Ferrara è caldissima quando arriviamo, la tensione crea un clima surreale tra le persone accorse a sentire gli Arctic Monkeys, già sold out da un mese, per la loro seconda data italiana dopo quella di Roma, e i vicoli della città emiliana che ribollono di umidità e voglia di eternità. Fuori da piazza Castello si riunisce un gruppo variopinto di giovani in fila per accedervi, con le bancarelle che vendono le magliette che dipingono i petti e le società di bagarini che cercano l’affare dell’ultimo momento. Una volta entrati, la location surreale, a fianco del castello estense, ti butta in un mondo nuovo, l’attesa diventa struggente.
Tocca a Miles Kane il difficile compito di infervorare la piazza prima del tanto atteso arrivo della band di Alex Turner. Sembra difficile poter raccoglierne l’attenzione e, invece, quel look gallagheriano e un po’ beat ci riesce benissimo, la gente si alza e inizia a cantare e a muoversi, più che un semplice riscaldamento, lo show è già iniziato. Miles Kane ci trascina dentro al suo mondo, senza dare il tempo a nessuno per rifiatare se non al momento del cambio della chitarra. A Taking Over si succedono rapidamente Rearrange e Better Than That. I cori si susseguono ma è all’arrivo di Give Up, Don’t Forget Who You Are e Come Closer che la piazza esplode e, anche chi prima non lo conosceva, difficilmente se ne dimenticherà. Un’ora passa più che velocemente, a Kane va il grande merito di essersi imposto come più di una semplice band di supporto, ritagliandosi lo spazio tra i rocker britannici che gli spetta. Non è un caso, infatti, che sia il compagno di Alex Turner nel progetto parallelo Last Shadow Puppets, per ora messo in stand-by.
Il ritorno sul palco di Turner, tra i giochi di luce che hanno caratterizzato tutto il concerto, è, questa volta, brandendo una chitarra acustica. Tocca a Cornerstone fare da anticipazione a Mardy Bum e senti davvero di aver dato tutto, ma uno spazio per When The Sun Goes Down lo trovi, qualcuno lancia un reggiseno che diventa coreografia per il microfono. Turner si ferma, chiama sul palco il suo compagno di avventure Miles Kane che, dopo la sua prestazione, viene acclamato con entusiasmo, inforca la sua chitarra e suonano insieme 505, a cui sarà affidato l’onere di chiudere il set.
Mentre te ne esci e percorri quelle strade strette, esausto, ti rendi conto di non aver lasciato nulla dietro ma, soprattutto, dentro di te. Ed è, probabilmente, la garanzia di aver assistito ad uno spettacolo di qualità di cui gli Arctic Monkeys si sono confermati protagonisti, senza lasciare nessuno insoddisfatto, nemmeno le autorità o il castello che, per un momento, ho creduto di sentire cadere.
Foto di Francesco Pattacini – Riproduzione Riservata
[one_fourth] [/one_fourth][one_half] [box type=”shadow”]
Miles Kane
Tracklist:
- Taking Over
- Rearrange
- Better Than That
- Darkness in Our Hearts
- Inhaler
- Give Up
- Don’t Forget Who You Are
- Come Closer
[/box] [/one_half][one_fourth_last] [/one_fourth_last]
[one_fourth] [/one_fourth][one_half] [box type=”shadow”]
Arctic Monkeys
Tracklist:
- Do I Wanna Know?
- Brianstorm
- Dancing Shoes
- Don’t Sit Down Cause I’ve Moved Your Chair
- Teddy Picker
- Crying Lightning
- Brick My Brick
- Evil Twin
- Old Yellow Bricks
- Thunderstorms
- Pretty Visitors
- I Bet You Look Good On The Dancefloor
- Do Me A Favour
- Suck It And See
- Fluorescent Adolescent
- R U Mine?
- Cornerstone (Acoustic)
- Mardy Bum (Acoustic)
- When The Sun Goes Down (Acoustic)
- 505 with Miles Kane (Acoustic)
[/box] [/one_half][one_fourth_last] [/one_fourth_last]