Inizia con una voce composta ed educata, “Grazie per aver inserito i tuoi dettagli e benvenuti a WWAY HEALTH” l’album di debutto della giovane londinese Nilüfer Yanya. Un messaggio firmato WWayHealth, un fittizio “care program”, accompagnato da una solo in apparenza rilassante musichetta di sottofondo che che ricorda un po’ una puntata di Black Mirror.
Lo si capisce quasi immediatamente: Miss Universe è un lavoro vagamente concettuale. E infatti non sorprende che per tutta la durata dell’ascolto si provi come una sensazione di inquietudine, di paranoia dovuta a standard a cui inevitabilmente ci sentiamo esposti e che disperatamente cerchiamo di seguire, ignorando la vocina dentro la nostra testa che ci dice di stare attenti, di non fidarci. E forse quello che Nilüfer ha voluto fare è stato mettere in musica questa vocina, questa sensazione di incongruenza tra quello che vogliamo essere e quello che dobbiamo essere.
But down here I’m dark & confused
But I cannot tell if I’m paranoid
Or its all in my head
It’s all in my head
Diviso in 17 tracce decisamente diverse tra loro ma unite da un fil rouge facilmente riconoscibile, Miss Universe è un viaggio musicale magistralmente scritto attraverso la psiche di Yanya. Tra una falsa pubblicità e un annuncio improvviso e incomprensibile a metà album che inizia con il tipico “attention please”, l’album è una miscellanea di stili: alt-rock, pop altamente radiofonico, sassofoni, chitarre echeggiate, e suoni che invocano un ritorno del genere ballata anni Ottanta.
A 23 anni, il debutto di Nilüfer Yanya sembra molto più maturo di quanto non sembri. E in effetti si tratta di un disco ben studiato e realizzato tra due mondi, con alcuni dei più acclamati produttori indie e con alcune delle più prestigiose etichette di Londra e New York.
Nilüfer si è dimostrata una cantautrice eclettica, capace di mescolare testi ben scritti e profondamente sentiti a un sound jazz e soul e alla sensibilità del pop che alle nostre orecchie risulta riconoscibile eppure nuovo in questa sua veste underground. In Baby Blu, ad esempio, la voce distorta e stratificata crea un climax risonante che ricorda vagamente Florence + The Machine con un ritmo, però, che non sfocia nel canto epico e liberatorio di Florence ma più in una corsa a perdifiato per scappare via da ciò che silenziosamente ci tormenta.
Un breve messaggio di 20 secondi, ottava traccia, ci informa che stiamo per accedere a una “zona ad alta temperatura”. E prepotentemente torniamo in atmosfere paranoiche dettate da riffs di chitarra, con l’accattivante Heat Rises. Poi segue subito Melt, un R & B stile anni ’90 che utilizza i suoni e la drum-machine sintonizzati nella descrizione di cellule celebrali che diventano inutili e da buttare.
I bet your brain cells won’t last
I bet they cling to the trash
I hope you melt on the way
Back to your place
Because the sunshine don’t last
La musichetta iniziale del Care program torna in chiusura dell’album con tanto di voce forzatamente rassicurante: la fase uno è stata completata, ora non resta che premere i tasti giusti per proseguire. Ma non funziona nessun tasto e allora è meglio arrendersi, “…please give up or try again. Sorry, please give up—please give up”.
L’universo di Miss Universe è un posto confuso, a tratti ansiogeno in cui spesso sembra di non riuscire a respirare e si farebbe di tutto per trovare una via d’uscita, tutto però avvolto in una nebbia di calma apparente. Un viaggio che dura quasi un’ora e provoca le sensazioni più disparate ma grazie all’intensità di Nilüfer diventa spontaneo e senza paura correre il rischio di perdersi.