A volte penso: “Perché sono solo io? Solo io?” / Fisso l’anticamera del cranio e mi incazzo
E dico: “Perché solo io? Perché solo io?” / Guardo le mie mani e penso a cos’avrò fatto io
Ha diciannove anni Madame. Non bisogna dimenticarlo, mai. Mentre si ascolta il suo disco – chiamato semplicemente col suo nome – mentre si buttano giù le idee per raccontarlo a voi. E già, perché Madame – nome d’arte di Francesca Calearo – è nata in provincia di Vicenza il 16 gennaio del 2002 conoscendo un successo decisamente prematuro, nel 2018 quando, a soli sedici anni, ha firmato un contratto con la Sugar Music. Da quel momento un traguardo dietro l’altro: Anna, il primo singolo, Sciccherie – disco d’oro – 17, La promessa dell’anno, la collaborazione con Dardust, Ghali e Marracash nel singolo Defuera – ancora certificato disco d’oro.
Nell’autunno del 2020 continuano le collaborazioni con artisti della scena rap e non solo ma è con l’inizio di quest’anno che si compiono gli ultimi passi di una carriera rapida e folgorante prima della definitiva consacrazione. A inizio marzo, infatti, partecipa al 71mo Festival di Sanremo con il brano Voce, aggiudicandosi il Premio Lunezia per il valor musical-letterario del brano e il Premio Sergio Bardotti per il miglior testo e piazzandosi all’ottavo posto della classifica finale. Ma, soprattutto, lasciando il segno, grazie a una serie di performance convincenti – all’insegna di una rappresentazione femminile mai fine a sé stessa – e anche alla cover – nella serata dedicata – di Prisencolinensinainciusol di Celentano. E, per quanto si possano avere opinioni contrastanti sul senso del Festival nazionalpopolare per eccellenza, è innegabile il suo essere una cassa di risonanza enorme – televisiva prima, poi radiofonica – e che, in un’edizione contraddistinta da un’apertura a molti musicisti della scena indipendente, Francesca con la spavalderia dei suoi anni, ha colto l’occasione di mostrarsi per quello che è senza davvero compromessi.
Nei tre quarti d’ora in cui risuonano i sedici brani che compongono il suo lp è proprio il singolo sanremese, infatti, a emergere non solo come il più convincente ma anche come quello più complesso e oscuro – nel testo come nelle sonorità (il pezzo è prodotto dalla mano sempre fortunata di Dardust e di Estremo). Ma Voce rappresenta solo la punta di diamante di un disco che suona immediato fin dal suo primo ascolto; un’impressione che permane e, anzi, acquisisce forza in quelli successivi durante i quali appaiono confermate la freschezza della voce, la ricchezza dei suoni, la varietà delle atmosfere e dei brani.
Madame è un disco pop che non nasconde nemmeno per un attimo le sue intenzioni: la messinscena di un talento cristallino che sa giocare con i suoi anni all’interno di un meccanismo produttivo di alto livello professionale e inattaccabile. È inutile raccontarla diversamente: le produzioni presenti nel disco, l’alto numero di collaborazioni, l’hype costruito grazie a presentazioni e interviste, prime pagine sui magazine nazionali, sono tutti strumenti messi a disposizione di Francesca a garanzia del suo successo ma questo successo non sarebbe possibile senza di lei e senza tutto ciò che traspare da ogni pezzo, da ogni barra, da ogni melodia che viene fuori dal disco.
Madame è un lavoro che rappresenta – fin dalla sua uscita – una sorta di ritratto dell’artista da giovane, istantanea in movimento di una promessa attesa che, a oggi, deve fare i conti con un pubblico improvvisamente più vasto rispetto a ogni previsione.
Ti ci ho mischiato da stupida, ti chiedo scusa di nuovo / perdona la mente non lucida / però in ‘sti giorni mi serve una multipla / per collegare i miei cavi / dar luce alla ragione, ho un rancore che mi percula / e non so stare sola, non so stare nuda
Lei ci tiene a raccontarsi essenzialmente come un’artista rap e non è solo una dichiarazione d’intenti ma una verità inoppugnabile che emerge dall’ascolto dei brani, dalla sua facilità nel flow – ascoltare Dimmi Ora e Amiconi – dall’uso originale della scrittura che parte sempre come freestyle per poi sposarsi con la musica, per un’attitudine che sa giocare con la parola e le sue forme. Eppure Madame non è mai un disco di solo rap, tutt’altro; in ogni pezzo il rap è sempre messo a servizio di altro, la urban music, la trap, un certo soul contemporaneo, molte sfumature che la collocano dentro a un R’n’B di matrice più elettronica.
