Chi ha paura del News Feed di Facebook

Tanti editori pensano di avere un pubblico, quando in realtà quello che hanno è traffico. Penso che stiamo per scoprire chi ha davvero un pubblico”. Casey Newton è un giornalista di The Verge, il network d’area tecnologica del gruppo digitale Vox Media, e ha salutato così su Twitter i cambiamenti che Mark Zuckerberg ha annunciato nel news feed di Facebook. Nel prossimo futuro il social network statunitense valorizzerà i post di amici e parenti a discapito di quelli delle pagine, dunque di aziende, editori e affini. Per capire nel dettaglio cosa accadrà e cosa sarà realmente più visibile nel nostro feed bisognerà aspettare, ma la scelta di Zuckerberg ha già messo in modo infinite diatribe – con la preoccupazione di chi negli ultimi anni ha costruito il proprio successo e la propria crescita investendo su Facebook. La domanda provocatoria di Newton parte proprio da qui: siete sicuri di aver costruito un pubblico (affiliato/fidelizzato al prodotto), e non semplice traffico? – generato a casaccio da una serie di articoli specchietti per le allodole lanciati sul social per dirottare traffico sul sito?

In un mondo ideale, con le modifiche al feed di Facebook, i nodi potrebbero venire al pettine. Tanto che c’è chi va decisamente controcorrente con le previsioni come l’Atlantic (qui tradotto in italiano), che parla di un grande favore di Facebook ai mezzi di informazione – dovrebbero ringraziarlo, scrive Franklin Foer, perché i giornali torneranno a fare i conti con il fatto che il traffico che viene da Facebook non sosterrà il giornalismo, che solo la qualità ne verrà fuori premiata, che il concetto di fidelizzazione a un giornale diventerà irrimediabilmente più importante della caccia aperta al singolo pezzo che porta visibilità grazie al click. Sarà la fine dei grandi imperatori di mistificazione e demagogia?

Si tratta di una previsione allegra. Parallelamente i mezzi di informazione sono consapevoli della svolta, e ognuno si attrezza come può. In alcuni casi assistiamo a una moltiplicazione degli appelli dalle pagine Facebook di progetti editoriali, magazine e affini, a impostare l’opzione “mostra per primi” su Facebook, che si affida – anche qui in modo decisamente allegro – alla mobilitazione degli utenti, e a un’augurata fidelizzazione. Ma esiste ancora questa fidelizzazione? L’abitudine al giornale-Frankestein che si costruisce da solo sotto i nostri occhi è andata troppo oltre per tornare a fare i conti con la singola homepage e la fiducia?

Uno degli auspici promozionali dell’azienda di Zuckerberg è quello di rendere Facebook un luogo al riparo dalla mistificazione delle fake news e della propaganda politica: tornare alle origini, quando l’obiettivo era un più naif mettere a contatto le persone, gli amici, i conoscenti. Presto questa connettività globale si è rivelata una grande occasione per mercato e targettizzazione. Non c’è stata solo l’irruzione di progetti editoriali nati in quell’era che hanno sfruttato le potenzialità di questo grande bacino di “nuovi lettori” (- in verità utenti), ma anche quella di figure a corollario che grazie a social marketing e analisi tentavano di promuovere meglio prodotti e sfruttare i propri bacini/utenti. Presto il marketing ha preso al colletto le parole.

Nel migliore dei mondi possibili l’immaginazione potrebbe essere tentata di pensare che la qualità ne verrà fuori premiata, che i giornali di carta torneranno a ri-conquistare il loro spazio, che saranno le migliori homepage ad attirare e fidelizzare i lettori, e che l’utente tornerà a rifugiarsi nel suo spazio privato – non più ossessionato e bombardato da “specchietti per le allodole”. Ma viviamo in un mondo più crudamente realistico, dove è difficile immaginare che Facebook rinuncerà agli introiti dei suoi maggiori investitori – probabilmente il meccanismo sarà soltanto quello di investire di più, in termini di denaro e di contenuti più facilmente condivisibili da persone, amici e parenti. Le previsioni insomma lasciano il tempo che trovano, al momento.

Resta al fondo la sensazione che negli ultimi anni Facebook abbia avuto un enorme impatto nell’orientare scelte editoriali a livello globale – tanto da essere definito come un vero e proprio super-editore su scala internazionale, dalla natura neo-coloniale. E tutte le paure e le ansie intorno al nuovo News Feed del social network, confermano quanto abbia influenzato profondamente i mezzi di informazione e il loro traffico. Siamo rimasti per un po’ ad assistere al trend di notizie e post accompagnati dall’appello alla condivisione (condividi e fai girare), persino alla natura demagogica di certe pratiche, al pane quotidiano delle notizie da combattimento costruite sul semplice titolo-urlo. Ma ora che ci ritroveremo più a stretto contatto nella safety-zone dei nostri amici e conoscenti andrà meglio?

Sarà una questione di scelta, come sempre. Mettere da parte l’ansia per il traffico e tornare a coltivare pubblici consapevoli potrebbe rivelarsi un’illusione, ma in un mondo in cui sono emersi “traffici” insensati, conservatorismi, fanatismi, e demagogie del potere, forse ce lo meriteremmo. Tornare al pubblico, quindi al lettore.

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