Man Alive! – Perché King Krule è più punk di te

Un adagio “facebookiano” ci chiede cosa facevamo noi all’età in cui Bob Dylan scriveva Blowin’ in the Wind, giacché quando l’ha composta aveva solo 22 anni. 

Se, però, decidiamo di togliere la patina di polvere da questa frase e proviamo ad attualizzarla, vi chiederei cosa facevate voi all’età in cui Archy Ivan Marshall aveva pubblicato tre album, dimostrando ogni volta di saper non solo migliorare ma anche sviluppare uno stile divenuto subito una firma. Anche in questo caso, purtroppo per la nostra autostima, parliamo di un ragazzetto di soli 25 anni (il primo album l’ha pubblicato quando ne aveva 19 e il secondo ci era piaciuto molto e ve ne avevamo parlato qui).

Per chi fosse più familiare con il nome d’arte, il ragazzo di cui parliamo è King Krule, enfant prodige britannico che in pochi anni è diventato uno dei musicisti più interessanti della scena musicale made in UK, non solo per la sua bravura nel comporre pezzi musicali, non solo per la voce graffiante, rauca come una puntina che perde il solco del disco.

King Krule ha avuto l’abilità di intercettare il bisogno che c’era di una musica fresca, contaminata e fatta di opposti. Chitarre spinte da loopstation, atmosfere dolci e sognanti “rovinate” dalla ruvidezza del cantato e della pronuncia cockney di Marshall.

Il mondo ha bisogno di ritrovarsi negli opposti, oggi più che mai, e di far nascere il nuovo da ciò che c’è sempre stato. Ce l’hanno insegnato i Massive Attack e King Krule ha solo trovato un altro campo su cui provare a giocare la sua partita.

E quella partita l’ha vinta già con 6 Feet Beneath the Moon che sì, è vero, era forse acerbo, rovinato da un labor non tanto limae ma che ha fatto subito rizzare le orecchie a chi ha consumato il tasto per cambiare frequenza della radio quando è in auto.

Della musica di King Krule si può dire tanto ma ciò che a me piace di più, ciò su cui ogni volta mi soffermo, è l’opposto (ancora una volta) del tanto. King Krule è uno sperimentatore dell’essenziale capace di giocare con il poco che ha, come un bambino capace di realizzare un intero regno con i cuscini del letto.

Una personalità da Hooligan spettinato che ha fatto suo lo spirito punk ma l’ha inserito in un contesto più ampio, fatto di classe, sezioni di fiati e tantissima contemporaneità: di elettronica e dubstep. Sono state proprio i fili della dub a creare il gomitolo rappresentato dall’ottima collaborazione tra il ragazzo britannico e i Mount Kimbie.

A me King Krule piace. Mi piace parecchio perché, come i grandi architetti e i grandi chef, rinnovano esaltando ciò che c’era. E nella musica è sempre bello vedere che chi rompe gli schemi ha una collezione di vinili di quegli schemi su cui studia da anni.

Il 2020 è l’anno del ritorno di King Krule che ormai sa bene di fare venire l’acquolina in bocca a tutti i suoi fan con le lunghe attese che accompagnano la preparazione di un nuovo disco. Man Alive! il titolo del nuovo lavoro è stato anticipato da un paio di singoli che mi hanno subito fatto pensare: “Bentornato, amico mio”. 

King Krule, nonostante la giovane età, ha uno stile che è solo suo, un vero marchio sugli spartiti che ti fa riconoscere dopo qualche secondo l’autore anche se non hai mai ascoltato il pezzo. Non si tratta di una banalità, anche perché non faccio riferimento alla voce (troppo facile), ma proprio allo stile musicale, alle atmosfere che crea, alle vibrazioni che trasmette.

Questo potrebbe farvi pensare a uno stile piatto e che non evolve. Dopotutto, sembra essere arrivato a 25 anni ad avere qualcosa che la maggior parte degli artisti fatica anni prima di trovare e blindare. Però King Krule è punk anche in questo. L’affermare il suo stile è il suo modo per dire: “Questa è la mia musica, è il modo in cui mi esprimo. Se vi piace, bene, altrimenti fottetevi”. 

Non si tratta però mai di uno stile piatto e sempre uguale a sé (sebbene stilisticamente in continuità con il suo lavoro). Il lavoro per sottrazione che King Krule mette in campo in fase compositiva fa sì che il “meno” finisca per sembrare “più” e, quindi, nuovo.

Appena sveglio, ho lasciato che Man Alive! diventasse da subito la mia colonna sonora giornaliera ma prima ancora che cliccassi sul tasto play mi ha incuriosito molto la copertina cubista dell’album e ho ascoltato tutto con quella immagine fissa in testa.

Sulle prime la sensazione è stata quella di stare ascoltando un b-side del suo ultimo album. Ma King Krule ci mette poco a farci ritrovare gli spigoli dell’artwork di copertina. Di tratto in tratto veniamo colpiti da schitarrate estemporanee veloci come proiettili che sembrano stridere come pneumatici sull’asfalto (come in Supermarché). Spigoli anche nella voce che ripete in maniera ossessiva “I’m stoned again, I’m stoned again”.

King Krule mi sta esplicitamente prendendo a pizze in faccia, mi viene da pensare molto presto. Sembra si trovi così tanto a suo agio in questa spudoratezza da alzare l’asticella, fare davvero tutto ciò che gli pare con un animo free jazz in un ghigno pronto alla rissa.

Fiati, basso, chitarra tutto al servizio dell’estro e della fantasia di King Krule.

Una fantasia incastonata nell’angoscia del quotidiano, delle notizie che si susseguono e che prova a trovare nell’atmosfera onirica della musica una possibile scappatoia per la sua vita e per quella di sua figlia.

Quindi, come è il nuovo album di King Krule?

Man Alive! è un bell’album che farà impazzire chi non ha mai ascoltato nulla di King Krule perché alcuni brani sono proprio da miglior King Krule come Comet Face e Alone, Omen 3 (che è stato anche singolo anticipatore dell’album).

Per chi come me, invece, vede in questo ragazzo una sorta di cocktail di ciò che c’è di bello nella musica oggi, l’album vivrà di alti e bassi e di una fastidiosa continuità con i lavori precedenti che fa perdere a King Krule un po’ di mordente.

Chi si avvicina all’album in maniera più agnostica potrà effettivamente dire che King Krule si crogiola un po’ troppo in questo stile dimesso che caratterizza tutto l’album e fa perdere un po’ del suo spirito geniale che gli faceva unire stili e generi con la stessa facilità con cui si completa un puzzle di quattro pezzi. 

Qualcosa si è perso, è vero. Lo stile è più ingessato, è vero anche questo. Però Man Alive! è un lavoro di chi ha già provato a reinventare la ruota (con successo) e che comunque si riafferma come uno dei musicisti più interessanti del panorama musicale futuro, vista la giovane età.

Si può dire tanto, come scrivevo più su, ma King Krule mi ha insegnato a essere essenziale quindi io riclicco su Play e vi consiglio di fare lo stesso.

Exit mobile version