Un romanzo in nove tappe, quante sono le canzoni, alla scoperta di Letizia Cesarini, in arte Maria Antonietta, e delle mille sfaccettature del mondo femminile. È Deluderti, il terzo album della cantautrice marchigiana uscito per La Tempesta dischi: un racconto in musica del tutto personale di un viaggio introspettivo tra le difficoltà emotive e i labirinti sociali.
Con un timbro vocale audace, diretto e pulito che invade tutte le tracce, Maria Antonietta proietta l’ascoltatore in un caleidoscopio delle note delle sue resistenze e lo culla sulle montagne russe dei coraggiosi vibrati. Se le melodie finiscono sul fondo, non se ne sente la mancanza rispetto ai testi e alle parole che prevalgono e contengono l’invito a liberarsi da aspettative, restrizioni e incertezze e a non aver paura di non essere quel che gli altri chiedono.
Per Maria Antonietta sono finiti i tempi della tensione giovanile e della ribellione, quest’ultimo lavoro è il coraggioso sguardo di una trentenne che già nelle prime due strofe della traccia d’apertura nonché title-track fa intuire che quei 4 anni lontana dalle scene sono serviti per maturare una sicurezza tanto artistica quanto intima. “Io non ho intenzione di deluderti, ma questa è la mia faccia, la mia fiducia non intatta”, canta senza mezzi termini. E lo ribadisce nel ritornello, nel caso non fosse chiaro, puntando il dito contro chi alla sostanza preferisce la forma, e alle sfumature il contrasto della superficie: “Non assomiglio ad una linea di contorno, quella la disegnano gli stronzi come te”.
Deluderti è il primo emblematico brano di un disco che mantiene il punto, senza perdere colpi. Dalle tematiche alla musica, è un lavoro sicuro, lineare, ponderato. Che conduce allo svelamento, dimenticando quella lunga ombra che “la felicità proietta sempre”. Così cantava in Ombra, brano del secondo disco Sassi. Quell’area scura vicina a Maria Antonietta che la cantautrice coccola nel disco con il secondo brano Cara ombra. “Quanto è bello avere il sole sempre in faccia, quando per anni hai conosciuto solo l’ombra. Ti dicevo cara ombra, tienimi nascosta che devo appartenere a qualche specie esotica”. Lo urla, aprendosi alla luce e prendendosi gioco della “faccia di chi mi disprezza, chi mi ha spezzato senza fatica”.
Parla al passato, ricordando quella ventenne arrabbiata che cantava in Ossa, pezzo più cattivo della carriera, “È che sono bella, sono anche intelligente. Io sono le ossa che non puoi spezzare più”. Accettandosi completamente e aprendosi alla tenerezza, senza vergognarsi di chiedere in Cara Ombra, “trattami con cura, sii gentile”. Ha cambiato prospettiva. Si è spogliata della veste punk e nuda si è lanciata nell’oceano dove ha ricomposto i suoi pezzi nuotando tra quei Pesci, secondo singolo del disco, che “se solo mi volessero con loro nella profondità”. Se ne frega degli altri: – “Gli altri, sì sono gli altri, inarrivabili, sempre altrove, io sempre qui. È una questione di prospettiva. Perfetta subito o imperfetta per l’eternità” – compiendo un passo in avanti che esterna nell’arroganza matura di dire: “Io sono l’oceano e tu neanche un pesce”, come canticchia in apertura e chiusura di Oceani dopo un accattivante riff. Ribadendo la voglia di inabissarsi “se solo l’Universo mi fornisse la capacità di scomparire. Perché di fronte a tutto questo male, io, io non sono niente / E non riesco a restare indifferente”.
Accantonare il punk per dare spazio al pop più leggero e ballabile si rivela la scelta giusta. Basta chiudere gli occhi e in poche note il disco ti trasporta negli anni ’80, su un palco in bianco e nero, in una scena di gonne svolazzanti e pois gentili. Di forza e di coraggio. Di aspettative mancate e di ambizioni scoperte. Un fil rouge, quello di deludere le aspettative di tutti, anche le proprie, che lega tutti i brani e si rivela vincente. Perché sì, forse, “sarebbe molto facile esistere in una forma semplice e vagamente buona”, per tornare al brano d’apertura, ma di semplice e vagamente buono Maria Antonietta ha ben poco.
Lo dimostra il ritorno prepotente sulle scene, dopo anni lontani, che non trova ostacoli e riprende un discorso aperto tempo fa con chi non ha avuto altra scelta di aspettarla e di adattarsi, anche rinunciando allo sporco punk e alla ribelle ventenne salutata anni fa. La ragazza che citava Giovanna D’arco e parlava di incertezze, che si convinceva, in Stasera ho da fare, nell’album d’esordio che “Nessuno ha capito niente di me neanche questa volta ma non importa”.
Per ritrovarla, più sicura, più matura, più Letizia Cesarini. Perché, come canta in Stomaco, “In fondo meglio essere fraintesi, mantenere i propri segreti e le proprie alte aspettative circa questa esistenza. Oh, com’è difficile per me ridimensionarle”.