La Val d’Ossola è una terra di confine, abituata da sempre, per motivi di vicinanza geografica, a relazionarsi soprattutto con la Lombardia e la Svizzera piuttosto che con il resto del Piemonte. Valle di spalloni e di partigiani, nel DNA di chi abita alle pendici di queste alture c’è una vocazione all’indipendenza, quella che nasce dalla fatica quotidiana e dall’isolamento. I romani furono i primi a rendersi conto del potenziale di queste montagne che, grazie al loro intervento, si riempirono di cave per l’estrazione del granito e del sarizzo, ancora oggi tra le principali fonti di ricchezza per gli ossolani.
Tra paesaggi da cartolina e una quiete che raramente si può trovare altrove, questi luoghi meritano di essere ammirati ed esplorati a passo lento seguendo i sentieri che portano alle vette. Per il sesto anno consecutivo Nextones è un’occasione non solo per scoprire un territorio ricco di storia e di opportunità per chi ha voglia di camminare, ma anche per imparare il rispetto per l’ambiente. Anche quest’anno, dal 26 al 28 luglio, la Cava La Beola di Monte a Montecrestese è tornata a essere la cornice di uno dei festival di musica elettronica e arti digitali più suggestivi di Italia, in grado di accogliere un pubblico sempre più variegato, attratto da una line-up composta da artisti di spicco del panorama internazionale della musica elettronica.
Il nostro viaggio ha inizio in un afoso venerdì pomeriggio di fine luglio, quando la città è ancora baciata dal sole e le automobili sfrecciano da una parte all’altra come mine impazzite. Evitiamo la tempesta tropicale che si abbatte su Torino e la grandinata che riempie i prati della provincia di Verbania e, dopo un paio di ore, torniamo a respirare, tremando di freddo e di felicità per essere arrivate sane e salve nel cuore della montagna. Ad accoglierci c’è la parete candida della cava con le sue venature dorate, uno spettacolo incredibile da descrivere anche se non è la nostra prima volta qui. Rimaniamo un po’ così, ferme di fronte alla montagna, con la tensione che ci scivola dalle spalle.
Ci scuote soltanto l’audio del video di apertura che illustra il lavoro in cava. In un crescendo di rumori che descrivono perfettamente la difficoltà psicofisica di questo mestiere, aumenta anche la frenesia di chi sta riempiendo questo luogo e aspetta che lo show inizi. Sale sul palco per prima Caterina Barbieri, la giovane compositrice italiana con la passione per gli oscillatori analogici che vive, però, a Berlino. Fresca di uscita del suo ultimo album, Ecstatic Computation, pubblicato il 3 maggio scorso per Editions Mego, Caterina Barbieri inaugura la tre giorni di festival nel migliore dei modi possibili. Le luci si fanno più rarefatte e lo scenario della cava diventa ancora più suggestivo grazie al contributo dell’artista visivo Ruben Spini. La performance di Caterina Barbieri evoca epoche passate e luoghi dimenticati attraverso suoni in grado di far riaffiorare ricordi che la memoria umana ha la tendenza a cancellare. Un viaggio affascinante tra luci, immagini e distorsioni che culminano nell’incantevole Arrows of Time: difficile rimanere impassibili di fronte a questo spettacolo.
Time Machines: dissolversi nel tempo con Drew McDowall e Florence To
Time Machines è considerato uno dei migliori dischi dei Coil e, probabilmente, uno degli album più influenti degli ultimi 20 anni nel campo della drone music. Drew McDowall, il cui periodo come membro dei Coil iniziò negli anni ’90, ebbe un ruolo chiave nello sviluppo del nuovo suono della band, che si lasciò alle spalle le sonorità avant-pop/industrial per ottenere qualcosa di più complesso e astratto. Il disco infatti nasce come una demo tape registrata esclusivamente da McDowall, utilizzando oscillatori e sintetizzatori modulari e post-prodotta in modo minimale per lasciare alla registrazione ogni fluttuazione, ogni singolo glitch della registrazione originale. Ognuna delle tracce porta il nome del composto chimico di una droga allucinogena e si ispira alla musica cerimoniale tibetana, dove la durata e l’intensità dell’esecuzione hanno lo scopo di perdersi nella musica, di meditare o di raggiungere uno stato di trance. John Balance le chiamava “scivolate temporali” nel tempo e nello spazio, che consentivano sia agli artisti che al pubblico di dissolversi nel tempo in senso figurato.
A 20 anni dall’uscita di questo gioiello della musica contemporanea, McDowall sceglie di riproporlo al pubblico con il supporto dell’artista britannica Florence To, una delle visual artist più ispirate del mondo. Provate a mettere l’album in sottofondo e a immaginarlo suonato al buio, sotto un cielo stellato, con la parete della cava alle spalle degli artisti che lentamente prende vita. Colori, linee, geometrie: la luce sembra scomporre lo spazio e farsi avvolgere dalla struttura chimica di quelle droghe che danno il nome ai brani proposti ma è solo un attimo perso nel tempo, prima che i droni, le oscillazioni sospese e glaciali, ci comprimano in uno spazio sempre più destrutturato, destinato al collasso. Lo spettacolo visivo è infatti quello di una pioggia di atomi, sempre più piccoli e scomposti, che circondano e frammentano la nostra visuale in un crescendo estatico che porta lo spettatore ad unirsi in un “tutto” che non ha più una sola dimensione ma che ci frantuma in mille coscienze e luoghi senza tempo. Un progetto del genere non è di facile fruizione ma, chi ha avuto la pazienza e il rispetto per un’esecuzione ineccepibile, ha potuto vivere un’esperienza difficile da replicare. (Serena Mazzini)
A seguire l’adrenalico show degli Amnesia Scanner, che infiammano la cava con decibel potenti e visual che scuotono l’immaginazione. Il duo tedesco scava nell’inconscio del pubblico, facendo emergere vulnerabilità ed emozioni primordiali. Tra le prime file, una schiera di ballerini si lasciano andare al richiamo di canzoni come As Too Wrong e As Crus. Non è un flashmob, ma l’impeto di chi ha aspettato per mesi di poter ballare sotto cassa e sotto montagna. Dopo aver incendiato l’incendiabile, gli Amnesia Scanner lasciano il posto a Nina “indistruttibile” Kraviz, che porta dalla Siberia il suo amore granitico per la consolle. La regina della notte, piena di energie e temperamento si prepara a concludere la serata con uno show destinato ad arrivare fino quasi alle prime luci dell’alba.
Il suo beat entra nelle vene, sconquassa come un tornado e al tempo stesso dondola come un’altalena. Neanche un violento acquazzone la ferma. Noi battiamo la ritirata, ma con la consapevolezza che Nina Kraviz non si sarà spostata dalla sua postazione, pronta a ripartire non appena la situazione meteorologica sarà migliorata. Mentre ripercorriamo la salita che ci riporta all’auto, fradice nonostante il K-Way, sentiamo ancora i nostri corpi vibrare. Il venerdì di Nextones ci ha elettrizzato, scosso fino alle viscere. Un antipasto di quello che può fare questo festival che lotta per dare una nuova forma a se stesso e che si candida tra gli eventi imperdibili dell’estate elettronica.
Tutte le foto sono di Serena Mazzini