Al Biografilm Festival di Bologna anche il nuovo di Angelo Loy

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“Cosa significa Mona in Egitto?”

“Mona significa desiderio”

“Allora io Mona desidero abitare con te”.

Così si apre il film di Angelo Loy, presentato in anteprima mondiale l’8 giugno nell’ambito del Biografilm Festival di Bologna, che ha come protagonista Mona, una donna egiziana emigrata in Italia negli anni Novanta non per sua volontà ma per seguire l’uomo che ha sposato, che diventerà uno dei tanti disoccupati dell’Italia recente strozzata dalla crisi economica.

 

Loy sceglie di iniziare a narrarci la vicenda a un mese dallo sfratto, con tanto di ordinanza giudiziaria di sfratto per Mona, suo marito e i loro due figli adolescenti. In una Roma paradigma di una situazione comune a tutta la penisola, in cui esistono troppe persone senza casa e troppe case senza persone, il regista romano ci mostra momento per momento, volto per volto, la disperazione di chi non sa più cosa fare, la tensione sociale che emerge durante i picchetti anti-sfratto e il coraggio di prendere una scelta che va oltre i limiti della legalità.

Aiutati dal Movimento per il diritto alla casa di Roma che segue il principio “Casa sfrattata – Casa occupata” , la famiglia di Mona insieme ad altri nuclei occupa una villa in cui continuano a vivere tuttora in una situazione di vita comunitaria di condivisione e convivenza, oltre che pacifica, piacevole e fonte di scambio e integrazione culturali tra etnie provenienti da tutto il mondo.

 

 

 

Casalinghe indiane, mediatrici culturali nordafricane insieme a donne di borgata romane imparano e poi cantano stornelli per le vie della periferia della capitale così da far rientrare questo documentario all’interno del progetto internazionale Performigration promosso dall’università di Bologna, nato per mappare un territorio nuovo e mobile che si costruirà a partire dalle storie di vita, dalla creatività e dalle esperienze culturali condivise dai partecipanti.

Il film di Loy rappresenta il conflitto personale e sociale degli immigrati per lavoro in Italia alle prese con il dubbio lacerante del tornare nel proprio paese o restare dove ci si è ormai radicati nonostante le difficoltà, la lotta quotidiana di chi tutti i giorni, immigrati e italiani, è alle prese con i problemi legati al diritto alla casa in questo frangente storico e, infine, il ribaltamento del significato di luogo comune, da stereotipo negativo dalle radici razziste, a posto fisicamente abbandonato di cui una comunità si riappropria cosciente del fatto che, come dice una protagonista tra le lacrime citando il detto popolare, “la pancia piena non pensa a quella vuota”.

Non è altro, quindi, che un racconto nudo e crudo della realtà attuale, e perciò, politico.

 

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