L’importanza di chiamarsi Mercedes

Nei ringraziamenti finali di Mercedes, l’ultima graphic novel di Daniel Cuello uscita lo scorso ottobre per Bao Publishing, ce n’è uno che dice così:

“Eleonora, perché mi ha sempre detto che imparare a scrivere bene mi sarebbe servito, anche se io volevo disegnare.”

Ora, io non so chi sia Eleonora ma so per certo che quello è stato un ottimo consiglio.
Lo so perché mentre leggevo Mercedes mi sono accorta che oltre a disegnare in modo incredibile, Cuello (si legge più o meno Cuegio) sa anche come scrivere una storia; non una qualsiasi ma di quelle in cui a un certo punto accade la magia e poco prima della fine tutto s’incastra alla perfezione e si scopre che nessun dettaglio era casuale, che nessun personaggio viene dimenticato.

Ricordo di essermi accorta per la prima volta di quest’abilità che hanno i bravi narratori tanti anni fa, leggendo Harry Potter e Il principe mezzosangue, e mi viene in mente un più recente tweet di Stephen King che a proposito di una puntata di Game of Thrones in cui tutti i protagonisti si ritrovano, nell’ultima stagione, a Winterfell (o Grande Inverno che dir si voglia) scriveva:

“As a long-time storyteller, I’m in awe of how perfectly the minds behind this show brought all the major characters together at Winterfell. They made it look easy. Constant Readers, it is not.”

Lo fanno sembrare facile, ma non lo è.
Per scomodare un altro dei grandi, avete presente la frase di Čechov “Se in un racconto compare una pistola, bisogna che prima o poi spari”? Ecco, per fare un parallelismo potrei dire allora che in questo caso tutte le “pistole” che compaiono, anche quelle che s’intravedono solo per un attimo, prima o poi sparano. E cosa sparano!


Come si legge nella trama, Mercedes, la protagonista che dà il nome al libro, è una delle donne più potenti del mondo, fino al giorno in cui le dicono che sarà chiamata a rispondere di tutto; da questa scintilla nasce un racconto rocambolesco che per più di duecento pagine fila via senza mai rallentare un attimo e tiene il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima tavola. Come nei migliori libri e film ci sono cose che non si colgono subito, cose che ci vengono suggerite nel corso degli eventi o che trovano una risoluzione soltanto alla fine, ma se l’intento di Cuello, come lui stesso ha più volte affermato durante le varie presentazioni, era di dar fastidio al lettore togliendogli il pavimento da sotto i piedi si può dire senza ombra di dubbio che c’è riuscito.

Lo ha fatto anche e soprattutto grazie a lei, Mercedes, un’antieroina che incarna tutti i nostri istinti, dai più malvagi e inconfessabili ai più alti e generosi. È una e tanti insieme e come tutti i protagonisti del fumettista sudamericano è disperatamente e sgarbatamente umana. Vorremmo amarla ma appena iniziamo, non senza fatica, ad affezionarci ecco che di nuovo oltrepassa la linea, diventa sgradevole e ci sbatte in faccia la sua insopportabile imperfezione.

“Tutti. Li ho visti tutti.” scriveva Daniel a proposito dei suoi personaggi di Residenza Arcadia e Guardati dal Beluga Magico, i suoi due libri precedenti usciti sempre per Bao, e proprio questa verità ce li fa riconoscere uno ad uno: dalla coppia lobotomizzata davanti ai saldi al supermercato, alla signora rinsecchita in spiaggia, dal vecchio che scopre i social attraverso lo schermo di uno smartphone di ultima generazione, all’uomo che sfoga il proprio odio davanti al computer. Questo loro essere degli everyman, cristallizzati in pochi tratti stereotipati, ci mette inevitabilmente di fronte ai nostri stessi difetti, alla nostra molteplicità fatta di ambizioni e insuccessi, tensioni e incoerenze, e proprio in questo modo paradossale l’autore sembra tranquillizzarci e dirci: va bene. Abbiamo il diritto di fare e distruggere, di non scusarci e cambiare, di sbagliare e redimerci infinite volte.

Se è vero che da sempre il fumetto viene erroneamente considerato letteratura di serie B, libri come Mercedes non lasciano spazio a dibattiti: non solo con pochissimi tratti Cuello riesce a delineare in modo chirurgico una vastissima gamma di micro-espressioni ma, allo stesso tempo, nello spazio di un balloon affronta tematiche attualissime e scottanti con una leggerezza e un occhio critico rari anche per chi, con le parole, lavora abitualmente.

In tutto questo non mancano i racconti nel racconto, gli autoriferimenti e le citazioni dalla pop culture (dal Signore degli Anelli a Ritorno al Futuro), e non ultimo un divertentissimo e cattivissimo dark humour. Una graphic novel che tra cambiamenti climatici, precarietà e violenza è in grado di farci ridere e riflettere e che alla fine ci lascia con un’unica domanda: cosa faremo noi quando saremo chiamati a rendere conto di tutto?

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