La necessità di andare oltre l’evidenza è solo l’effetto del periodo paradossale in cui viviamo, in cui tutto sembra riprodurre una risposta che non capiamo. Così distante dall’ordine delle cose da sembrare una caricatura del ridicolo. Non vi state sbagliando. Non del tutto almeno. Non ci ritrovassimo in una complicata serie di malintesi che, a regola d’arte, ha stravolto ogni significato. E ciò che è – era – umano, etico, morale si è trasformato in buonista, radical chic, borioso. Un bombardamento che è stato in grado di sfruttare sia l’eredità dell’appiattimento berlusconiano che l’incapacità di creare alternative coerenti e informate in grado di trasformare la situazione. Il coraggio mancato di innovare e progredire, pur presente nel renzismo iniziale ma finito in una campagna di autocelebrazione che non riesce a dichiararsi nemmeno sconfitta, ha aperto le porte a un acerbo populismo a cinque stelle che si è sostituito nel ruolo di raccogliere gli strati più fragili della società, di indirizzarla o fornirgli gli strumenti necessari per crescere, lasciandola sola. Improvvisamente l’uno vale uno, legittimato nella cabina elettorale dalla democrazia, ha preso posto nell’opinione pubblica, dando a un gran numero di persone l’illusione di potersi esprimere su tutto, arrivando a trasformare un dualismo di viscere e l’esperienza indiretta su siti di dubbia validità scientifica, non solo in una verità accettabile ma in una certezza assoluta, fomentata da comizi virtuali in cui ognuno aveva la stessa parte equamente divisa di ragione. Gli studi e le letture canoniche sono stati scambiati per un vizio borghese, che una volta attaccato si è chiuso nelle proprie stanze per farsi custode di un sapere privato, mentre il suo ruolo doveva essere quello di scendere tra le persone. Il malcontento è una piaga che si diffonde in fretta e sono bastati pochi anni perché qualcuno ne prendesse il monopolio, non appena il Movimento si è arreso davanti all’impossibilità di realizzare le promesse fatte in campagna elettorale, snaturandosi e finendo per essere ciò contro cui lottava. Il malcontento è finito in mani tutt’altro che sciocche che fomentando l’odio, dando una sostituzione di termini efficaci, – fingendo di parlare la lingua del ‘popolo’ -, che al bene comune sostituisse il bene dei pochi cui possono accedere per un valore innato (la patria), ha creato nemici quotidiani da dargli in pasto per fomentare un senso di ubriacatura collettiva che potesse allontanare le responsabilità oggettive del proprio collasso. Una decadenza che ha avvolto i costumi, che rende la propria fiera ignoranza la vetrina di cui discutere ma che, proprio per il suo senso di paradossale assurdità, vince ogni volta che viene condannata. Vince davanti all’evidenza perché è in grado di illudere e convincere che quelli sbagliati siano gli altri. Sfrutta ogni più piccola situazione per renderla un parafulmini in grado di distogliere l’attenzione dal centro del discorso, di schivare le domande scomode e affrancarsi dal proprio ruolo pubblico per renderlo una questione privata, un errore di padre, un peccato di fiducia e – quindi – perdonabili. Dovremo affrontare una volta per tutte, guardandoli negli occhi, ricercando i motivi per cui certi pensieri siano tornati di moda, dove si è fallito e cominciare a ricostruire. Affrontare le paure e dargli una risposta, proprio dove la sinistra si è impelagata, credendo che bastasse fare la cosa giusta per convincere tutti della sua bontà. Non basteranno i simboli di opposizione per combattere norme dai tratti dittatoriali come il decreto sicurezza bis, non serviranno più le disobbedienze civili se non avranno un risvolto che più che separare cominci a riunire. Divisi si perde, divisi si fa il gioco del nemico, divisi si perde il pianeta.
Non vi state sbagliando ma parlate contro un muro eretto sul bordo di un precipizio e a nulla servirà, a posteriori, avere avuto ragione quando intorno ci saranno solo macerie che forse non saremo nemmeno in grado di raccogliere. A nulla servirà mostrare l’evidente correttezza del vostro pensiero se non saprete parlare la lingua di questi nuovi sordi. A nulla servirà se non saremo in grado di ricucire uno strappo che è si è consumato per generazioni, di quelli che non sono stati in grado di fare del bene alla propria e di quelli che non hanno pensato di lasciare in eredità qualcosa in cui spendersi. Il ministro che si toglie la camicia, in una spiaggia della Riviera, è una sconfitta democratica ma il fatto che in un numero sempre maggiore non riesca ad accorgersene lo è di più. Non basterà scrivere le migliori parole delle nostre vite, perché se non saranno in grado di comprenderle avranno lo stesso valore della carta straccia, servirà andare oltre l’evidenza, sporcarsi dello stesso fango senza farsene, per questo, sommergere. Non è detto che basterà ma sarà necessario farlo, anche se ingiusto e scomodo, perché ci sono altre questioni di cui prendersi cura, questioni che da soli non saremo in grado di risolvere, così gravi da mandare in secondo piano anche la deriva populista e sovranista che, pure, rientra fra i principali motivi della sconfitta che sembriamo destinati a vivere.
Le parole accoglienti non bastano più. Se non cambieremo totalmente saremo costretti a farlo e, probabilmente, in maniera più radicale ed estrema di quanto pensiamo. La crisi climatica ci impone un ripensamento totale delle nostre abitudini e una coscienza diffusa sull’importanza di certi gesti. Se non saremo noi a occuparcene, oggi, domani, il destino sarà la fine di tutto e non basterà accusare il migrante per sentirsi tranquilli e dimenticarsi di tutto.
Il 29 luglio il pianeta ha esaurito le sue risorse annuali. Da settimane le foreste della Siberia bruciano. Il permafrost della Groenlandia si sta sciogliendo in maniera definitiva e, dove c’era neve, ora c’è un nuovo oceano. Il Pacific Trash Vortex, l’isola di plastica sull’Oceano Pacifico, ha superato il milione di km quadrati. La Grande Barriera Corallina australiana è praticamente scomparsa o morente. Il 27% delle specie animali è a rischio estinzione. La plastica sta rapidamente cambiando l’ecosistema marino. L’aria diventa sempre più irrespirabile. I campi coltivati bruciano o vengono devastati da fenomeni meteorologici improvvisi. Nella prima metà di luglio oltre un migliaio di chilometri quadrati della Foresta Amazzonica sono stati distrutti.
In questa partita in cui tutti hanno da perdere, anche i nostri nemici sono quotati a zero. Perché il cataclisma è democratico e colpisce anche chi non lo vuole vedere e preferisce fare giochi di palazzo, mostrarsi in spiaggia e ingannare il tempo che vive, fomentando l’individualismo delle fasce più disinteressate. Questi dati vi coinvolgono tutti e, quando non ci sarà più niente da spartire (non potere, non risorse, non lavoro), non sarete voi quelli che salveranno.