Quando ho pensato di scrivere un articolo sulla copertina dell’album musicale migliore di ogni anno per l’ultimo decennio, non avevo idea della trappola in cui stavo per entrare.
Riuscire a tirare fuori per ogni anno una copertina “migliore” delle altre è un’impresa titanica. Mi sono scontrato innanzitutto con la mole di album pubblicati ogni anno, con le grandi etichette e con gli indipendenti. Ho dovuto combattere contro i miei gusti che mi avrebbero fatto scegliere una copertina solo per la musica che si nascondeva dietro l’artwork. Ho infine lottato contro la soggettività, contro il mio semplice gusto.
Non è stata una battaglia facile ma è stata una battaglia bellissima, visto quello di cui parliamo. Non è stata una battaglia che mi ha visto trionfare, perché inevitabilmente nella scelta troverete dei pezzetti di me, ma ho cercato di tenere a bada il demone delle emozioni.
Eppure era necessario scendere in campo a costo di doversi leccare le ferite perché la produzione di un album non è solo musicale. Non è solo un lavoro sul pentagramma e sui testi, sulla distribuzione e sulla promozione. La musica è anche grafica e noi vogliamo premiare chi si nasconde dietro quelle piccole opere d’arte formato cd (o lp). Crediamo nel potere espressivo e riassuntivo delle copertine che spesso sono una via d’accesso al significato di un album o sono una naturale prosecuzione dell’attività artistica che è contenuta nelle tracce.
Ecco a voi, quindi, una selezione di copertine degli album sulla base del valore iconico, dell’importanza negli anni successivi, della bellezza (e anche dei miei gusti) dal 2010 al 2019.
2010
Kanye West – My Beautiful Dark Twisted Fantasy
L’ho dichiarato dalle prime battute: copertine iconiche. Nel 2010 è stata pubblicata la copertina che probabilmente è entrata nell’immaginario collettivo più di ogni altra.
My Beautiful Dark Twisted Fantasy è il quinto album del rapper Kanye West. L’album è senza dubbio tra i migliori dell’anno (e del decennio) non solo per il genere rap. L’album del ritorno di Kanye sulle scena dopo i litigi con Taylor Swift, le sfuriate, il dichiarato amore per il lusso, la svolta pop. Tutto aveva fatto crollare in un baleno la torre d’avorio da cui Kanye dominava la musica rap. Dalle macerie è sorto un capolavoro corale di musica e arte che vede come protagonista anche l’arte visuale della copertina.
Per My Beautiful Dark Twisted Fantasy , Kanye West si affida a George Condo, artista contemporaneo di punta della scena statunitense. Condo e West si vedono, parlano, ascoltano la musica dell’album per produrre la copertina perfetta. Ne vengono fuori ben otto o nove (il numero non è mai stato confermato). Variazioni sulla copertina: sfondo porpora e un dipinto nel riquadro centrale bordato giallo.
La prima versione pubblicata vede un mostruoso Kanye nudo con una bottiglia in mano impegnato in un atto sessuale con una fenice nuda e senza braccia. La copertina è un manifesto dei temi dell’album: la celebrità, l’alcool, il sesso, il lusso e l’abbruttimento che da tutto questo deriva. Provocatorio? Ironico? Sincero? Nessuno lo sa. Kanye è Kanye e Condo ne ha preso l’anima. Per via della copertina, tanti negozi si rifiutano di vendere l’album. Molti (tra cui Condo) sostengono che la copertina fosse fatta per essere censurata. Se così fosse, è stato un vero colpo di genio, visto che il quadro pixelato è davvero entrato nel nostro immaginario artistico-musicale (cercare su Spotify per credere).
2011
Cut Copy – Zonoscope
Una cascata che nasce da un bordo di grattacieli con l’acqua che, a precipizio, inonda la città con i suoi palazzi più bassi. L’opera di Kimura, frutto di un sapiente collage, è stata riadattata per diventare la copertina dell’album del duo australiano Cut Copy.
La musica alternative dance dei Cut Copy non può prescindere da un attenzione all’aspetto grafico delle loro copertine, visto che il fondatore Dan Whitford, oltre a essere un dj, è un graphic designer.
Il ritaglio tondo della copertina di Zonoscope, su sfondo nero, allude all’eterna dicotomia tra natura e artificio. Palazzi e cascate. Proprio la lotta tra i due poli giustifica la scelta della copertina di un album che vede i Cut Copy sperimentare in maniera massiccia le combinazioni di analogico e digitale nella loro musica.
La copertina, anche in questo caso, esprime l’intento dell’album e ne diventa manifesto.
