Paul Banks – Banks

Il fatto di non riuscire a distinguere la produzione di Paul Banks da quella del suo progetto più conosciuto, gli Interpol, potrebbe diventare una bella favola per orecchie se incappi in pezzi come Lisbon, strumentale che riesce a rapire persino le orecchie di novellini degli Interpol, quasi un pezzo di musica classica per post-punkettoni del ventunesimo secolo, una cavalcata delle valchirie per spiriti più pop. Forse è un Lp leggermente inferiore all’altro progetto solista di Banks, Julian Plenti: nello Skyscraper i sound e gli intervalli interpolliani erano meno presenti, ma lo stesso si riusciva a sentire la mano quasi inconfondibile del nostro. Del resto, se c’è una cosa di cui dobbiamo essere grati a Paul Banks è quella di aver creato un certo marchio distintivo del sound, e lo si può godere anche qui, si pensi al singolo The Base.

Ad essere onesti stanno tutti stroncando Paul Banks-Julian Plenti, ma è un problema che tocca spesso a chi riesce a fare dischi come Turn on the bright lights. Il senso è che una persona è una persona sola, con tutto il suo stile di cantato e di suonato, il cantautorato che metti dentro un progetto fa parte di quello stile, è creativo, così la prima volta rischia di stupire tutti e il giorno dopo ci aspettiamo che inventi punto e bianco qualcos’altro di diverso, e invece sta semplicemente confermando quello che sa fare: il problema è che noi abbiamo già sentito troppo spesso Leif Erikson, e ci ha così emozionato che oggi restiamo delusi di fronte a pezzi come Summertime is coming, però cara critica mettetevi voi alla chitarra a comporre, fatevi venire una buona idea, e create una colonna sonora decente per questo secolo! Non ci siete riusciti? Non vi torna alla testa un certo sound come Another Chance, o un certo modo di scrivere testi del genere “there’s something wrong with my brain“? È vero, è difficile!

Come è difficile stare a sempre a passo col genio. Non si possono sempre fabbricare testi come Pioneer to the falls o Slow hands. C’è il sacrosanto rischio e diritto di ripetersi. Ma siamo tutti vittime della routine. Quanti caffè prendete al giorno aspettandovi di trovare lo stesso sapore? Poi se non è così, vi lamentate!

Matador, 2012

Tracklist:

  1. The Base
  2. Over My Shoulder
  3. Arise, Awake
  4. Young Again
  5. Lisbon
  6. I’ll Sue You
  7. Paid For That
  8. Another Chance
  9. No Mistakes
  10. Summertime Is Coming
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