Menomale che c’è Borat. Oggi che possiamo affermare con certezza che le elezioni americane le ha vinte il soporifero ma democratico Biden – e tuttavia assistiamo a uno spettacolare Trump che punta alla resistenza aggressiva, ponendo il massimo impegno per invalidare il risultato – ci tocca riconoscere con maggior forza che Sacha Baron Cohen è un genio, e che il suo demenziale e disgustoso giornalista kazako non soltanto ci ha fatto ridere per la seconda volta – risultato non scontato -, ma per la seconda volta ha fotografato il presente della società americana, estendendone grazie al suo personale contributo le manifestazioni di squallida inettitudine, e fornendoci ampi spunti per prevedere il futuro. Tanto da poter dire che quanto sta accadendo in America sia uno spin off di Borat – Seguito di film cinema.
Impossibilitato dalla fama seguita al primo Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan- andarsene in giro a intervistare indisturbato gente ignara del proprio imbarazzante stare al mondo, questa volta Sacha Baron Cohen punta tutto sul “travestire il travestimento” e sulla partecipazione della bravissima Maria Bakalova per raccontarci un’America maschilista come sempre e se possibile più ignorante e incattivita, grazie alla legittimazione dei peggiori istinti promossi dal trumpismo.
Ingaggiato dal governo kazako in un’operazione di riscatto nazionale, Borat deve consegnare Johnny the Monkey, ministro della cultura del Kazakistan e pornostar numero uno alla presidenza americana. Per evitare il confronto diretto con Trump, a causa del poco edificante omaggio lasciatogli fuori al Trump International Hotel and Tower nel primo film, Borat decide di riservare il prezioso cadeau kazako al vicepresidente Micheal Pence. Al posto di Johnny the Monkey, scomparso misteriosamente, Borat tenterà di far dono di sua figlia quindicenne, cresciuta in una gabbia e considerata al pari di una scimmia, prima a Pence e poi a Rudy Giuliani.
A parte le trovate esilaranti su cui si struttura la trama, come la versione kazaka de La bella e la bestia da cui Turat, la figlia di Borat, ha mutuato la sua educazione sentimentale – con Melania nel ruolo della bella e Trump in quello della bestia, e il delicato approccio di lui al ballo -, quello che sorprende ancora una volta è la capacità di Sacha Baron Cohen di improvvisare, rendendoci partecipi, quasi fossimo presenti, di spettacoli di idiozia involontaria da parte di persone che sanno di essere filmate. Il mockumentary al suo meglio/peggio.
E così è genuino e totalmente esposto al rischio di qualsiasi tipo di reazione il disgusto dei partecipanti al ballo delle debuttanti, alla vista della danza kazaka con corredo di sangue mestruo; una follia meravigliosa la partecipazione a un comizio di Pence con costume di Trump (preferito a quello da membro del Ku Klux Klan, più nelle corde del presidente); semplicemente incredibile l’entusiasmo del pubblico di un raduno di estrema destra al testo di una canzone razzista e violenta proposta da Borat ancora una volta irriconoscibile.
Negazionisti dell’olocausto, antiabortisti, cospirazionisti: il peggio dell’America conservatrice e razzista è mostrato in tutta la sua sconcertante banalità. E se è vero che il risultato più entusiasmante raggiunto da Borat – Seguito di film cinema è l’epico inciampo di Rudy Giuliani – già noto come “a non-stop gaffe machine” -, con seguito di polemica e finto video di difesa, l’intuizione più forte resta il ruolo della rete nel riplasmare la realtà, che chissà quante ancora (amare) sorprese ha da riservarci.
L’America sta continuando a darcene prova in queste ore: prima col molto prematuro tentativo di Trump di convincere la sua “bolla” di elettori della propria vittoria, e dopo con l’“insurgency” scatenata dalle gravi accuse contro i democratici. L’altra notte in Arizona alcuni manifestanti armati si sono presentati in un centro dove si contavano i voti – non è successo nulla ma i giornalisti sono stati fatti uscire con la scorta della polizia, perché erano considerati probabili bersagli della rabbia dei trumpiani. E ancora: Facebook ha preso la decisione di chiudere la pagina “Stop the steal”, Fermare il furto, pagina ufficiale di trumpiani inferociti, nel timore che potesse servire da piattaforma per organizzare vere e proprie rappresaglie armate. Il sospetto è che questo sia solo l’inizio dello spin-off di Borat 2, capace di leggere il futuro dell’America – e forse del mondo – solo quanto un altro film: Idiocracy. L’evoluzione non sempre premia l’intelligenza.