Martha Weiss (Vanessa Kirby) è in procinto di partorire in casa, ma la neonata muore subito dopo essere venuta alla luce a causa del presunto errore dell’ostetrica che ha assistito la madre. L’elaborazione del lutto metterà in crisi la vita di coppia di Martha e del suo compagno Sean (Shia LaBeouf), arrivando a coinvolgere l’intera loro famiglia, compresa Elizabeth (Ellen Burstyn), intransigente madre di lei.
Le premesse di Pieces of a Woman, nono lungometraggio di Kornél Mundruczó, prendono vita in un portentoso piano-sequenza di quasi mezz’ora che descrive il disastroso parto ed esplica fin da subito la natura teatrale del progetto. Questa lunghissima scena è un preambolo molto intenso all’analisi delle interazioni tra personaggi alla luce di un così tragico evento, ma non sempre al regista riesce di riproporre un intreccio di eguale potenza. Certamente il film va premiato per la ferrea coerenza con cui prende posizione sul tema trattato, adottando il punto di vista femminile, ma ciò non basta a salvare in toto un secondo atto che spesso abusa di allegorie e soluzioni narrative fin troppo didascaliche.
Il meglio di Pieces of a Woman risiede nella scrittura a trecentosessanta gradi di personaggi sfumati e credibilissimi, i cui dialoghi arricchiscono di spessore il ritratto di una latente lotta sociale interna che aspettava il momento giusto di esplodere e portare i rapporti familiare a disgregazione. Mundruczó estetizza il tutto senza infamia né particolari lodi; lo stampo molto classico della sua regia si concentra perlopiù sugli attori, con la mdp che li sfiora, riprendendone spesso mani e profili del volto nelle scene più liriche.
Qualche momento di stanca qui e là nella parte centrale impedisce a Pieces of a Woman di aspirare a una più omogenea compattezza, ma i momenti degni di nota si sprecano e gli attori si dimostrano all’altezza della situazione. La protagonista Vanessa Kirby fa comprendere sin dal piano-sequenza iniziale quanto sia a suo agio nelle vesti di un personaggio così dinamico, e lo stesso Shia LaBeouf convola a nozze con un ruolo fatto d’impulsi rabbiosi che pare scritto su misura per lui. Naturalmente a lasciare il segno è la sempre immensa e raffinata Ellen Burstyn, a cui sono dedicate poche ma incisive scene e, soprattutto, un monologo sul finale davvero bello.
Malgrado i non trascurabili difetti elencati, Pieces of a Woman rimane un film molto buono, d’interesse per il realismo della costruzione di relazioni umane e una regia ben asservita alla tematica del lutto. Ma forse, per la parola “capolavoro” ad esso attribuitagli da molti, è meglio cercare in altri lidi.