Tales of Faith and Lunacy è il nuovo album del songwriter italiano Nero Kane, un racconto dal sapore cinematografico, un viaggio atemporale concepito in una personale visione di fede tra spiritualità e passionalità. L’album ricrea un paesaggio desertico in cui suggestioni mistiche europee medioevali si mischiano a sapori western, in una psichedelia cupa ed essenziale.
Abbiamo chiesto a Nero Kane e Samantha Stella, sua collaboratrice e autrice degli artwork legati all’album, di suggerirci una serie di ascolti e abbiamo fatto loro qualche domanda per comprendere il loro disco.
Mi avete inviato una lista di brani che condivideremo con i nostri lettori per guidarli all’ascolto del vostro lavoro… Volete raccontarmeli un po’, c’è qualche brano che sentite più vostro?
NK: I brani che abbiamo scelto fanno parte dei nostri ascolti, e ovviamente hanno influenzato il mio stile, in particolare chitarristico. La cosa interessante è che non solo a livello di suono ma anche a livello di tematiche sono vicini a tutto quello che ci ispira di più. Io personalmente sceglierei come brano “del cuore”, Dead Man di Neil Young, dal film di Jim Jarmusch. Diciamo che riassume un po’ tutto ciò che piace a me.
Mi hanno detto che la mia musica ha un forte respiro cinematografico ed è una cosa che riscontro anche io: mi appassionano i paesaggi desertici, che ricordano la frontiera americana e le schitarrate di Neil Young in quella canzone sono state una grande fonte di ispirazione per il mio suono. Una chitarra anche molto basilare forse, poco tecnica, ma portata su vari livelli di riverberi e delay che la rendono ricca di pathos. A livello di tematiche adoro Mary Of Silence di Mazzy Star, che poi è stata inserita come riferimento esplicito nel mio disco, anche se con un significato diverso.
Hai citato proprio tu Mary Of Silence in cui ricorre, come in tutto il vostro lavoro, una forte simbologia sacra, oltre agli aspetti estetici che significato hanno questi simboli per voi e più in generale oggi?
SS: In primis parlerei proprio della questione estetica: è un interesse che abbiamo entrambi, verso questa iconografia. Essendo un’artista visiva l’ho ricercato e maturato negli anni attraverso mostre e installazioni; una in particolare nel 2017, svolta a Los Angeles, intitolata God Loves You, dove c’era già una forte curiosità verso questa simbologia religiosa, cristiana. Oltre all’aspetto estetico mi sono ritrovata a leggere, nell’anno in cui abbiamo concepito il disco, degli scritti appartenenti a queste mistiche medievali.
In particolare, Mechthild Von Madgeburg, che è una beghina tedesca del 1300 che ha prodotto questo scritto rivolto a Dio, ma secondo me pieno di passione al limite della censura dalla quale sono stata abbastanza intrigata e mi ha colpito questo limite, a cui io faccio spesso riferimento tra fede e fanatismo religioso, tra fede e passione, al limite della follia. Da qui il titolo dell’album, Tales of Faith and Lunacy. La matrice poi è venuta fuori suggestionandoci a vicenda.
NK: Tra gli artisti che abbiamo scelto, in molti trattano di religione, vedi Nick Cave, è pieno di riferimenti religiosi; Wovenhand è figlio di un pastore; Johnny Cash…
La fede è presente anche nel contenuto sia per influenze esterne, ma anche perché nei miei brani mi piace indagare i grandi temi che ricorrono nella storia dell’uomo: l’amore, la morte, e la fede come necessità di trovare la salvezza è sicuramente tra questi.
Mi avete parlato di fede e di amore, mentre qual è il vostro rapporto con la morte e l’oscurità, l’altra grande tematica di questo album?
NK: Io personalmente sono super attratto da queste tematiche. L’oscurità è un aspetto che fa parte da tempo della mia musica, e che ricerco e nei miei ascolti, nei libri, nell’arte e nelle immagini che consumo. Il dualismo tra luce e oscurità, amore e morte, mi appassiona da sempre. Direi, che le tematiche romantiche mi appartengono.
SS: Nel disco oltre alla musica, c’è molta ispirazione che ci arriva dall’arte, dalla letteratura, dal cinema. Come tutti, certo, non è nulla di nuovo, ma è sicuramente un’unione di diverse sensibilità.
C’è una forte influenza, oltre alle letture medievali che ho già citato, c’è per esempio Il Cavallo di Torino, di Bela Tarr, con i suoi paesaggi apocalittici; abbiamo già citato Jarmusch con Dead Man, che è una visione “sciamanica” del paesaggio americano…
NK: C’è anche uno dei miei scrittori preferiti che è Cormac McCarthy che ha scritto La Strada, questo romanzo di cui hanno fatto anche un film.
SS: Oltre all’attrazione c’è più una voglia di far luce sull’oscurità e su tutto ciò che ha sempre affascinato l’uomo. Non si vuole dare rilevanza all’oscurità è più un dubbio, per darci un’idea di eternità e comprendere un po’ di più su ciò che c’è di irrazionale, che ci sembra inspiegabile.
Per concludere, sarà la morte o l’amore a salvarci?
NK: [ridendo] Sicuramente non si può fuggire la morte, per cui finché siamo qui sarà meglio che ci affidiamo all’amore per allietare la nostra permanenza.
SS: è l’amore in un modo che sta morendo, come il titolo del suo primo disco Love in a Dying World. Si va sempre avanti, per me è un investigare la morte con la speranza della continuazione della vita e quindi dell’amore che è suo significato più alto.