Di tutte le cose che avrei pensato di fare appena varcata la soglia dei 30, scegliere la foto del necrologio (e poi scriverlo!) di un mio amico era l’ultima, anzi, non era assolutamente contemplata. Andrea Guagneli, per tutti Guagno, dei Brothers in Law, ma anche degli Havah e di un altro trilione di gruppi, ha deciso di andarsene lasciandoci tutti qui.
In un universo di wannabes, in cui la nostra generazione è obbligata ad ostentare una cultura dell’ultima ora, scavata su libreschi trafiletti di questa o quella rivista, a Guagno la musica piaceva davvero. E gli aveva cambiato la vita, come l’ha cambiata a tutti noi. Ed è per questo che lo conoscevamo. Al di là dei meriti musicali in cui non entrerò in quanto, seppur i ragazzi de L’Indiependente mi abbiano dato in passato la possibilità di “Lester Bangsare” su queste pagine in passato, da amica e da produttrice di qualche concerto di Andrea a Napoli, vorrei ricordarne la lezione.
Quando qualcuno se ne va, in maniera volontaria o meno, quello che ci lascia è la sua eredità. Andrea ci ha lasciato una collezione di dischi meravigliosa ed una lezione importante: è ok essere fragili, va bene essere deboli. Va bene cercare di dire a tutti che si soffre e che si sta trovando una via d’uscita. In una società che ci obbliga all’apparenza ed alla falsa discrezione, esser fragili è un obbligo morale.
Nessuno di noi sa e saprà mai cosa ha reso la vita di Guagno invivibile, perché ha deciso di negarci il suo sorriso ed una Rossini (ABORTO!) con lui a fine serata. Sappiamo solo che le vie che uno si scava dentro sono le più pericolose, perché sono quelle su cui non batte il sole. La prossima volta che non sentiamo qualcuno da tanto o che abbiamo detto troppi no a una birra, ricordiamoci di Guagno.
Scusaci Andrea se non siamo stati capaci di ascoltarti, scusaci per quello che non siamo stati capaci di guarire, scusa me per questo necrologio.
Il mio pensiero va a chiunque tu consideravi la tua famiglia, ai piccoli Be Forest, con cuori troppo giovani e teneri per superare questo, ai regaz di Pesaro e Fano, a chi ti amava: ragazzi siamo con voi, non siete soli.
E comunque, avrei potuto scegliere le tue bellissime foto in tour, avrei potuto ostentare quelle che ti ritraggono come il bellissimo ragazzo sorridente che sei, ma ho scelto poi una tra le tue preferite, e forse quella che ci ha insegnato che la debolezza è un valore aggiunto, che mettevi ogni volta che il tuo passato tornava a bussarti alla porta.
Grazie Andre, per tutto quello che ci lasci e per averci fatto ritrovare in tanti oggi. Guarda quanti siamo. E siamo grati di averti conosciuto.
P.S: Grazie a Chiara P., che ha fortemente editato tutti i miei errori di battitura, mi ha offerto una casa, dell’alcol e l’ascolto di Darklands