Dei singoli già usciti, colpisce soprattutto il ritmo scanzonato e sensualmente scazzato di Baby – mentre Clito dà conto di un’altra delle sue anime, quella più provocatoria e spregiudicata dove emerge la sua parte più trasgressiva ma in maniera, in fondo, così caricata da sembrare quasi una maschera virile e gangsta. È un pezzo da cui viene fuori anche una dimensione importante di questo disco che è quello del divertimento e dell’esplorazione. E con questo non intendiamo né sminuire le sue diverse anime né il meccanismo del gioco in sé che, anzi, le consente in maniera intelligente di provare tutte le sfumature di una personalità tanto giovane quanto affascinante e complessa.
Del resto ”Madame” il suo nome d’arte – derivato dal mondo delle drag queen – rappresenta in qualche modo un alter ego attraverso cui raccontare le esperienze diverse – eppure già così ricche – di una ragazza di diciannove anni con la sua bella porzione di vita alle spalle. Ci tiene Francesca a porre l’accento su quest’aspetto – quello quasi di portavoce di una generazione – anche quando sa bene che solo oggi forse ha rapporti davvero più definiti con il mondo intorno a sé, lì dove, prima, la sua era una generazione quasi immaginata. Ma è fuori discussione che nelle tracce di Madame si respira quest’aria di freschezza e di gioventù. Non tanto nei suoni, che restano all’altezza ma non sono certo all’avanguardia, quanto nel modo di proporsi: un misto di leggerezza, libertà, sfacciataggine ma anche tenerezza, quotidianità, solitudine, depressione.
L’incipit affidato alla coppia Istinto/Voce è il biglietto da visita perfetto e rappresenta, forse, la migliore strada da battere per il suo – ci si augura – lungo futuro ma, come anticipato, il disco sa giocare con atmosfere diverse: il pop de Il mio amico con Fabri Fibra è gradevole ma eccessivamente smaccato; convincono molto di più le collaborazioni con Gaia (vincitrice di Amici e anche lei sul palco dell’Ariston) in Luna, che strizza l’occhio a certo clubbing e, ancora di più Babaganoush che, con le sue melodie mediorientali sa tenere insieme l’anima più sbarazzina di Francesca che qui intreccia la sua voce freschissima con quella sempre bella e versatile di Francesco Bernuzzi dei Pinguini Tattici Nucleari.
La vergogna non la provo / E la mia faccia non colora / Sono così sincera da / Farmi schifo da sola / Se fossi me medesima / Non saprei neanche piangere / Evito il dolore come, come / come i sensibili il sangue
Madame conta davvero pochissimi passaggi se non a vuoto certamente più deboli come nelle centrali Mood e Nuda per poi riprendere subito quota con Bamboline Boliviane – Mi fanno: “Ma che bello il tuo nuovo ragazzo” / Peccato che sia solo una groupie col cazzo – dove torna con un flow immediatamente incisivo. Alzano invece di nuovo il tiro – e di molto – tanto Mami Papi che Vergogna, due pezzi che non nascondono anche le difficoltà quotidiane o radicate nel tempo e che mostrano anche il lato oscuro della sua personale luna.
Disco, dunque, certamente pop ma che non definiremmo mai come un disco scanzonato con il suo portato di angosce adolescenziali, di attese tradite, di speranze mancate e di uno sguardo sul futuro che vacilla e si accontenta – fin che può – di ciò che esiste nel presente, talvolta – come abbiamo visto – esplicitato, altre nascosto dietro una filigrana che attraversa molti brani. Ed è proprio in questa cifra – decisamente merito della sua scrittura e del suo modo di dare voce ai suoi testi – che c’è lo scarto del disco, quel racconto di uno spaccato generazionale – di un mondo certamente più complesso e ricco di quello che molte narrazioni vogliono farci credere – che Madame si augurava e che ci sembra abbia centrato in pieno.