Lo scorso fine settimana sono partito per un viaggio lungo ed avventuroso. Pur rimanendo comodamente sdraiato sul divano di casa ho visitato le silenziose e sconfinate Terre del Nord, ho navigato il versante meridionale del Mediterraneo e trovato riparo dallo scirocco rifugiandomi tra le conifere imbiancate. Ho visto la neve cadere e coprire il paesaggio, mentre uno scacciapensieri vibrava nella mia testa e con un ritmo sincopato e frenetico mi ordinava di ballare. Voci di madri del Nord mi parlavano e io rispondevo loro in una lingua calda, ma che non conosco.
No, l’acido lisergico non c’entra nulla. Anche se su di uno spirito particolarmente incline la musica, a volte, può generare visioni simili. Il viaggio è stato innescato dall’ascolto di due album che apparentemente non hanno nulla in comune, se non la data di uscita. Il 22 marzo 2024. Ma che condividono la stessa natura profonda.
Il primo si chiama Perì Fiuseos ed è stato autoprodotto da Lorenzo Minozzi, produttore e compositore romano classe ’97, formatosi artisticamente e professionalmente a Los Angeles. Il disco nasce da un viaggio (vero questa volta) di ricerca , come sottolinea il nome di origine parmenidea dell’album, che Lorenzo ha compiuto nel Nord Europa, da Skjolden, villaggio che sorge lungo i fiordi norvegesi, a Brunico, passando nella foresta nera tedesca nei pressi di Tubinga. Il produttore romano durante le sue tappe ha registrato suoni e voci del paesaggio nordico e, una volta in studio, ha dato vita a queste sei bellissime tracce che compongono l’opera, e che hanno tutta l’aria del diario di viaggio con appunti e note. Andando ben oltre, Minozzi ha disegnato una mappa accurata ed emotiva del proprio viaggio in cui ogni luogo, ogni tappa, bucano la bidimensionalità della cartolina e ci restituiscono la loro singolare profondità.
Il secondo, Fan di go-Dratta uscito per Stellare, agli antipodi delle atmosfere sospese e perenni di Perì Fiuseos, è un’esplosione di vitalità, ritmo e sincretismo musicale. Il produttore palermitano si dà l’obiettivo di lasciarsi influenzare e portare dalle correnti ritmiche e melodiche che da millenni attraversano e increspano il mediterraneo e ci riesce bene. Anche Fan, disco di sette tracce tutte molto danzerecce, si configura, come un mélange di suoni e culture, ma se per Minozzi si poteva trattare di un incursione in terre nuove e sconosciute, e per questo affascinanti, per go-Dratta si tratta di una ricognizione più familiare, pur condita da qualche traccia di esotismo. Come per millenni la Sicilia è stata punto fertile d’incontro per popoli e culture, così Fan diventa il calderone in cui l’autore mescola sapientemente (mixa, direi) drums IDM e ritmi arcaici, arpeggi digitali e melodie tradizionali ed etniche.
Da Nord a Sud, dalla terra dei Cimmeri a quella dei Lestrigoni. Due dischi che vanno dalla luce bianca e fredda al caldo secco del deserto, dalle terre congelate nell’eternità dal ghiaccio artico alle terre sempre nuove e vive, attraversate da una miriade di popoli millenari, del Mare del Sud. Da Skjolden a Tunisi, Minozzi e go-Dratta disegnano mappe i cui confini sfumano, e traiettorie sempre centrifughe, ed invitano l’ascoltatore a vagare per territori sconosciuti, ma che comunque gli parlano, e luoghi familiari, inesauribili fonti di rinnovamento e conoscenza, cercando sempre di superare quel limite. Di spostare l’orizzonte sempre più in là.