Ought – More Than Any Other Day

Prima o poi arriva. Quella sensazione che dura qualche secondo, in quel preciso istante della tua vita, un momento in cui sei convinto che tu abbia vissuto qualcosa in maniera così intensa che quel giorno sia diverso da tutti gli altri. Un’emozione che sia viva oggi più che qualsiasi altro giorno. Una sorta di carpe diem insomma in cui far scivolare questioni esistenziali e semplici scazzi quotidiani. Questa sensazione messa in musica prende la forma di otto canzoni che più che un disco sono un fluire di momenti che si alternano richiamando quasi l’ascolto di un live.

I canadesi Ought debuttano con il loro More Than Any Other Day, un piccolo gioiello di post-punk dove la scena viene catturata dalle schitarrate e dall’irregolarità dei brani. Gli Ought sono in quattro e vengono da una dozzina di altri progetti paralleli più o meno conosciuti nella zona di Montreal. Dopo due release targate 2013 e pubblicate sul web via webcam ecco la firma per la Constellation. Il risultato è un debut album compatto e vario, una raccolta di suite più che un disco per come si è abituati a ricordarlo. Il biglietto da visita è Pleasant Heart, un riff di chitarra loffio da il via ad una ritmica complessa e irregolare. Un poligono dalle molte facce che alterna momenti in cui a prevalere il rock a fasi di stasi e ripartenza che avvolgo subito la mente. Il tutto viene interrotto dalla voce rabbiosa e indisponente di Tim Beeler, per certi versi un John Lydon in piena fase PIL.

La quasi-title-track parte con un post-rock in cui l’ingresso della voce spezza l’atmosfera, il brano improvvisamente cresce in un turbinio di we’re sinking deeper. Sempre più giù, sempre più veloce fino ad un one-two-three-well! che fa finalmente ingranare la marcia. Habit ci fa viaggiare nei territori dei Talking Heads, The Weather Song ci porta in quelli dell’indie matematico e squadrato di inizio millennio. Ogni pezzo nasconde sempre una particolarità, anche Around Again che dietro una sobrietà presenta un momento quasi rap con la voce in sospeso a rincorrersi da sola per poi sfociare in una svolta più dark rispetto alla prima parte. Gemini chiude quella che ha tutta l’aria di essere una lunga recording session alla vecchia maniera ribadendo il carattere vario di questo progetto.

La giornata degli Ought è lunga e complessa, non sarà certamente così facile arrivare alla notte ma l’imprevedibilità è una caratteristica fondamentale per chi vuole vivere a pieno la propria vita. Attaccarsi ad una sensazione e strapparsela di dosso con le unghie, difenderla coi denti e dire con orgoglio che, si, oggi più di qualsiasi altro giorno è valsa la pena esserci.

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