Il tempo sospeso in “Old Flowers” di Courtney Marie Andrews

Se c’è una cosa che i primi mesi di questo anno strano e doloroso che è il 2020 ci hanno insegnato, è stata quella di iniziare ad apprezzare il tempo. In un periodo in cui tutto si è fermato per un po’, molti sono rimasti immobili, pervasi da uno strano senso di impotenza, tanti sono andati avanti in modo silenzioso e mesto, mentre tutti abbiamo imparato il nuovo concetto di tempo sospeso: un tempo che passa ma durante il quale accade tutto o forse niente e noi possiamo solo osservare.

Arriva così il nuovo album di Courtney Marie Andrews, “Old Flower”, la cui uscita era prevista per giugno ma rimandata al 24 luglio per via dell’emergenza sanitaria che ha colpito il mondo intero e rallentato anche le grandi e piccole realtà discografiche. Arriva in un tempo sospeso e forse incarna alla perfezione questo concetto: il suono sommesso e acustico del settimo album dell’artista americana racconta con semplicità il tempo sospeso che segue la fine di una relazione romantica durata ben nove anni.

If I could go back now,
I’d pick you wildflowers,
Tie them in burlap string,
Tell you what you mean to me

 

La Andrews in modo immeditato, come solo gli artisti sono in grado di fare, riesce a destreggiarsi con grazia tra le parole e le melodie, dal valzer d’apertura “Burlap String” agli arpeggi della terza traccia, “If I told”, che racconta le incertezze universali dell’amore, la dolce richiesta di accettazione dei propri pregi e difetti e la domanda di una risposta sincera.

In questo album Courtney dimostra tutte le sue abilità di compositrice e le sue capacità musicali e canore, dando vita a dieci tracce incentrate sulla vulnerabilità in cui l’unica vera certezza sembra essere la straordinarietà della sua voce.

What would you say, if I told you
You’re my last thought at the end of each night?
Would you believe me,
or would you even reply?

 

L’album è stato registrato con l’accompagnamento di altri due musicisti: il polistrumentista Matthew Davidson e il batterista dei Big Thief James Krivchenia, e durante l’ascolto di questi intensi 42 minuti non si può fare a meno di pensare anche solo per un momento alla voce di Joni Mitchell e alla sua eccellente capacità di interpretare il sentimento umano. Capacità che probabilmente Courtney conosce bene e ha voluto in qualche modo far sua.

Ogni traccia è ricca di domande esistenziali e universali che solo chi ha finalmente deciso di affrontare sé stesso e mettersi a nudo ha il coraggio di porsi. Ed è proprio per accentuare l’importanza di alcuni concetti che Courtney e il suo produttore Andrew Sarlo hanno cercato di ridurre al minimo gli arrangiamenti di supporto per rendere il disco il più personale e intimo possibile.

Pur essendo come l’autrice stessa ha detto, un album post-rottura, sarebbe riduttivo affidare le sorti di Old Flower a questa definizione. Il disco ha infatti qualcosa di delicato e struggente che non diventa mai cliché e anzi spinge ad affrontare con quel pizzico di onestà in più qualsiasi tipo di amore, pur mettendo in conto la sofferenza che potrebbe derivarne.

Old Flowers è una lunga ballata dal cuore spezzato e, molti di noi, che in questo momento il cuore spezzato lo hanno davvero, sapranno apprezzarne silenziosamente la purezza.

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