2012
Grimes – Vision
Il terzo album della camaleontica Grimes ha (come anche altre sue copertine) un suo disegno come artwork. Il terzo album della cantante canadese fu un gran successo nel 2012 e una summa della sua poetica. In Vision ritroviamo tutto il senso di inadeguatezza, tutta la dolorosa bellezza dell’esser se stessi. Un album sincero in cui Claire Boucher, in arte Grimes, ha potuto mettere tutta se stessa.
In quanto pezzo di sé, anche la copertina meritava un lavoro personale e intimo che è sfociato nel confuso e oscuro artwork dell’album. La copertina è divisa in due parti. La sezione maggiore è occupata dal disegno di Grimes: un teschio terrificante che sputa nastri circondato da ideogrammi e ghirigori. La sezione più piccola è occupata dal titolo dell’album, da una serie di scritte in viola e da una piccola illustrazione di Mark Kahir, artista visionario con il pallino per gli esseri umanoidi.
Un’illustrazione con aspirazioni “Boschiane”, su ammissione stessa dell’artista, in movimento perenne. Una copertina bella e violenta, come la sua musica. L’idea del teschio nasce dalla visita di Grimes in Messico, al museo antropologico di Teotihuacan. L’arte azteca, definita dall’artista “spaventosa ed elaborata”, ha ispirato, con i suoi strani pattern, la copertina di Vision in tutto e per tutto.
2013
Foals – Holy Fire
Tra i gruppi rock inglesi, i Foals hanno sicuramente capito come creare una nicchia tutta loro che diventasse un parco giochi in cui potessero sperimentare raccogliendo consenso da parte del pubblico in maniera trasversale. La scelta di questa copertina, in un anno particolarmente affollato di belle opere grafiche, è dettata dalla bellezza oggettiva dell’immagine.
Leif Podhajsky dirige la sua equipe e permette a Thomas Nebbia di dar vita a questo scatto che diventerà la copertina di Holy Fire. Un misto di attesa e movimento in cui l’evidente gorgoglio delle onde si oppone alla calma dei cavalieri sullo sfondo ma, soprattutto, alla staticità del cavaliere di spalle in primo piano. Gli effetti di luce del sole al tramonto (o all’alba?) rendono l’acqua del mare un caleidoscopio di sfumature dorate. Una foto che risente davvero della tradizione pittorica del passato, soprattutto olandese.
Copertina capolavoro per un classico del presente musicale.
2014
Tv On The Radio – Seeds
Come da ammissione iniziale, non a tutte le copertine presenti nella classifica corrispondono necessariamente dei grandi album. Probabilmente, Seeds è l’esempio più macroscopico di questa attitudine a premiare la grafica sulla musica.
Quando Seeds uscì nel 2014 eravamo tutti pronti ad accoglierlo, soprattutto come gesto di resistenza di fronte alla morte. Infatti l’album è stato il primo a essere pubblicato dalla band dopo la morte del bassista storico, Gerard Smith. Purtroppo, la qualità musica del disco non ha ripagato le attese.
Anche in questo caso assistiamo al crossover tra naturale e digitale. Infatti, sullo sfondo blu della copertina emerge una sorta di fossile, di pietra a metà. L’altra metà del masso è completata da una serie di righe digitali che sfaccettano la forma monolitica del reperto in ciò che sarebbe potuto essere o diventare se esposto a condizioni diverse.
Il tema dell’illustrazione riprende anche in questo caso il mix analogico-digitale intercettato in maniera quasi avanguardista dai TVOTR.
2015
Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly
Come in apertura d’articolo, siamo probabilmente nell’olimpo dell’iconicità delle copertine del decennio.
L’aspetto grafico delle copertine ha fin dall’inizio rappresentato un aspetto fondamentale per la musica di Kendrick Lamar, da sempre caratterizzata da messaggi forti e da profonde riflessioni sul presente. To Pimp A Butterfly ha la grafica più d’impatto della carriera di Lamar (finora). Il tema dell’album emerge dalla poetica di Lamar incastonata tra l’emarginazione degli afroamericani e la lotta quotidiana al lusso che annebbia le menti.
La foto di Denis Rouvre è la più politica della nostra classifica e rappresenta una sorta di manifesto dell’era Obama. La foto in bianco e nero rappresenta una folla di ragazzi afroamericani con in mano denaro e bottiglie di champagne che festeggiano sul cadavere di un giudice bianco. La copertina sarebbe già abbastanza forte così ma a caricarla ancora di significato ci pensa il setting, ovvero il prato della Casa Bianca.
L’immagine è potentissima, le luci esaltano gli sfregi dei reietti molto più della Casa Bianca che sembra quasi essere stata conquistata dagli emarginati, da coloro che, fino a quel momento, erano esclusi dalla vita pubblica. La rivincita degli ultimi che stappano bottiglie sul cadavere della legge uguale per tutti ma più uguale per alcuni.
