L’estate è bollente. Sotto tutti i cieli soffiano venti d’afa, non si sa se troveremo il modo per riuscire ad ammansirli, o se già camminiamo sulle rovine future di una nuova Alessandria. Nel frattempo arraffiamo letture, ci aggrappiamo al tempo e vi proponiamo una refrigerante, varia e breve lista di libri da recuperare che sono usciti negli ultimi mesi.
RACCONTI
Sacrifici umani – María Fernanda Ampuero
gran vía Edizioni, traduzione di Francesca Lazzarato
Fin dalle prime pagine della raccolta di racconti di María Fernanda Ampuero, scrittrice equadoriana, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una materia fosca e abissale, la raffigurazione capovolta del nostro immaginario quotidiano. Infatti, i dodici racconti che compongono Sacrifici umani condensano temi quali la miseria nella povertà, lo scontro violento di classe e di genere, l’esperienza alienante e, ancora, brutale della migrazione, l’ingerenza gargantuesca della Chiesa nel tessuto socio-culturale nazionale, il razzismo e la disabilità. Temi che vengono eviscerati senza mai scadere nel paternalismo o nel didascalico, bensì trasfigurando una realtà quotidiana di soprusi nel suo reale orrore domestico. Ci sono donne migranti che si propongono come scrittrici di biografie a pagamento stillando un inquietante contratto con un uomo sinistro, una coppia di coniugi in crisi che si perde nel parcheggio di un centro commerciale ed è costretta ad affrontare la propria crisi coniugale, degli strani Credenti-Missionari che adescano bambini durante settimane di sciopero violento in Paese.
Il filo rosso di questi racconti è il continuo sacrificio umano richiesto agli ultimi e ai paria, a chi infesta i margini della società, in primis le donne (dall’infanzia alla vecchiaia), attraverso la penna di una scrittrice per cui queste esperienze sono tutt’altro che estranee. Il merito di María Fernanda Ampuero è avere rivelato, oltre la coltre dell’orrore, non solo i fantasmi della violenta storia dell’America latina, ma avere infuso in queste narrazioni un respiro universale, una scure che si abbatte più di frequente sulle donne, divorandole e rispuntadole ai bordi delle nazioni e dei nuclei familiari, a volte come vittime, ma anche come carnefici.
Sara Deon
LETTURE POST-COLONIALI
Questi capelli – Djaimilia Pereira de Almeida
La nuova frontiera, traduzione di Giorgio de Marchis e Marta Silvetti
[…] la storia dei miei capelli crespi interseca la storia di almeno due Paesi e, più in generale, la storia indiretta delle relazioni tra diversi continenti: una geopolitica.
Mila, voce narrante e riflesso letterario della scrittrice Djaimilia Pereira de Almeida, è la protagonista di questo libro che è saggio, memoir e romanzo post-coloniale, un gioco di generi strettamente interconnessi che racconta l’arrivo in Portogallo da Luanda, capitale dell’Angola, all’eta di tre anni. «Discendo da generazioni di alienati» dice Mila, madre angolana e padre portoghese, che si definisce «una mulatta di seconda categoria con capelli orribili». E sono questi capelli il centro focale del libro, un’indagine sull’identità personale in quanto «mulatta», sul razzismo che per le donne nere passa anche dai dettagli del proprio corpo, nonché una battaglia personale con parrucchieri e trattamenti aggressivi e disastrosi ,mai adatti alla sua identità di donna. Ma abbondano, anche, i ricordi familiari, soprattutto quelli sui nonni, e riflessioni estemporanee tipiche da flusso di coscienza, in cui Mila si sente responsabile della memoria della sua famiglia mentre lotta per trovare il proprio posto nel mondo. C’è un lungo periodo di reciproca sopportazione tra Mila e i suoi capelli, lungo quattordici anni, e poi una lenta riappropriazione anche attraverso un importante parallelo storico e una fotografia scattata a Little Rock, Arkansas, nel 1957. Mila è saggia, dissacrante, nostalgica e responsabile, ma Mila è soprattutto politica e interroga sé stessa per capire il mondo intorno a sé.
Questa è una storia di esiti fugaci: pettinature che non ho mai saputo mantenere e che, il giorno dopo, quando non lo stesso, erano già una delusione.
Alessia Ragno
POESIA
Prima Opera del Gesto – Francesco Iannone
peQuod Edizioni
Chi ti ama non si muove dalla sedia / mira il tuo petto come chi punta un arpione nella roccia / se guardo te ho visto tutto / entro nella vita con la schiettezza / di un soldato che devasta una terra / conosciuta / e non ho paura
Ospitato su queste pagine quasi tre anni fa per il suo esordio nella forma romanzo con Arruina, Francesco Iannone, salernitano, classe 1985, ritorna in libreria con la sua lontana e originaria passione poetica, pubblicando per peQuod la raccolta “Prima Opera del Gesto”. In ottanta pagine Iannone raccoglie nuove istantanee poetiche divise in tre sezioni contrassegnate da semplici numeri romani, I-II-III. Se la parte centrale è occupata prevalentemente dal componimento che dà il nome alla raccolta – un emistichio tratto da una poesia di Michele Ferrara degli Uberti – la prima e la terza invece abbandonano il vincolo del verso per lasciarsi andare a brevi componimenti in prosa poetica. Iannone – e in questo sta la sua forza – procede dritto per una sua strada che guarda a certo Novecento – anche meridionale – per affermare nel presente la possibilità di una poesia ricercata eppure immediata e semplice nell’evocazione delle immagini che la lingua riporta al palato. Montale, Luzi, Bigongiari: Iannone non cede di un millimetro davanti alle sirene dell’oggi, dedicandosi a una poesia che tiene uniti dentro sé i tratti peculiari di un suono a un tempo aspro e antico – classico nel suo essere ancorato alla parola – di un’idea di narrazione arcaica e simbolica mediata dalla ricercatezza di un colore che sa ancora di Mezzogiorno, di campagna, di vita strappata al grigiore della città e alla sua narrazione veloce e contemporanea.
