Dopo la reunion dei Libertines e l’uscita di Anthems for Doomed Youth nello scorso anno, Pete Doherty non si è stancato di continuare a suonare e ad esaltare i suoi fans producendo nuova musica.
Il primo segnale di un suo nuovo ipotetico disco solista ci è arrivato a luglio con la versione strumentale di un inedito singolo che poi nello scorso ottobre si è rivelato essere I Don’t Love Anyone (But You’re Not Just Anyone), il primo estratto del suo secondo album, con un fantastico videoclip che trovate qui sotto.
Con la pubblicazione di questo primo singolo, il frontman dei Libertines annuncia anche l’uscita dell’intero disco per il 2 dicembre, anticipandone anche il titolo Hamburg Demonstrations: si tratta di un lavoro complessivamente valido, ben lontano dal sound dei pezzi del precedente Grace/Wastelands (2009) come I Am The Rain e The Last Of The English Roses, ma anzi più vicino proprio all’ultimo dei Libertines.
La prima traccia Kolly Kimber, pubblicata anche come secondo singolo lo scorso 21 novembre, è una deliziosa ballad folk rock con un ritornello orecchiabile e che entra in testa facilmente sin dal primo ascolto, mentre la seconda Down For The Outing è visibilmente più sperimentale, con un ritmo lento e che varia più volte durante il pezzo. Come terza traccia troviamo Birdcage, il featuring con Suzie Martin del 2012 che con questa romantica alternanza vocalica uomo/donna si va a collocare sicuramente tra le migliori dell’album, seguita dalla più frizzante Hell to Pay at the Gates of Heaven, già suonata in più live di diversi mesi fa.
Subito dopo è il turno di Flags From The Old Regime, un pezzo molto leggero dalle melodie malinconiche e nostalgiche, seguito da una versione alternativa della sopra citata I Don’t Love Anyone (But You’re Not Just Anyone), che invece troviamo in versionale originale come nona traccia. Ma a parte questo brano, che probabilmente è il migliore dell’intero lavoro, la parte finale del disco non è sicuramente degna di lode: A Spy in the House of Love e Oily Boker (rispettivamente settima e ottava traccia) sono molto sperimentali ma risultano alquanto insipide e noiose, mentre la doppietta finale è salvata parzialmente dal ritornello orecchiabile di The Whole World Is Our Playground e dalle armoniose melodie di She Is Far.
In generale, con Hamburg Demonstrations Pete Doherty ci conferma ancora una volta che la sua vena artistica non si è per niente esaurita, mettendo a tacere ancora una volta coloro che lo davano per finito durante il rehab in Thailandia. Il disco molto probabilmente non è collocabile tra i migliori di questo 2016, ma risulta sicuramente un gran bel regalo per chi ha amato il rocker maledetto nei Libertines e nei Babyshambles nell’apice della sua carriera.