Sono alcune settimane, da quando Lost Seas di Maälgabeskij è uscito, che mi riprometto di dosare le parole e cercare di raccontare al meglio il disco di un caro amico. Essendo la prima volta che questo tipo di scenario mi si presenta, cercherò di non far trasparire troppo la contentezza che nel momento in cui scrivo mi coglie.
Lost seas è il disco d’esordio di Maälgabeskiji, moniker impronunciabile del dj e producer Paolo Bergamaschi. Quattro tracce esplicitamente rivolte al dancefloor e a tutti quelli che accendono le danze più selvagge, ma che vale la pena ascoltare anche in cuffia per carpirne i dettagli più interessanti.
Ho avuto la fortuna di ascoltare con le mie orecchie la sua evoluzione e notare con quanto impegno, a partire da quel giorno del lontano 2020 in cui ha acquistato un midi-controller ad oggi che è riuscito a chiudere la sua prima pubblicazione.
Abbiamo condiviso una stanza in centro a Bologna: città che nel bene e nel male ha contribuito a plasmare la sua musica. Lui sparava questi suoni sintetici che qualcuno scherzosamente tra amici ha definito “suoni del demonio”, la pratica e l’ossessione quasi maniacale sono riuscite a malleare e a levigare tutti i “suoi” suoni fino a giungere a questo primo ottimo risultato.
Il disco ultimato nell’agosto caldissimo del 2023 e rifinito fino a poco prima della sua release è stato pubblicato con Groove Estate Records, etichetta americana che ha scelto di puntare sulle riflessioni musicali di Maälgabeskiji che si pongono come suo personalissimo manifesto d’intenti.
Quattro tracce hard-techno, ciascuna con uno stile proprio, con diverse allusioni e allucinazioni, in cui esplora questo genere, facendo man bassa da repertorio sonoro e ritmico forgiato da ascolti e selezioni EBM, tribal, hardcore e breakbeat.
Lost Seas nasce dallo sforzo mimetico del produttore emiliano di rappresentare tre stati d’animo (rabbia, frustrazione, speranza) a partire da quattro suoni registrati e campionati negli anni precedenti. Lo scrosciare delle onde del mare salentino, che emerge più volte durante il disco, prima, come rievocazione digitale, spettrale, di una perdita (in Lost Seas), poi, come ricordo inconscio e prenatale, come brodo primordiale in cui s’intravede la possibilità di riconciliarsi col mondo (Another Deep Tropical Trip).
A questo mare interiore, infantile fanno da contraltare la concretezza di una quotidianità folle (simboleggiata dal suono sincopato di un tram milanese e dalle risate dementi di Lead in the Jungle) e la presa di consapevolezza che si coglie in Wake up pls, con i suoi campanelli stridenti e le voci allucinate che richiamano di continuo l’attenzione dell’ascoltatore.
Quattro tracce audaci che accompagnano l’ascoltatore e ballerino in una dimensione onirica e oscura fatta di morte e rinascita. Il mondo nuovo del discernimento si raggiunge attraversando i mari più remoti, scagliandosi contro orizzonti perduti e lontani. Un trip in cui si intravede, dopo aver patito, la possibilità di riconciliarsi col mondo.
Ben cosciente della forza lenitiva e rigenerante della musica elettronica, che induce ad una trance da ballo, Maälgabeskij, con questo disco, ha voluto liberarsi dei propri pesi lasciandosi andare ad un’opera di meditazione indotta dalla cassa dritta, dal groove onnipresente e dalle pesanti linee di basso.
Nonostante la forte componente mistica e simbolica di cui si fa carico si tratta di un disco estremamente divertente e paradossalmente leggero. Quattro tracce difficili da incasellare in un genere e che proprio per questo motivo si prestano all’uso di un dj e che possono essere risignificate all’interno di una selezione.
Un buon risultato per l’esordiente Maälgabeskij che porta un disco vulcanico, la cui musica fluida come magma sgorga indurendosi al contatto col mondo esterno. Un album dedicato a chi già ama e soprattutto suona la musica elettronica, ma anche a chi ricerca un ascolto più grezzo ma allo stesso tempo intellettualmente stimolante.