Fabio Mastroserio
NARRATIVA DALL’ERA DIGITALE
Il profilo dell’altra – Irene Graziosi
E/O Edizioni
Maia ha ventisei anni, lavora come cameriera in un bar di Milano dopo aver interrotto gli studi in psicobiologia a Parigi e ha un fidanzato molto più grande di lei che di professione fa il filosofo. Gloria, invece, di anni ne appena diciotto, ma ha già scritto e pubblicato un libro di poesie ed è un’influencer seguita da due milioni di follower su Instagram. Cosa potrebbero avere in comune queste due giovani donne apparentemente così diverse? Poco o niente fino a quando Maia non comincia a lavorare per Gloria, diventando la sua consulente di immagine. Irene Graziosi ripercorre all’interno del suo romanzo d’esordio Il profilo dell’altra l’evoluzione del rapporto tra le due ragazze che, legate dalla ricerca della propria identità e di un posto nel mondo, si scoprono più simili di quanto entrambe avrebbero potuto pensare. L’autrice affronta con estrema lucidità anche temi molto attuali come la rappresentazione dell’Io sui social, il revenge porn, la body positivity, il pinkwashing e l’abuso di droghe. Un’indagine vestita da fiction sul peso che la realtà virtuale ha sulla vita di chiunque, una denuncia nei confronti delle dinamiche tossiche che nascono sul web e che si diffondono a ogni livello della società, un libro che mette al centro del dibattito le nostre insicurezze, o meglio la paura di non essere mai abbastanza per gli altri, ma anche di fronte a sé stessi.
Ilaria Del Boca
Questo post è stato rimosso – Hanna Bervoets
Mondadori, traduzione di Francesco Panzeri
Ma come diavolo hai fatto a resistere in condizioni del genere?
Non tutte le persone accettano le stesse condizioni per lavorare: da una parte c’è chi non si lascerebbe mai sottomettere e dall’altra chi si abitua più o meno in fretta a qualsiasi tipo di richiesta. A quest’ultimo gruppo appartiene Kayleigh, una ragazza che per ragioni economiche acconsente alla proposta di diventare moderatrice di contenuti all’interno di Hexa, un’azienda che si occupa di controllare i post pubblicati su una piattaforma social. Dopo poco tempo sia lei che i suoi colleghi iniziano a comprendere la difficoltà di mantenere buoni standard lavorativi senza uscire di testa. Per diverse ore consecutive al giorno, questo gruppo è infatti costretto a visionare immagini violente di ogni tipo, farcite da un linguaggio razzista e omofobo, con l’obiettivo di analizzarle il più velocemente possibile. L’impatto psicologico di questa mansione può essere devastante su ogni essere umano. E così è anche per loro: iniziano ad alienarsi, a fare uso di alcol e di sostanze stupefacenti e a sentirsi sempre più vacillare dentro e fuori da Hexa. Questo post è stato rimosso è un romanzo breve dal finale aperto che, più di qualsiasi altra distopia, ferisce e disturba perché racconta la realtà in cui siamo immersi oggi.
Ilaria Del Boca
BIO-VISIONI
L’ultimo atto del signor Beckett – Maylis Besserie
Voland, traduzione di Daniele Petruccioli
Svegliarsi una mattina immaginando di trovarsi dentro la testa di Samuel Beckett è l’esperienza lisergica di Maylis Besserie, scrittrice francese che con L’ultimo atto del signor Beckett lascia che a parlare sia la voce dello scrittore irlandese dalla casa di riposo Le Tiers-Temps – dove Beckett ha trascorso gli ultimi giorni della sua vicenda umana nel 1989 a Parigi. Da un tentativo del genere non c’è da aspettarsi niente di disteso; c’è teatro e palpitazione, istinto, gioco, riemersioni joyciane, flashback, e battaglie che sono monologhi dispersivi da rotolamento sul letto col cervello aperto. Maylis Besserie non vuole imitare nessuno, solo cercare di riprodurre il movimento inquieto di una mente luminescente nei suoi ultimi giorni. Consapevole del rischio di camminare sul ciglio di un burrone, il libro in atti di Maylis Besserie è una sfida al fallimento a colpi di parole e allucinazioni. Un frammento bio-visionario prima della chiusa del grande Sipario.
Gio Taverni
Elliott Smith, Going Nowhere – Holdenaccio
BAO
A un certo momento, nel fumetto che Holdenaccio ha dedicato alla vita di Elliott Smith, un giovane Elliott ascolta per caso le parole di Angela Davis e per reazione prova un vuoto, si sente nullificato nella sua aspirazione di fare il musicista. Holdenaccio prova a restituire sulla pagina il complesso mondo di Elliott Smith con i suoi tormenti e le sue ombre scure. Elliott prova imbarazzo a raccontare la giovinezza trascorsa in Texas e le molestie del patrigno; è un insicuro, non riesce a credere abbastanza nella musica che compone ossessivamente alla chitarra; persino quando la sua parabola improvvisamente si trasforma in una storia di successo e granate hollywoodiane, Elliott Smith diserta, si chiama fuori, prende in mano il coltello e la fa finita. Smith era un sincero purosangue, un talento immediato e visionario del suono; tutta la sua passione e la sua tragedia riverberano ancora nelle sue canzoni. A Distorted Reality Is Now a Necessity To Be Free – nelle pagine finali c’è solo una scritta su sfondo nero, il coltello e le bottiglie rotte come stelle frantumate cadute dal cielo.
Gio Taverni