e progressista di tutta la Confederazione. Proprio qui abbiamo scoperto a inizio agosto una piccola chicca per tutti i turisti dei festival come noi: Polyfon Basel.

Questo evento dall’anima puramente indie nasce in realtà dalle ceneri di Open Air Basel, una sorta di Primavera Sound made in Basel. Come Open Air, anche Polyfon si svolge a Kaserne, un’ex caserma ribattezzata in sala concerti negli anni ’80 e diventata la più importante in tutta la Svizzera del nord-west. Ma se Open Air aveva un target più “mainstream” (anche nella sua line-up), Polyfon Basel vuole seguire invece il concept di “Festival Boutique”: una dimensione più intima – in cui ci si muove tra gli spazi all’aperto, con diversi stand, talks e live gratuiti, più adatti alle famiglie – e una più sperimentale – con i concerti e le performance nell’edificio al chiuso e per un pubblico 18+.

 

Anche nella proposta musicale, si capisce che l’intenzione dei fondatori, tra cui Sandro Bernasconi – ex direttore creativo di Kaserne – è quella di cambiare la narrativa: quest’anno la line-up ha portato sui palchi nomi indie (Cate Le Bon, Biig Piig, Kerala Dust) e nomi più internazionali e ricercati – come i Minyo Crusaders dal Giappone, i Lalalar dalla Turchia, i Morena Leraba da Lesotho. In mezzo ci sono band locali come i Weird Fishes, ma anche un “prodotto nostrano” come il duo Mind Entreprises, e la collaborazione con l’etichetta di musica ambient Bambient Records.

Se l’obiettivo era dunque quello di far conoscere artisti che spesso sfuggono alle radio tradizionali, Polyfon Basel l’ha decisamente centrato. Grazie anche alla media partnership con una radio che fa parte della storia culturale underground di Basilea: Radio X. Radio X è stata fondata nel 1998 proprio come alternativa all’offerta musicale e linguistica delle radio mainstream: nella sua programmazione si possono trovare show in diverse lingue (e.g. l’italiano, in farsi, il turco) su diversi temi sociali proprio per dare voce a quelle identità multiple della Svizzera di cui si parlava prima e con cui gli svizzeri non spesso si confrontano. Uno spazio che viene tenuto vivo soprattutto grazie al volontariato di studenti di giornalismo del MAZ e di design dell’università HGK, che si trova allo stesso indirizzo della redazione.

Un altro aspetto interessante del Polyfon Basel è quello finanziario: come molti eventi culturali della Confederazione, anche questo festival riceve finanziamenti dallo Swisslos. Si tratta di un fondo creato con il ricavato dei biglietti della lotteria, scommesse e in generale del gioco d’azzardo che va a finanziare decine di migliaia di eventi di sport, ambiente e arti nell’ambito di una “Giusta causa”. Ad esempio, il cantone di Basilea città ha ricevuto fino a 15 milioni di franchi nel solo 2021.

La “nuova Svizzera” o la Basilea post-migrazioni è il tema di uno dei talk del festival: Paola de Martin (insegnante di storia di design e interculturalità all’Università delle Arti di Zurigo ZHdK) and Inés Mateos (esperta di educazione alla diversità) hanno rievocato le tante storie delle famiglie di immigrati – inclusi gli italiani – che dagli anni ’50 hanno cambiato il volto svizzero e che oggi possono contribuire a offrire degli spunti su come accogliere nuove culture d’oltralpe. Polyfon Basel ha cercato di includere tanti suoni e voci diverse forse anche per provare a rispondere alla domanda: cosa vuol essere la Svizzera del futuro? Il paese di Heidi o un nuovo modello dell’accoglienza e dell’integrazione in Europa? Noi, ovviamente, preferiamo la seconda.


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