Per Pippa Bacca: L’abito bianco di Nathalie Léger

Leggere Nathalie Léger mi ricorda un po’ Annie Ernaux, ciascuna a suo modo sa raccontare bene la storia che diventa vita e la vita che diventa storia, senza mai tralasciare testimonianze, parole, film, canzoni, libri, personaggi e volti che per quelle storie (la loro, quella di tutti gli altri) sono essenziali.

Dopo aver approfondito il profilo di Barbara Loden, Nathalie Léger ha deciso di concentrare le sue ricerche su un altro faldone di documenti e cenni biografici, quello dedicato a Pippa Bacca, una giovane artista scomparsa troppo presto. Questo studio ha portato alla pubblicazione di La robe blanche, in italiano L’abito bianco – pubblicato come il precedente da La nuova frontiera, nella traduzione dal francese a cura di Tiziana Lo Porto.

Chiamatela Pippa Bacca. è morta a trentatré anni.

La copertina de L’abito bianco; Nathalie Léger

Alla storia e alla figura di Giuseppina Pasqualino di Marineo, nipote da parte materna di Piero Manzoni e conosciuta come Pippa Bacca, Léger si avvicina dopo aver visto La Mariée (La Sposa), un documentario di Joël Curtz uscito nel 2012, appena quattro anni dopo la morte di Pippa avvenuta per mano violenta.

Nata negli anni Settanta a Milano, Pippa Bacca è un’artista con all’attivo numerose mostre e performance e nel 2008 viene violentata e uccisa durante il suo Sposa in Viaggio – Bride on Tour: un viaggio in autostop lungo l’est Europa, quel periplo ancestrale alla volta di Gerusalemme, intrapreso indossando simbolicamente un abito da sposa attraversando paesi che avevano recentemente conosciuto la guerra. L’idea, che le venne in occasione del matrimonio di una cara amica, era quella di rendere eterno un vestito che solitamente si usa solo in un giorno e per poche ore. L’abito da sposa si sporca, si impregna di materia e di storia, conosce gente e volti, sofferenza e gioia. A Milano restava ad aspettarla un secondo abito, intatto, a cui sarebbe stato poi affiancato quello vissuto del viaggio.

[…] una sposa che si lancia sotto un cielo grigio per salvare il mondo.

L’abito bianco, letteralmente, è ampio e accogliente, composto da tre parti: la parte inferiore, una gonna a forma di giglio composta da tanti petali (questi ultimi staccabili, come vedi) quanti saranno i paesi attraversati e corredati da uno strascico; una mantella che poteva fungere anche da velo per coprire il capo nelle situazioni in cui ce ne fosse stato il bisogno e una giacchetta. Completano il tutto le scarpe da sposa col tacco, perché non si tratta di una performance facile, e una fascia creata all’uncinetto dalla stessa artista.

L’idea di Pippa, oltre al viaggio, presuppone una lavanda dei piedi a tutte le ostetriche che incrocia sul suo cammino tramite associazioni e contatti sul territorio. Una possibile madre che incontra altre madri, le ringrazia, pone loro domande, le ascolta. Una sposa che parte per il mondo, vi si immerge e, con questo, diventa tutt’uno.

Mi piace credere che la ragazza che si lancia sulle strade d’Europa in bianco nuziale per salvare il mondo, non si identifichi del tutto con il candore del suo abito immacolato, e che la sua ingenuità non sia anch’essa, che finta, una logica ferrea per immergersi nella propria inquietudine.

Il vestito si sporca, bisogna lavarlo come meglio si riesce lungo il tragitto. Prima della partenza, Pippa Bacca organizza, nel cortile di via Argelati 47 a Milano, un grande falò a cui sono invitati amici e conoscenti. L’invito prevede che venga bruciato qualcosa di significativo, allo scopo di prendere parte al progetto aiutandola nella realizzazione della lascivia. Poi l’otto marzo del 2008 Bacca parte, ma non da sola. Con lei c’è Silvia Moro, l’altra metà del tour. Purtroppo morirà sola a Gebze in Turchia, per mano di un uomo che ha tradito la sua fiducia. Poi tradito lui stesso dalla leggerezza con cui, dopo il fatto, si è permesso di usare il telefono di Pippa.

Il progetto Sposa in viaggio è costruito, infatti, su un profondo patto di fiducia. Ci si affida totalmente alle persone che si incrociano durante il cammino. Per antonomasia e, appunto, per questo carattere provvidenziale, fare l’autostop è da sempre una pratica scansata con una certa diffidenza. Pippa, abituata a muoversi chiedendo passaggi fin da piccola in compagnia di mamma, non ha avuto paura.

Se ai più tutto questo poteva sembrare infondato e privo di logica, per lei ce l’aveva. Aveva quel coraggio pieno di vita essenziale per farlo, come dichiarato poi da sua madre ai giornalisti che chiedono com’è stato possibile che l’avesse lasciata partire, trentenne, per un viaggio così pericoloso: “Non basta dare loro la vita, bisogna dare loro anche il coraggio di vivere, di vivere intensamente, di vivere e non solo di sopravvivere.”

Vivere intensamente, buttarsi nel mondo per raccontare, esistere in nome della sorellanza. Come ci ricorda Nathalie Léger, facendo cenno tra le altre cose nell’Abito bianco anche alle tantissime testimonianze di donne che un’altra autrice, Svjatlana Aleksievič, usa per raccontare la guerra: più che una storia appunto di guerra, stava tramandando una storia dei sentimenti espressi nella loro voce originaria. Ed è quello che voleva fare Pippa Bacca con la sua performance.

Ciò che probabilmente voleva fare Pippa Bacca è raccogliere la voce viva della generosità, l’originale della bontà, del coraggio, raccogliere le testimonianze di un’affermazione potente che si incarna incessantemente in eventi minuscoli.  

Dicevamo, all’inizio, col parallelismo Ernaux/Léger delle voci che si sovrappongono per raccontare la storia, per dar voce alle donne e alle ingiustizie che sono costrette a subire da sempre. Infatti anche questa volta con L’abito bianco Nathalie Léger incrocia più sguardi, mescola aneddoti e ricordi, cerca risposte. Sotto la storia di Pippa Bacca e la sua tragica e prematura fine, troviamo la storia personale dell’autrice, o meglio quella di sua mamma. Al centro c’è una profonda infelicità coniugale in seguito tramutata in un senso di ingiustizia che nessuno meriterebbe nella vita. La stessa ingiustizia che è toccata in sorte a Pippa Bacca, serena e sorridente sposa in viaggio.

Da vedere, per ricordare Pippa Bacca anche il documentario Mi sono innamorato di Pippa Bacca (2019, regia di Simone Manetti).

La foto che ritrae Nathalie Léger è di Frédéric Stucin. Tutte le foto di Pippa Bacca e del suo Sposa in viaggio presenti nell’articolo sono pubblicate sul sito pippabacca.it.
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