I racconti di Macedonio Fernández

“Comincio col premettere che credo che per vagare servano condizioni eccezionali da sognatore. Lo diceva l’illustre Macedonio Fernández, non tutto è veglia ad occhi aperti” – Acqueforti di Buenos Aires, Roberto Arlt

Basta capitare su una pagina di Macedonio Fernández per rendersi conto di avere a che fare con uno scrittore singolare. C’è nella sua voce una brama metafisica, un’attitudine al gioco, una voracità del pensiero che si traduce in parole. I suoi racconti non fanno eccezione, e così scorre nella sua stravaganza la raccolta Tantalia e altri racconti, da poco pubblicata in italiano dalla casa editrice Arcoiris con la traduzione di Livio Santoro. Nei sette racconti che compongono la raccolta ritroviamo l’anima vagabonda di una figura anti-canonica: non c’è niente che sia scontato in Macedonio Fernández.

L’Universo o Realtà e io siamo nati il 1° giugno 1874, ed è semplice aggiungere che entrambe le nascite si sono verificate da queste parti e in una città di Buenos Aires” – scrive Fernández a proposito della sua venuta al mondo, e già in questo scherzoso frammento possiamo vedere lo scrittore argentino emergere dal bozzolo di sé stesso per sfigurarsi nell’infinito. Lasciata l’avvocatura per vagare nel poema, Macedonio Fernández vive in tensione metafisica con la realtà che tenta di svelare sulla carta.

Macedonio è la metafisica, è la letteratura”, raccontava Borges, persuaso che Fernández rappresentasse qualcosa come il pensiero puro, una mente generosa che si aggirava tra le strade della madre città argentina, il filosofo che trascriveva pensieri su pagine di piume d’uccello appena prima che si estinguessero in volo. Borges ricorderà l’incontro con Macedonio come uno degli eventi più significativi della sua vita.

Prima di Macedonio ero sempre stato un lettore credulone. Il regalo più grande che mi ha fatto è stato insegnarmi a leggere con scetticismo.

E del resto anche i racconti di Macedonio Fernández sovvertono ogni forma di credenza, provocano il lettore con un gioco continuo di inseguimenti di senso e parole: la lettura macedone – scriveva Ricardo Piglia – è sparsa, incompleta, interrotta, abbandonata. Macedonio Fernández chiama intorno a sé il «lettore singhiozzante» per dargli in pasto la storia, la farneticazione, la nota a piè di pagina, la camminata filosofica, lo scherzo improvviso, la vocale che canta solitaria nell’assordante città.

Ci si potrebbe immaginare Macedonio Fernández che si muove nella capitale argentina come un Socrate che vaga per i caffè, cammina e appunta i suoi pensieri su un foglio, soffia sotto la barba bianca affinché taccuini, poesie, meditazioni, arrivino fino a noi. Nei suoi scritti è forte la frenesia del ricercatore che si abbandona alla notte brada, tra giardini perduti, invocazioni all’infinito e al sogno.

La sua grande opera è Museo del romanzo della Eterna, inclassificabile oceano di scritti, note, commentari, prologhi, personaggi, canto all’amore perduto di Elena de Obieta, la moglie scomparsa troppo giovane. Il Museo è un’allucinazione e una ricerca per le vie intrepide del romanzo, dove l’abitante lettore penetra singhiozzante in un maestoso universo di appunti, intrusioni, lettere, riflessioni sull’arte della novela, inviti a perdersi. La Eterna scorre come una divina commedia di stirpe terrena: dentro c’è l’uomo che si aggrappa alla scrittura per una questione di vita e di morte. È là che avvertiamo il ticchettio del portentoso macchinario di storie che Piglia resuscita ne La città assente, romanzo abitato dallo spirito irrequieto di Macedonio – “naufrago che si portava dietro in una cassa ciò che era riuscito a salvare dalle acque”.

Nel racconto Tantalia il grande tema della Eterna rivive in forma breve. Tantalia è un racconto d’amore che diventa sterminato nelle sue domande: da una piantina di trifoglio si arriva a meditare sul mondo intero, il Dolore, l’Essere, il Nulla. Il titolo è un richiamo al mito di Tantalo, condannato a desiderare ciò che non può avere. Fernández pare perseguitato dall’immaginario di un tempo perduto, da un indefinito sentimento di nostalgia, sia in Eterna che in Tantalia il suo canto è strozzato dall’impossibile.

Arreso all’inevitabilità della morte, Macedonio Fernández risponde con il riso beffardo e il sottotesto del vivere. Da questa soglia viene fuori la sua attitudine al gioco, e dal gioco pagine divertite e originali rotture di schemi. Per Cortázar è un maestro di umorismo capace di ribaltare bruscamente una situazione con una piccola frase. Nel breve racconto La zucca che divenne cosmo Fernández si diverte a scrivere la vicenda di una zucca che cresce fino a diventare la Totalità e contenere l’universo, insinuando il sospetto che tutti viviamo dentro una zucca.

Macedonio Fernández chiama il suo lettore a un atto di spericolata sovversione, alla farsa del credere, alla digressione continua. Nelle sue storie c’è il tentativo di cercare una rivelazione oltre la strettoia della realtà: così si aggrappa al mito, alla lanterna di Diogene, alla farneticazione letteraria, alle notti all’angolo a chiacchierare con un vigilante infreddolito. Ogni squarcio di realtà è la conquista di un appunto verso il fantastico. E poi c’è quella peculiarità di parlare direttamente con il lettore, i momenti in cui Fernández invita il lettore a raccontare al suo posto, lo provoca. In un frammento di Chirurgia psichica di asportazione troviamo questo passaggio:

Lascio ora la penna al lettore affinché scriva per sé ciò che io non sono in grado di descrivere: la pazzia, lo spavento, l’abbattimento, il senso di prostrazione mentre viene trascinato, l’orrore di trovarsi su questa sedia con le mani legate

Il sussurrare con il suo lettore tipico di Macedonio Fernández potrebbe avere l’effetto di spezzare il ritmo della storia, ma questa è una delle splendide diversità dell’esperienza di lettura che sono le pagine di Macedonio Fernández, la singhiozzante andatura della sua penna, l’incapacità di prevedere che cosa accadrà tra una frase e l’altra, la postura del camminatore assoluto in cerca di incanti e tremori ultraterreni. Macedonio ha camminato tanto da disseminarsi, talvolta capita di incontrarlo in un frammento – queste sette storie sono perfette per incrociare il suo singolare passaggio sul pianeta.

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