Non è facile raccontare un nuovo album dei Massimo Volume, soprattutto quando si tratta di un disco che segue sei anni di silenzio di una delle band che ha impresso il suo marchio stilistico nella storia della musica rock italiana. Si mescolano aspettative altissime e frenetiche attese, tutta la curiosità per quella che è materia prima nuova e viva di un progetto del genere. I Massimo Volume sono gli eroi di Da Qui e Lungo i Bordi, dischi mai arrugginiti e letteralmente consumati; sono i gloriosi animatori di una scena italiana degli anni Novanta che ha ispirato un’intera generazione, e poi quelle successive. Il loro ritorno nel 2010 con quello che presto è diventato un masterpiece come Cattive Abitudini, è riuscito a mescolare i vecchi fan del gruppo con la nuova gioventù di questo decennio che volge al fine. Da allora Emidio Clementi e compagni non ne hanno voluto più sapere di lasciarci, per nostra fortuna, e ci hanno regalato un altro bellissimo disco nel 2013, Aspettando I Barbari. Quello che capita insomma, con i dischi dei Massimo Volume, è che hanno il vizio di incastonarsi nel nostro immaginario, nella nostra memoria: ovvero quella parvenza di eternità che riserviamo all’arte con la maiuscola.
Inoltre ascoltare un nuovo album dei Massimo Volume vuol dire anche seguire la storia di un percorso artistico e umano, che è quello di Emidio Clementi. Se poi il disco in questione ruba il titolo a uno dei racconti più straordinari di John Cheever la situazione rischia di diventare avvilente. Cheever ha il vizio di affondare nel cuore di una medio borghesia statunitense annoiata con un impatto che potrebbe ricordare certe tele di Edward Hopper se non fosse che la solitudine evocata da Cheever è meno evidente: Il Nuotatore – con quel suo incipit fulminante e con la forza del ritmo – riesce particolarmente in questa impresa (— “Era una di quelle domeniche di mezza estate in cui tutti se ne stanno seduti e continuano a ripetere: “Ho bevuto troppo ieri sera.”).
Emidio Clementi ha parlato de Il Nuotatore (la title-track del disco) come di una trasposizione in musica del testo letterario di Cheever, e in fondo perché la musica non dovrebbe trasporre la letteratura come già fa il cinema? Il protagonista di Cheever si trova invischiato in uno di quei noiosi party in piscina dove tutti sono impegnati a bere e fare piatte conversazioni, così decide di tornare a casa a nuoto attraversando un panorama stereotipato urbano-americano dove domina il gusto dell’identico in cui si inseguono case con piscina l’una di fianco all’altra. Nella canzone dei Massimo Volume il personaggio di Cheever è estirpato dall’America per creare una sensazione di immersione in un panorama parallelo italiano: Clementi fa suo il racconto, lo ridipinge con la forza evocativa delle parole, e di quello stile che abbiamo imparato ad amare. Del resto è sin dall’America disgraziata e furiosa del poeta diseredato Emanuel Carnevali (protagonista de Il primo dio) che Clementi trova ispirazione nella letteratura d’oltre Oceano, e John Cheever in qualità di scrittore americano devoto all’alcol e alle parole, non poteva mancare.
Ora abbiamo anche noi una villa e un giardino
e una piscina circondata di siepi
simile in tutto a quella dei vicini
Il Nuotatore – Massimo Volume
Una forza malata che ritroviamo nel ritmo del pezzo: è il suono dei Massimo Volume che si incastra perfettamente alle parole, al gin e al cocktail party evocati dallo spoken-word cadenzato, che avvolge infilzando in compagnia della musica fino a farla penetrare in cuore e cervello. Non è forse questo l’effetto dei Massimo Volume? Il post-rock doloroso del pezzo che apre il disco, Una voce a Orlando, e i colpi tesi al nervo della batteria della Burattini, ci trascinano in un’atmosfera cupa consegnandoci ai nove episodi de Il Nuotatore. Tornati in formazione a tre con Egle Sommacal – sempre egregio – in solitaria alla chitarra e l’assenza di Stefano Pilia (a tempo pieno con gli Afterhours), è probabile che avvertiate un leggero sottotono nell’incalzare di volumi dei due precedenti lavori, cosa che però ha il merito di rendere Il Nuotatore un disco che sposta la proposta dei Massimo Volume verso una volontà di scarnificazione dei suoni, e che fa da contraltare a dei testi dal linguaggio sempre più ricercato. Gli elementi elettronici che erano presenti in Aspettando I Barbari, qui sono meno decisivi, più aspri, effettati. Il risultato è un disco all’osso, magma vivo di un vulcano pronto ad esplosive eruzioni.
L’eruzione per esempio vi si riverserà addosso nella colata di lava distorta di chitarra della seconda traccia, La ditta di acqua minerale. Qui la vena da cantastorie di Clementi risulta decisiva nel guidare alle ossessioni di un pezzo duro, erosivo, e malato: tre pilastri-qualità che hanno ossessionato i nostri ascolti dei Massimo Volume negli anni. Illuminare pezzi di vita, strapparli via dalla banalità delle giornate e del senso comune, regalarci pozzi di splendore in cui perdersi. Fa male sempre ascoltare un disco dei Massimo Volume, ma un male in cui ci consoliamo perché viene cantato, e in quella musica trova una formula speciale di espiazione e catarsi. Non mancano neanche le invocazioni tipiche di Clementi, come Amica Prudenza e Nostra Signora del caso.
Il pezzo più corrosivo è però L’ultima notte del mondo, che rievoca la violenza sonora di pezzi come Litio e – soprattutto – La cena. E qui entriamo in quello che potrebbe essere il vizio formale dell’album: capiamo di non essere di fronte alla vetta artistica toccata dai Massimo Volume, eppure quanto ancora abbiamo bisogno di quello stile (persino quando si auto-cita e diventa stilema) e di quel suono – in poche parole di quel marchio autentico che è bollino di qualità. Affamati di vedere incarnarsi personaggi come Novalis, Baskinski e Chopin aggirarsi come fantasmi impazziti e ambulanti nel mezzo delle nostre ossessioni quotidiane. Schiaffeggiati dai ritmi delle chitarre, letteralmente presi a botte dalle bacchette di batteria, per schiantarci contro i palazzi dipinti agli inferi da Clementi. E così non siamo poi così sorpresi di ritrovarci a passeggio per Venezia insieme a Friedrich Nietzsche nelle agghiaccianti atmosfere di un pezzo affilato e seducente come Fred, per poi tornare a scavare dentro l’infanzia di Clementi per incontrare una madre che urla di cambiarsi le mutande. Sembra allora di sentire ancora un urlo – una vecchia invocazione: Leo è questo che siamo? Uomini e donne che passano di continuo da un cambio di mutande a una sonata di Chopin. Già, è questo che siamo. Per nostra grazia i Massimo Volume lo raccontano sempre magnificamente.
Il Nuotatore è un invito a staccare i piedi dal suolo per entrare sconfinati in un mondo di nove episodi popolati di storie e personaggi: da qui la scelta del gruppo di rilasciare il disco senza nessun singolo che anticipasse l’uscita. Va allora ascoltato per intero, dall’inizio alla fine, con i testi preferibilmente a portata di mano. Un album che dal vivo saprà come affilare i coltelli e colpire tutti i nostri sensi, privo di virtuosismi, asciutto e prelibato.