Nella vita tocca essere, buona parte delle volte, bravi ma anche fortunati. Bravi nel saper sfruttare e valorizzare un posto, fortunati perché certi gioiellini non toccano mica a tutti. È il caso di Ortigia: isolotto che costituisce la parte più antica della città di Siracusa. Da una parte il mare, immenso e blu; dall’altra la storia e il respiro immortale di una civiltà che ha dato genesi e sostanza al termine cultura.
In questo meraviglioso contesto, reso ancora più bianco e sospeso nel tempo dal forte sole di Luglio, prende vita l’Ortigia Sound System – quest’anno giunto al suo primo lustro.
Chiaramente fortunati, ma sicuramente bravi. Perché quello che ne viene fuori è un progetto benedetto dal mare e dai fantastici ambienti che l’isola regala, ma che gli organizzatori sono in grado di sfruttare al meglio. Regalando ai partecipanti giornalieri piccoli e veri miracoli, tra le note che si fondono ai colori del tramonto; musica elettronica che trova casa negli edifici storici; un mix di artisti, correnti e anche culture concentrati in questo piccolo paradiso circondato dal mare. Tra chi viene da lontano, tanto lontano come Omar Souleyman e chi da lontano è venuto, per poi restare, perdutamente innamorato come Erlend Øye. Un festival capace di creare una suggestione dopo l’altra, tra contrasti da cui nascono incantesimi incantatori e sano relax, dove si gode delle ferie con un drink in mano.
E il tutto quest’anno ha avuto inizio con la classe che solo il gruppo francese dei Nouvelle Vague poteva regalare.
Arrivare a Ortigia, nel caldo pesante estivo, è un po’ come perdersi e non voler ritrovarsi. Smarrirsi tra i vicoletti e impiegare un po’ prima di costruirsi un orientamento, fino a scoprire che è tutto così vicino, e bello (perdonate la banalità, ma non esiste parola più piena e così semplicemente adatta a ciò che vi attende lì). Soprattutto se all’attesa di un concerto, e prima di qualsiasi operazione ricognitiva per capire dove sarà, il concerto, accompagni una granita. D’altro canto è il lato della Sicilia giusta per non farsela mancare.
La sensazione è quella di accedere a una bolla che solo lo stato di isola, nel bene e nel male, può dare.
L’imbarco su una delle barche che conterranno gli spettatori avviene da uno dei ponti di collegamento tra la città e l’isola. La comunicazione fumosa in merito agli orari di partenza ci rende tutti un po’ stanchi, accaldati, frementi. Ma diamo merito all’imprecisione sicula di dare comunque il tempo di rimediare alle dimenticanze: non vorrete mica salpare per un boat concert senza un costume addosso.
Intorno alle 18:30 finalmente partiamo, e di fronte al mare che si apre ai nostri occhi e a un sole nelle sue prime fasi calanti, sfuma anche l’impazienza.
Non è specificato, ma nel prezzo del biglietto è incluso un fantastico giro in barca, da Ortigia fino al quadrato di mare adibito a platea dove ci conducono le barche. Perso anch’esso nel tempo nello spazio. E finalmente li vediamo, su un’altra imbarcazione più grande e alta: i Nouvelle Vague. Olivier Libaux e Marc Collins, nella loro odierna formazione con le bellissime Julia Jean-Baptiste e Mélanie Pain. Le tre barche del pubblico si posizionano a formare una zona protetta di mare, dalle cui angolazioni è possibile apprezzare l’eleganza della band.
Il concerto inizia alle 19 passate, il sole quasi del tutto scomparso oltre il livello del mare. Con l’inizio della prima canzone arrivano anche le paroline magiche: adesso potete tuffarvi in acqua. Sì, perché uno dei miracoli dell’Ortigia Sound System è quello di dare la possibilità di godersi la vita, in un momento di piena comunione tra natura e musica. Ognuna delle quali, ad Ortigia, arriva a toccare punte di raro splendore.
La band francese – famosa per la rivisitazione personale e caratteristica di grandi pezzi della storia della musica – regala un’ora abbondante di concerto, passando dai loro ormai classici ai pezzi più recenti dell’ultimo album I Could Be Happy.
Il concerto tocca tutti i pezzi che vogliamo ascoltare: Guns of Brixton, Ever Fallen in Love, Too Drunk To Fuck. Le due cantanti giocano tra di loro, scherzano col pubblico. Che vita dura, eh – è la battuta che in tono ironico più volte ci rivolgono. Tra i ritmi soffici del loro stile e l’acqua neanche troppo fredda, la vita in fondo non è mai stata così dura. Lo stesso vale per le persone rimaste sulle barche, che possono comunque godere dell’atmosfera, ballare tenendo in mano un drink. Si crea quasi un rapporto alla pari, tra noi che ci divertiamo – c’è chi abbozza un tentativo di pogo in acqua e chi si beffa della vita fumando una sigaretta appollaiato su una delle ciambelle a disposizione – e loro che vogliono fare altrettanto. Far godere del proprio talento e a loro volta godersi il momento.
C’è complicità tra le due cantanti: giocano col corpo e con le voci, nello scambio tra una canzone e l’altra. Dal ritmo di Just Can’t Get Enough e il richiamo a Ian Curtis prima di Love will Tear Us Apart. Per concludere nel migliore dei modi con In a Manner of Speaking, già pervasi dalla malinconia.
Quello dei Nouvelle Vague è un concerto breve ma denso, indimenticabile per ogni senso di cui siamo dotati. Tanti i brividi – e non solo di freddo, quando si esce fuori dall’acqua ed è già buio e si è stati così incauti da non portare un telo- e tanto il divertimento, e le sane risate.
Tanta la voglia di vivere e di respirare la bellezza di questi piccoli miracoli, a pieni polmoni e senza lasciare che nulla venga lasciato indietro. Non solo per noi persone radunate lì per questa band multiforme, ma per i Nouvelle Vague che ci salutano dimostrandoci che ciò che Ortigia ha dato a noi, è lo stesso che anche loro hanno ricevuto. E lo fanno concludendo il concerto nel modo in cui noi lo abbiamo iniziato: tuffandosi in acqua, senza badare ai vestiti, al clima, al dopo a cui nessuno vuole pensare. E andando ad abbracciare coloro che sono rimasti in acqua fino all’ultimo.
La stessa nave che ci ha portati in quel luogo magico, ci riporta indietro. Anche il tramonto è ormai un ricordo e davanti vediamo soltanto le luci della città, già nel suo fermento serale. Siamo tutti stanchi, anche infreddoliti, ma pieni e grati. E la vita cos’è se non una continua ricerca di questi momenti?