Mark Lanegan con quella voce che si ritrova potrebbe collaborare con chiunque, fatto sta che al posto di Mr Chiunque cerca così bene che finisce sempre con degli assi che tendono ad esaltarne quel tono caldo che ha di cantare le parole. Pensiamo alla collaborazione con Isobel Campbell, co-protagonista femminile dalla voce soffusa che rende magiche le atmosfere dei due dischi registrati assieme (Ballad of the broken seas e Sunday at Devil Dirt). Persino nella recente collaborazione con Moby riesce a fendere attraverso la voce come solo un Leonard Cohen in piena forma avrebbe potuto fare.
Duke Garwood è un polistrumentista inglese, che parte subito in sprint all’inizio del disco con un pezzo strumentale a chitarra (Black Pudding) mettendo subito in chiaro che si tratta di un lavoro e di un incontro particolare quello con Lanegan, pieno di sorprese, anche latino a tratti. La voce di Mark entra solo nel secondo pezzo, la chitarra minimal accenna qualche nota su una Pentecostal che piace a primo ascolto, uno di quei pezzi perfetti a cui ci ha abituato Lanegan da tempo. Duke lo segue, e lo regge, ed è un piacere per le orecchie. E già a questo punto sappiamo che ci troviamo di fronte a qualcosa di violentemente bello. War Memorial ci trascina indietro nel tempo, e con Sphinx siamo già affogati dentro il nostro demonio interiore. Il singolo che ne ha annunciato la collaborazione è stato Cold Molly, meno minimalista di altri pezzi del disco, sicuramente più ritmato ma altrettanto forte a distribuirsi dentro le vene. Il fatto alla fine è che Mark Lanegan ci fotte tutti, può cantare sopra qualunque cosa, e con la stessa intensità: non importa se c’è una base elettronica o tre arpeggi di chitarra a far da contorno.
“I think Mark is like John Coltrane: pure soul and sound“, ha dichiarato Garwood. In effetti siamo di fronte a un puro caso dove si incrociano perfettamente anima e sound, e questo si fa sempre sentire. Thank you, il pezzo finale, dimostra esattamente fino a che punto può entrare dentro la voce di Lanegan, fino a che punto l’accompagnamento di Garwood possa non essere superfluo, ma esaltante. Last Rung lo conferma, c’è qualcosa che s’incrocia con un Tom Waits con la voce meno spupazzata, e un piano perfetto a sottofondo. Have a good roll!
Ipecac Records, 2013