2016
David Bowie – Blackstar
Si è detto moltissimo di questa copertina e molto si è detto dell’album. Il venticinquesimo disco del Duca Bianco è un capolavoro di sensibilità, il suo canto del cigno e (a parere di chi scrive) uno dei più begli atti di amore nei confronti della musica e della storia della musica.
La musica di Blackstar è incentrata sul tema della malattia e dell’eventualità della morte dell’artista. L’album viene pubblicato il giorno del sessantanovesimo compleanno di Bowie e a due giorni dalla sua morte.
La copertina, a opera del designer Jonathan Barnbrook, mostra una stella nera su sfondo bianco sotto la quale delle sezioni della stessa stella formano un font minimale che compone la parola Bowie.
La copertina è un bell’esempio di graphic design ma non solo. Un utente di Reddit scoprì che la copertina dell’album, se posta alla luce del sole, mostrava una galassia. Quando poi Barnbrook affermò che c’era un altro segreto relativo alla copertina, è nata una vera caccia al tesoro che ha portato a scoprire che la stella illuminata con lampada a UV diventava blu fluorescente, strane ombre a forma di uccello e riflessi.
2017
Father John Misty – Pure Comedy
Non è la prima copertina che ci piace di Father John Misty anche se sceglierla è stata dura, vista anche la presenza in gara dell’Ultima cena in versione rap di Gang Signs and Prayer di Stormzy.
Pure Comedy di FJM è pervaso, come spesso capita nel caso di Mr. Tillman, da un senso di desolata ironia, di pessimismo poetico che ci pugnala e ci fa amare il pugnalatore. Per la parte grafica che accompagna l’album, Father John Misty si è affidato al disegnatore Edward Steed. Steed, presenza fissa sul New Yorker, ha effettivamente una poetica visuale molto vicina a quella del cantante e il matrimonio è stato celebrato senza intoppi.
La visione apocalittica e spaventosa della copertina di Pure Comedy non è stata di difficile elaborazione per l’illustratore che ha affermato di non aver dovuto aggiustare molto il tiro rispetto a quello che avrebbe voluto disegnare. Il tema è l’assurdità della vita umana sulla Terra e il mezzo utilizzato sono delle confuse scene satiriche che si accalcano sulla città in bianco e nero sovrastata da un cielo magnificamente blu.
2018
Low – Double Negative – Peter Liversidge
Il 2018 è stato dominato da questo disco dei Low. Ha messo d’accordo praticamente tutti e anche per noi è stato l’album dell’anno.
I Low, al venticinquesimo anno di attività, hanno totalmente rivoluzionato il loro modo di fare musica in rapporto al messaggio che volevano portare avanti. Le chitarre sono state sostituite da armonie digitali e le nuove tecnologie la fanno da padrona. Il risultato non è onirico ed etereo ma disturbante nella sue bellezza. Un album profondamente nichilista che punta a farci guardare dentro di noi, per scoprire luci e ombre della modernità e del nostro essere nel mondo.
L’artwork in copertina di Double Negative, a cura di Peter Liversidge, riesce a sbatterci in faccia tutto questo con una foto dalla semplicità disarmante e, per questo, iconica. Il frantume nero, residuo di una macchina o di un attrezzo tecnologico, che spicca sullo sfondo rosa e domina la scena, è il simbolo del potere della tecnologia che ormai occupa una posizione centrale nella nostra vita. Ma è una tecnologia rotta, frammentata che non abbiamo saputo utilizzare al meglio. Un oggetto fantasma che ricorda il monolite di 2001: Odissea nello spazio. I due buchi dell’oggetto sembrano occhi che ci guardano e ci costringono a interrogarci su di noi. L’ombra che si intravede dietro i buchi corrisponde alle nostre ombre interiori.
La copertina è un capolavoro, come l’album, noi un po’ meno.
2019
C’mon Tigre – Racines
Il 2019 si è appena aperto ma ho voluto premiare un album italiano per la copertina del 2019. Non solo perché la copertina di Racines mezza asiatica, mezza latino-americana è bellissima ed è un esempio perfetto del respiro che muove la loro musica fatta di contaminazione culturale su scala mondiale.
Ho scelto Racines anche e soprattutto perché la musica dei C’mon Tigre, come vi abbiamo già raccontato qui, vive del rapporto con l’arte in senso ampissimo e l’ultimo lavoro del duo ospita dei featuring che non si giocano tanto nelle tracce quanto nel libretto che accompagna il disco. Artisti di tutto il mondo hanno prestato la loro arte ai pezzi che compongono il disco creando una perfetta sintonia tra musica e immagine che è, in fondo, l’argomento che ha mosso questa classifica.
Quindi, aspettando di venire sbugiardati dalla prossima esplosiva copertina, possiamo già accontentarci e godere di quella dei C’mon Tigre.